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Medici aggrediti dopo la morte di una 23enne, la sorella sui social: “Non siamo pazzi, l’hanno uccisa”

Siamo riusciti a entrare dopo ore di attesa, durante le quali abbiamo chiesto a tutti notizie di Natasha. Nessun medico ci diceva dove fosse mia sorella. Ho chiesto, a sangue freddo, se fosse morta. Un dottore ha fatto un cenno, e in quel momento non ho capito più nulla: ho perso il controllo”. Queste le parole della sorella di Natasha, la 23enne di Foggia deceduta al Policlinico Riuniti di Foggia durante un’operazione chirurgica. La tragica morte della giovane ha scatenato la rabbia dei familiari, che hanno aggredito alcuni medici. La sorella ha ricostruito i fatti, raccontando la versione della famiglia sui social: “Ci troviamo a doverci giustificare, anche se non dovremmo farlo. Lo facciamo solo perché le persone devono conoscere la verità: Natasha è stata uccisa dai medici, e questo è solo l’inizio di un incubo che non finirà mai”.

Foggia, medici aggrediti in ospedale: parla la sorella della ragazza morta

Secondo il racconto della sorella su Facebook, Natasha era stata operata il 4 settembre, anche se i medici avevano pianificato un trasferimento in una struttura di Roma per il 13 settembre. La famiglia sostiene che i medici avessero dichiarato buone condizioni di salute della giovane, nonostante l’incidente, il coma e le numerose operazioni precedenti, tra cui una tracheotomia.

“Ci avevano detto che il 12 sarebbe stata dimessa e che noi avremmo dovuto occuparci del trasporto a Roma, dove sarebbe stata operata di nuovo, perché non erano competenti per quel tipo di intervento”, continua la sorella. “A un certo punto ci hanno persino detto che ci avrebbero fatto il favore di tenerla in ospedale fino al 13, ma che poi avremmo dovuto trovare un’ambulanza e un medico per il trasporto. Io chiesi perché non potessero gestire loro il trasferimento, visto che conoscevano la situazione”.

Il 4 settembre, però, la situazione è precipitata. “Natasha è entrata in sala operatoria alle 17:45. Noi aspettavamo di rivederla. Alle 19, due dottori ci hanno detto che avevano bisogno di parlare con un familiare stretto. Sono entrata io. Un medico ha iniziato a parlarmi con arroganza, dicendomi che la situazione era grave e che ‘sono cose che capitano’. Poi hanno aggiunto: ‘Dobbiamo tornare dentro, la ragazza sta perdendo sangue’. Mentre Natasha perdeva sangue, loro parlavano con noi.”

La famiglia ha atteso per ore senza ricevere notizie. “Continuavamo a chiedere: ‘Per favore, potete dirci qualcosa?’. Alle 22:30 sono arrivate dieci pattuglie di Polizia, e non capivamo il perché. Un medico ha aperto la porta, e sono riuscita a passare per chiedere di mia sorella. A sangue freddo, ho chiesto se fosse morta, e lui ha fatto un cenno. A quel punto è scoppiato tutto: la mia famiglia ha reagito in modo furioso, come in una scena da Gomorra, perché per noi Natasha è stata uccisa. Dovevano trasferirla d’urgenza, visto che non erano competenti per quell’intervento.”

La famiglia della giovane accusa i medici di malasanità e ha espresso dubbi sull’intervento chirurgico. La Procura ha aperto un’inchiesta, mentre tre medici sono rimasti feriti durante l’aggressione.

“Mille sono le domande che ci poniamo”, conclude la sorella. “Perché non hanno usato un elisoccorso? Perché hanno proceduto sapendo di non essere in grado? Non troverò pace nemmeno se le indagini confermeranno che hanno sbagliato loro. Sembra che siamo pazzi, delle bestie. Ma siamo costretti a spiegare cosa è successo perché tutti devono conoscere la verità”.

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