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Giulia Cecchettin, la sorella Elena aveva già capito. Filippo Turetta durante l’interrogatorio: “A lei non sono mai piaciuto”

Le prime uscite, i viaggi e le gite insieme e poi la fine della loro relazione: la confessione di Filippo Turetta durante l’interrogatorio con i carabinieri e il feeling mai nato con la sorella di Giulia, Elena Cecchettin.

Giulia Cecchettin, la confessione di Filippo Turetta: “Ad Elena non sono mai piaciuto”

Le prime uscite nel 2022, i viaggi all’esterno (Amsterdam e Praga) insieme e le gite a Rosolina e sulle Dolomiti. Poi la rottura lo scorso agosto, il tiepido riavvicinamento e il viaggio a Vienna per un concerto. Dai verbali dell’interrogatorio emergono molti dettagli sul rapporto tra Giulia e il suo killer Filippo nei mesi precedenti al femminicidio: «Io sono andato a dormire in un ostello, mentre lei è andata dalla sorella Elena. A Giulia faceva piacere che io fossi lì, a sua sorella no. Non le sono mai piaciuto fin dall’inizio».

I verbali

Dall’interrogatorio, viene evidenziato il rapporto complicato con la sorella ma le difficoltà con la famiglia della vittima sono descritte anche in un altro passaggio. Turetta spiega la scelta di fermarsi quel sabato 11 novembre nel parcheggio di Vigonovo vicino casa di Giulia: «Ogni tanto ci fermavamo su quel parcheggio. Entrambi non volevamo farci vedere. Già il fatto che lei uscisse con me glielo facevano pesare, tra virgolette, altre persone. I suoi familiari». Ma nell’ultimo difficile periodo Giulia raccontava in casa che vedeva Filippo? «Lei non mentiva, forse non lo diceva esplicitamente perché comunque anche a lei non faceva piacere dirlo».

Le liti

Poi, il discorso si concentra sulle liti tra i due ex fidanzati e su uno in particolare avvenuto a fine ottobre. «Eravamo andati in gelateria a Padova, stavamo parlando in parcheggio. Ci eravamo entrambi alterati. Stavamo parlando dei motivi per cui ci eravamo lasciati e parlando di questi avevamo fatto presto a urlarci e discutere in modo acceso».

Dalle urla alle mani alzate, un paio di settimane prima dell’uccisione a coltellate. «Le ho messo una mano così, uno schiaffo sulla coscia perché ero arrabbiato». «Lei ha preso, è uscita dalla macchina ed è andata via con sua». «Lei mi aveva fatto presente che dovevo un po’ iniziare a scriverle meno e dedicarmi di più alla mia vita perché secondo lei la stavo buttando via. Non stavo più facendo niente e lei stava riflettendo sul fatto che fosse il caso di scriverci meno e vederci meno». Questa fu la fase che poi porta al tragico epilogo dove Turetta sfoga la sua rabbia sul corpo. «Dopo averla caricata in auto sono salito, ho provato a muoverla un po’ ma non rispondeva. Ho spento il suo cellulare. Ho gettato in un fosso il suo coltello, il telefono e il tablet».

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