Almanacco

Francesco II di Borbone: un re spodestato e diseredato dagli eventi

Francesco II di Borbone, (Francesco d’Assisi Maria Leopoldo di Borbone) soprannominato Franceschiello, fu l’ultimo re delle Due Sicilie, salito al trono il 22 maggio 1859 e deposto il 13 febbraio 1861 dopo l’annessione al Regno d’Italia; è divenuto Servo di Dio il 16 dicembre 2020, con l’apertura del “processo di canonizzazione”.

Francesco II di Borbone, l’ultimo re di Napoli

La morte di Ferdinando II, avvenuta il 22 maggio 1859, trova il regno delle Due Sicilie in preda agli eventi: la forza della coscienza risorgimentale, oramai matura nel regno come nel resto d’Italia, sta per travolgere i vecchi assetti, anche se finirà con lo sfociare in una nuova e spietata monarchia, quella savoiarda.

In tale clima sale al trono Francesco, nato a Napoli il 16 gennaio 1836 da Ferdinando II e Maria Cristina di Savoia, nonché marito da pochi mesi della bellissima e temeraria duchessa di Baviera Maria Sofia, sorella di Sissi e cognata dell’imperatore Francesco Giuseppe.

L’uscita dall’isolamento internazionale e l’inizio della catastrofe

Borbone del ramo di Napoli di quinta generazione, Francesco è a tutti gli effetti un autentico napoletano, profondamente radicato in quella terra ed animato da un intimo attaccamento alla sua gente.

A soli 23 anni, dunque, diventa re. Consapevole della criticità della situazione politica, chiama subito a capo del Governo Carlo Filangieri, valido generale ed abile uomo politico vicino alla famiglia reale e con simpatie verso la Francia.


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Il nuovo Primo Ministro si preoccupa subito di uscire dall’isolamento internazionale, voluto da Ferdinando II, anche perché prevede che il regno avrà a breve bisogno di alleati forti per salvaguardare la sua stessa sopravvivenza.

Riallaccia dunque relazioni diplomatiche con Francia e Gran Bretagna, oltre che con il Regno di Sardegna (alleato della Francia), ma quando presenta al re la proposta di alleanza con la Francia, Francesco II la rigetta decisamente, riluttante all’idea di abbandonare il vecchio alleato austriaco che per due volte, in passato, aveva salvato il regno, oltre alla stretta parentela che lo lega alla famiglia imperiale. E’ questo l’atto che sancirà la catastrofe.

Le dimissioni del Primo Ministro

Nel marzo 1860 il Primo Ministro si dimette. Nei primi di aprile scoppiano tumulti a Palermo. Il 14 maggio Giuseppe Garibaldi, nella spedizione ordita da Mazzini e Crispi ed assecondata da Cavour e dal re di Sardegna, sbarca a Marsala ed il 27 entra a Palermo, dopo aver vinto le prime resistenze dell’esercito regio.

Allora Filangieri torna ad insistere con il re per una richiesta di aiuto alla Francia di Napoleone III, e questa volta Francesco II acconsente ma, come si vedrà, è ormai troppo tardi.


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Francesco II e Maria Sofia nel 1865.

La presa della Sicilia e il birgantaggio

A fine luglio la Sicilia è interamente in mano a Garibaldi, che riprende la sua marcia su per la penisola fino allo scontro decisivo, il giorno 1 ottobre, sul Volturno, dove l’esercito borbonico viene sconfitto e ripiega su Gaeta, insieme alla coppia reale. La resistenza di Gaeta, assediata, è strenua e riesce a durare fino alla metà di febbraio, quando le residue truppe borboniche capitolano.


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L’«Atto Sovrano» del 26 giugno 1860 con cui re Francesco II concesse lo Statuto.

Il sovrano e la regina si trasferiscono in esilio a Roma nel palazzo Farnese ereditato dagli avi Borbone, ospiti politici oltre che personali di Pio IX.

Le ultime sacche di resistenza, a Messina e Civitella, vengono neutralizzate di lì a poco. Molti ex-soldati borbonici, sbandati, si danno alla macchia, unendosi a bande di briganti. Ad essi si aggiungeranno, successivamente, tantissimi altri giovani renitenti alla leva piemontese.

Si formano così piccoli eserciti sparsi per i boschi di tutto il Meridione che avviano una lunga serie di guerriglie dando vita alla storia del brigantaggio di quegli anni, fatta di atrocità e massacri da ambo le parti.

Questa fase della storia d’Italia rimane controversa ed oggetto di copiosa letteratura revisionista, tutta accentrata intorno alla questione se il “brigante” fosse in realtà un patriota piuttosto che un malfattore, come fu sempre descritto dai vincitori di quella guerra.

Ultimi anni e morte

Da Roma Francesco II entra in connubio con essi fomentandoli e favorendone l’azione, nella mai sopita speranza di recuperare il regno. Compiuta l’unità d’Italia con l’occupazione piemontese dello Stato Pontificio, nel 1870 Francesco e Maria Sofia si trasferiscono a Parigi, in una villetta da loro acquistata in Saint Mandé.

Nell’autunno del 1894 Francesco, che soggiorna nella località termale di Arco, in quel di Trento, in territorio austriaco, già sofferente si aggrava. Subito raggiunto da Maria Sofia, dopo pochi giorni, il 27 dicembre 1894, muore l’ultimo re di Napoli, a soli 58 anni.


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Memorie nell’Italia post-unitaria

La sua “napoletanità”, che comporta altresì una filosofia di vita del tutto contrapposta alla cultura del potere e della guerra, aveva indotto i suoi stessi sudditi a riferirsi a lui confidenzialmente e affabilmente con il nomignolo di “Franceschiello”: un nomignolo del quale si sono poi impossessate le cronache post-unitarie facendone discendere una figura superficiale, debole e patetica, senza che nessuno potesse intervenire a tutela della memoria di un re spodestato e diseredato dagli eventi.


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In realtà Francesco II è stato un uomo riservato, sensibile, molto devoto, un sovrano onesto e generoso ed oltremodo perseguitato dalla sfortuna: la morte della madre pochi giorni dopo il parto, quella del padre alla vigilia delle nozze, quella della figlia dopo soli tre mesi dalla nascita, e poi quell’unico anno di regno nel corso del quale ha visto crollare il regno stesso insieme alla storica dinastia dei Borbone-Napoli.

Principe reale per 23 anni, re per circa 16 mesi e, infine, 34 lunghi anni – oltre la metà della sua breve vita – da esiliato e senza i fasti delle origini.