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Festa della Liberazione 2025, quando si festeggia e in che giorno cade il 25 aprile quest’anno

Festa della Liberazione
immagine di repertorio
Festa della Liberazione

Quando èquando si festeggia e in che giorno cade il 25 aprile, Festa della Liberazione, nel 2025? Quest’anno il 25 aprile cade di sabato. L’anniversario della liberazione d’Italia, ricorrenza conosciuta anche come festa della Liberazione o semplicemente 25 aprile, è una festa nazionale della Repubblica Italiana che ricorre il 25 aprile di ogni anno e che celebra la liberazione dell’Italia dall’occupazione nazista e dal regime fascista.

Festa della Liberazione 2025, quando si festeggia e in che giorno cade

È un giorno fondamentale per la storia d’Italia e assume un particolare significato politico e militare, in quanto simbolo della vittoriosa lotta di resistenza militare e politica attuata dalle forze armate Alleate (principalmente britanniche ed americane), dall’Esercito Cobelligerante Italiano ed anche dalle forze partigiane durante la seconda guerra mondiale a partire dall’8 settembre 1943.


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Il 25 aprile si celebra la Festa della Liberazione: la storia e l’importanza di questa data

Il 25 aprile 1945 è il giorno in cui il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) – il cui comando aveva sede a Milano ed era presieduto da Alfredo Pizzoni, Luigi Longo, Emilio Sereni, Sandro Pertini e Leo Valiani (presenti tra gli altri il presidente designato Rodolfo Morandi, Giustino Arpesani e Achille Marazza) – proclamò l’insurrezione generale in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti. Indicando a tutte le forze partigiane attive nel Nord Italia facenti parte del Corpo Volontari della Libertà di attaccare i presidi fascisti e tedeschi imponendo la resa, giorni prima dell’arrivo delle truppe alleate. Parallelamente il CLNAI emanò in prima persona dei decreti legislativi, assumendo il potere «in nome del popolo italiano e quale delegato del Governo Italiano», stabilendo tra le altre cose la condanna a morte per tutti i gerarchi fascisti incluso Benito Mussolini, che sarebbe stato raggiunto e fucilato tre giorni dopo.


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«Arrendersi o perire!» fu la parola d’ordine intimata dai partigiani quel giorno e in quelli immediatamente successivi. Entro il 1º maggio tutta l’Italia settentrionale fu liberata. Bologna (il 21 aprile), Genova (il 23 aprile) e Venezia (il 28 aprile). La Liberazione mise così fine a vent’anni di dittatura fascista e a cinque anni di guerra; la data del 25 aprile simbolicamente rappresenta il culmine della fase militare della Resistenza e l’avvio effettivo di una fase di governo da parte dei suoi rappresentanti che porterà prima al referendum del 2 giugno 1946 per la scelta fra monarchia e repubblica, e poi alla nascita della Repubblica Italiana, fino alla stesura definitiva della Costituzione.

Il termine effettivo della guerra sul territorio italiano, con la resa definitiva delle forze nazifasciste all’esercito alleato, si ebbe solo il 3 maggio, come stabilito formalmente dai rappresentanti delle forze in campo durante la cosiddetta resa di Caserta firmata il 29 aprile 1945: tali date segnano anche la fine del ventennio fascista.

Come e perché si festeggia la Liberazione del 25 aprile

Su proposta del presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, il Re Umberto II, allora principe e luogotenente del Regno d’Italia, il 22 aprile 1946 emanò un decreto legislativo luogotenenziale (“Disposizioni in materia di ricorrenze festive“) che recitava: “A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale.”
 
La ricorrenza venne celebrata anche negli anni successivi, ma solo il 27 maggio 1949, con la legge 260 essa è stata istituzionalizzata stabilmente quale festa nazionale: “Sono considerati giorni festivi, agli effetti della osservanza del completo orario festivo e del divieto di compiere determinati atti giuridici, oltre al giorno della festa nazionale, il 25 aprile, anniversario della liberazione”.
 

Tra gli eventi del programma della festa c’è il solenne omaggio, da parte del Presidente della Repubblica Italiana e delle massime cariche dello Stato, al sacello del Milite Ignoto con la deposizione di una corona d’alloro in ricordo ai caduti e ai dispersi italiani nelle guerre. Da allora, annualmente in tutte le città italiane – specialmente in quelle decorate al valor militare per la guerra di liberazione – vengono organizzate manifestazioni pubbliche in memoria dell’evento.


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Festa della Liberazione, come spiegare il 25 aprile a bambini e ragazzi

Innanzitutto consideriamo che l’insegnante non può sfuggire al confronto. Oltre che con le proprie competenze e conoscenze, con le proprie idee e visione del mondo e della realtà, con il proprio orientamento etico e politico – inteso nel suo significato migliore, di interesse per la polis, la città e la cosa pubblica.

Se sarà convinto che “non è solo importante conoscere la storia di quegli anni e di quei luoghi. É  irrinunciabile, perché le vicende della Resistenza sono dentro di noi cittadini che, a tutte le età della consapevolezza, dobbiamo conoscere per saper scegliere.”

Da ciò il bisogno di lavorare nella scuola per costruire sensibilità e memoria nei confronti della Resistenza e della Liberazione dal nazifascismo, che ne è stato il suo apogeo e che ha portato alla Costituzione. È necessario superare una impostazione didattica trasmissiva troppo spesso veicolata dai libri di testo e andare verso un altro tipo di trasmissione delle informazioni legate alla Storia.

Dalla memoria alla didattica

La trasmissione della memoria ha diversi “avversari”, a cominciare dal tempo che passa che significa distanza anagrafica e culturale dagli avvenimenti considerati fondativi di una comunità nazionale – e di conseguenza minore legame emotivo.

La scomparsa dei testimoni è il primo segnale che siamo a un “giro di boa” e che entro poco bisognerà trovare nuovi modi di raccontare quegli eventi. La scuola riveste un ruolo fondamentale in questo processo di maturazione. Dalla memoria viva – la “materia grezza” della Storia – e dal suo significato etico si deve passare alla Storia intesa come costruzione sociale che restituisce profondità al presente, e da questa alla didattica. In particolare oggi che ci sentiamo di vivere in un eterno presente.

E se la Storia è il suo uso pubblico in funzione del tempo che viviamo qui e ora, allora significa che il racconto e la didattica della Storia dovranno tenere conto delle mutate condizioni sociali per trovare le forme migliori per esprimersi. Da qui alcune domande specifiche che gli insegnanti di materia devono porsi:

  • Come raccontare il 25 Aprile in un contesto scolastico multietnico?
  • Come trasmettere il senso di quegli avvenimenti con e senza i protagonisti che li hanno vissuti?

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Attività, libri e video per spiegare il 25 aprile

Proponiamo dunque alcune ipotesi rispetto ad attività e forme dell’insegnamento sul 25 Aprile, utili a rispondere alle domande poste sopra.

  • Anzitutto, siccome fortunatamente ci sono diversi testimoni ancora in vita di quegli avvenimenti, l’incontro con le persone che hanno vissuto quel periodo. Riteniamo che questa sia ancora, quando possibile, la strada maestra per il coinvolgimento emotivo nella conoscenza storica di quegli anni. Anche in questo periodo di eventi online si possono realizzare collegamenti a distanza – come realizzato, ad esempio, dall’ANPI del quartiere Quarto Oggiaro di Milano, che ha organizzato per scuole e servizi educativi una diretta YouTube con Giovanni Marzona, partigiano residente nella zona.
  • Anche l’incontro con le seconde generazioni – ovvero i figli o parenti prossimi – può risultare ancora importante ed efficace dal punto di vista dell’empatia.
  • La lettura resta un valore centrale, non soltanto testi autobiografici e memorie scritte. Ma anche la narrativa ci ricorda il valore pedagogico della letteratura di finzione ma non di invenzione, dove la verosimiglianza assume capacità di insegnamento utili a integrare il saggio e il momento didattico – come ci ricorda Il sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino.
  • Siccome la base della Storia è il lavoro sulle fonti, oltre a quelle orali (i testimoni diretti, quelli ancora in vita e quelli che non ci sono più, le cui memorie sono state conservate grazie ai molti documentari o registrazioni video). Può essere un esercizio utile quello di organizzare laboratori in classe o direttamente negli archivi (si segnala, da questo punto di vista, l’esperienza de “L’Officina dello storico”) per far costruire la storia direttamente agli studenti: questa attività permette di toccare con mano materiali dell’epoca (foto, volantini, giornali) e di apprendere fin da giovani il metodo critico.
  • Un’altra attività coinvolgente è il cosiddetto Collection Day. La raccolta di oggetti e materiali privati, che quelle famiglie che hanno avuto un passato diretto o indiretto nella Resistenza portano agli studenti, i quali divisi in diverse postazioni ne raccolgono il racconto attraverso una piccola intervista – audio o scritta, rafforzata dalla fotografia degli oggetti.
  • Sempre sullo stesso filone, realizzare una ricerca con persone vicine e raggiungibili, a partire dai familiari, attraverso interviste di conoscenza generale sull’argomento partendo dalla domanda tipo. “Cosa sai della Resistenza e della Liberazione? Dove lo hai imparato e da chi l’hai saputo?”
  • Per i più piccoli, è possibile immaginare laboratori didattici che, attraverso una simulazione di un contesto inventato, trasmettano il significato degli avvenimenti agli studenti che si immedesimano nelle sue dinamiche fondamentali. Quanto ad esempio viene realizzato nel Memoriale di Sant’Anna di Stazzema, dove le attività sono rivolte anche alle classi delle scuole primarie.
  • Adatto a tutti i cicli resta il linguaggio e la forma-teatro, dove la costruzione di uno spettacolo realizzato dagli studenti e la ricerca storica vanno di pari passo, per produrre un medium in grado di coinvolgere sia i realizzatori che gli spettatori. Si segnala l’esperienza che fino a qualche anno fa veniva promossa dal Comune di Sesto San Giovanni con l’associazione Opus Personae).
  • Percorsi di trekking urbano, per scoprire luoghi, monumenti, targhe, vie dove avvennero fatti importanti della Guerra di Liberazione sul proprio territorio o a essi dedicati.
  • Infine, il giocoil metodo del docu-game o del gioco di ruolo ha un valore didattico che non è stato ancora sufficientemente valorizzato. In particolare per l’insegnamento della Storia. L’organizzazione di un laboratorio che preveda come momento di “verifica” un gioco di simulazione (come quello realizzato dall’Associazione Lapsus sul tema della guerra nel ‘900). Oppure la raccolta di memorie e storie che prendono vita attraverso un videogame (segnaliamo Venti Mesi e altri lavori di We Are Musli, design duo attivo nel Milanese) rappresentano un linguaggio in grado di coinvolgere attivamente le classi.
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