Cronaca

Finto matrimonio celebrato in tv, per la legge è valido

Il matrimonio celebrato per finta è valido se le parti hanno accettato le condizioni poste dalla produzione del programma televisivo, nonostante le perplessità manifestate sulle penali e il risarcimento dovuto in caso di mancato rispetto delle clausole.

Finto matrimonio in tv

A questa conclusione è giunto il Tribunale di Pavia nella sentenza del 4 aprile 2019 (sotto allegata), a cui si è rivolta una coppia che, accettando il contratto della produzione del programma TV “Matrimonio a prima vista 2“, si sono sposati e in seguito, stante l’impossibilità manifestata dal funzionario dello stato civile di procedere alla separazione, hanno chiesto l’annullamento delle nozze. Per il giudice di merito le parti, nel momento in cui hanno stipulato il contratto erano ben consapevoli delle condizioni. Nessuna violenza è stata esercitata per estorcere la volontà delle parti. Il matrimonio è quindi da ritenersi valido agli effetti di legge.

La vicenda processuale

Con ricorso, due partecipanti al programma televisivo “Matrimonio a prima vista” chiedono l’annullamento del matrimonio e la condanna del Sindaco celebrante al pagamento delle spese.

Questi i fatti addotti dalle parti. Nell’estate del 2016, i due “sposi” stipulano con la produzione del programma “Matrimonio a prima vista” un contratto con cui si impegnavano a contrarre matrimonio con una persona che non avevano mai visto prima, salva la possibilità di procedere a una separazione consensuale entro il termine di 6 mesi dalla celebrazione, con spese a carico del programma.

In virtù di detto accordo le parti si obbligavano inoltre a non abbandonare il programma per tutta la durata della registrazione che sarebbe durata per un certo periodo prima, durante e dopo la celebrazione del matrimonio. Il mancato rispetto di detta condizione avrebbe comportato il risarcimento del danno economico e d’immagine alla produzione. L’accordo prevedeva inoltre il divieto di divulgare informazioni relative al programma sui social network, pena il pagamento di una penale di 10.000 euro.

Accettate le condizioni descritte il 21.11.2016 venivano celebrate le nozze. Terminate le riprese le parti decidevano quindi di chiedere la separazione. La signora però scopriva a quel punto che l’atto di matrimonio riportava una data diversa da quella della celebrazione effettiva, ovvero il 30.11.2016, così come diverso, nell’atto, risultava il luogo delle nozze. L’ufficiale di stato civile, infatti, a causa di tali vizi e per l’assenza di dispensa del celebrante non riteneva possibile procedere alla separazione.

A questo punto gli sposi chiedevano spiegazioni alla società, senza ricevere soluzione, tanto che alla fine decidevano di chiedere l’annullamento del matrimonio, stante anche il vizio della volontà determinato dalla violenza esercitata dalla produzione, poiché se non fossero stati condizionati dall’obbligo di risarcire la produzione per abbandono del programma, non sarebbero mai addivenuti alle nozze.

Il matrimonio “finto” è valido se la manifestazione di volontà è libera e consapevole

Il Tribunale di Pavia a questo punto, esaminate le richieste delle parti, rigetta il ricorso. Respinto il primo motivo di doglianza relativi all’atto di matrimonio. Per il giudice di merito i vizi denunciati rappresentano mere irregolarità incapaci di provocare l’invalidità del matrimonio.

Per quanto riguarda invece il denunciato vizio di volontà il Tribunale di Pavia premette che il matrimonio è da ritenersi invalido se celebrato in presenza di impedimenti, violenza e simulazione. Il matrimonio infatti deve essere il frutto di una libera scelta autoresponsabile, che non può essere soggetta ad alcuna forma di condizionamento, neppure indiretta.

Ora, dagli atti emerge che “ciò che le parti hanno voluto è stato esattamente contrarre il vincolo (rectius partecipare al programma) certamente rassicurate dalla prospettata possibilità di procedere, gratuitamente e senza particolari difficoltà, all’eventuale successivo scioglimento del matrimonio.

Al riguardo va precisato, difatti, che per la legge elemento essenziale per far nascere il vincolo non è il dato volontaristico riferito alla sfera intima e personale, non rientrando tra le cause di invalidità matrimoniali l’eventuale riserva mentale, bensì l’aspetto esteriore rappresentato dall’esistenza di una volontà negoziale valida manifestata tramite le dichiarazioni dei coniugi di contrarre il matrimonio.

Volontà che nel caso di specie è stata manifestata come attestato dall’Ufficiale civile celebrante e rappresentato nelle registrazioni prodotte. Del resto, lo stesso contratto sottoscritto dalle parti con la Società evidenziava la consapevolezza e la conseguente accettazione da parte dei contraenti che il matrimonio sarebbe stato “pienamente valido a tutti gli effetti e che dal suddetto matrimonio conseguono tutti i diritti e gli obblighi di cui agli artt. 143, 147, 148 c.c.”