Franco Califano: la vita, la carriera e le frasi più belle delle sue canzoni

Franco Califano è stato uno degli cantati e autori più apprezzati e conosciuti del panorama nostrano. Grazie alla sua voce e al suo immenso talento, ha conquistato il cuore di milioni di persone che l’hanno seguito con affetto. Ecco la biografia, gli album, la storia, la vita privata e le frasi più belle di Franco Califano.

Soprannominato Il Califfo o Il Maestro, durante la sua carriera ha pubblicato 32 album e scritto complessivamente tra poesie e canzoni oltre 1 000 opere, oltre a numerosi testi per altri artisti, molti dei quali diventati vere e proprie hit piazzate in vetta alle classifiche italiane e internazionali.

Negli anni settanta e ottanta i media hanno posto spesso l’accento più su alcuni aspetti della sua vita privata che sulla sua vita artistica, a causa del suo stile di vita sregolato ed eccentrico e per alcune vicende giudiziarie che lo coinvolsero.

È tra gli artisti italiani che hanno venduto il maggior numero di dischi con oltre 20 milioni di copie. Nella sua carriera ha collaborato con numerosi artisti come Mia Martini, Mina, Iva Zanicchi, Ornella Vanoni, Edoardo Vianello, Alberto Laurenti, Wilma Goich, Peppino di Capri, Ricchi e Poveri, Stefano Rosso, Jo Chiarello, Renato Zero, Loretta Goggi, Caterina Caselli, Donatella Rettore, Ernest John Wright, Carla Vistarini, Umberto Bindi, Giampiero Artegiani, Michele Pecora, Francesco Nuti, Pippo Franco, Gabriella Ferri, Frank Del Giudice, Gianluca Grignani, Federico Zampaglione dei Tiromancino e Toto Cutugno.

Franco Califano: la biografia

Esistono uomini che fanno la storia, ed esistono uomini che sono la storia. Franco Califano si pone in mezzo fra le due categorie, con la sua consueta e scellerata voglia di spezzare gli schemi e di non uniformarsi al mondo che lo circonda, se non per godere delle sue bellezze senza freni. Il Califfo, o il Maestro, non ha mai voluto piegarsi alla normalità delle cose: sin dalla sua nascita, che avvenne per puro caso fra le poltroncine di un aereo che stava sorvolando i cieli fra la Libia e Johannesburg. Era il 14 settembre 1938 e il mondo diede il benvenuto al piccolo Franco, poco prima di venir sfregiato dalle tragedie della Seconda Guerra Mondiale.

Franco Califano: la nascita e l’infanzia

Franco Califano nacque dunque in Libia, ai tempi territorio italiano, il 14 settembre 1938: la mamma Jolanda lo partorì nel cielo della Sirte, costringendo il pilota ad un atterraggio d’emergenza a Tripoli. Suo padre Salvatore era un soldato in quel periodo arruolatosi nell’esercito italiano, e risiedeva proprio in Libia, insieme alla moglie e alla piccola Liliana. La famiglia decise presto di tornare a casa: Salvatore era originario di Pagani, mentre Jolanda di Nocera Inferiore. Fu proprio quest’ultima la città che accolse la famiglia Califano.

Gli anni dell’infanzia del Califfo furono connotati, come poi sarà tutta la sua vita, da una doppia esistenza: da un lato gli anni passati nei severissimi collegi e scuole ecclesiastiche di Nocera Inferiore e di Amalfi, dall’altro la voglia – decisamente prematura – di andare controcorrente e di godersi la vita, fra gli immancabili tiri mancini e le primissime fughe d’amore fra i corridoi ed i cortili delle scuole. Lui avrebbe voluto fare il pompiere: alla fine si ritrovò ad accendere il fuoco delle sue tante conquiste femminili.

Fra le tante avventure giovanili del Califfo, rimarrà storica la sua fuga a piedi dal Collegio Sant’Andrea ad Amalfi fino a Pagani, senza le scarpe. Il Califfo, sin da piccolo, ha sempre dimostrato quello che sarà poi il trait d’union della sua intera vita: guardare al futuro senza mai curarsi del presente, se non per le belle donne ed il divertimento sfrenato.

Franco Califano

Il periodo giovanile del Califfo: genio e sregolatezza

Dopo aver chiuso il capitolo relativo alle scuole dell’obbligo, il Califfo si trasferì insieme alla famiglia a Roma, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Franco Califano decise di iscriversi all’ITCG Ludovico Ariosto: dopo un periodo iniziale, il Califfo dovette passare al corso serale di ragioneria. Il motivo? Semplicemente non riusciva mai ad alzarsi la mattina, a causa della sua folle vita notturna trascorsa fra centinaia di locali e, soprattutto, di donne piacenti. È lui stesso a ricordarcelo, all’interno della sua affascinante autobiografia “Senza Manette”, pubblicata nel 2008: come casa aveva una Fiat 1400, come compagna di vita la vita stessa, che lui non si vergognava a spremere come un limone.

La sua giornata tipo era la seguente: prima il corso serale di ragioneria, poi la palestra e la boxe, e successivamente l’invasione dei locali e delle discoteche della Capitale, fino alle prime luci del mattino. E spesso in dolce compagnia. Allo stesso tempo, però, Califano dimostra un’attitudine per lo studio davvero spiccata: i suoi voti sono straordinari, e la sua intelligenza lo porta ad una crescita artistica e culturale che esploderà pochi anni dopo. Un vero e proprio mix di genio e sregolatezza.

Franco Califano

Franco Califano diventa uomo

Il periodo giovanile riservò a Franco Califano anche un grave lutto: papà Salvatore scomparve prematuramente a 38 anni, lasciandolo orfano a 18. Fu qui che probabilmente il Califfo comprese che la vita era realmente breve, e che andava goduta fino in fondo: come sottolineato dallo stesso Califano nella sua autobiografia, infatti, il padre era un gran lavoratore e non riuscì mai a godersi la vita. In seguito al lutto, il Califfo decise di trasferirsi a Milano e di inseguire il sogno del successo nei fotoromanzi: il suo viso da belloccio tutto d’un pezzo gli portò diverse collaborazioni con le edizioni Grand Hotel e Lancio, soprattutto nei panni del duro. L’avventura milanese durò molto poco, dato che il Califfo decise di tornare a Roma.

A 19 anni Franco Califano sposò Rita Di Tommaso, dalla quale ebbe Silvia: il matrimonio durò poche settimane, seguite dalle solite storie d’amore. Come dichiarato dallo stesso Califano, infatti, i suoi 21 anni furono festeggiati all’insegna della follia: playboy incallito, il Califfo si lanciava sempre alla ricerca di nuove conquiste, al punto da infilarsi letteralmente dentro le cabriolet ferme ai semafori e guidate da belle donne.

Franco Califano

L’esplosione artistica di Franco Califano

La vena artistica di Califano era oramai prossima alla luce: dopo un veloce tentativo con la poesia, archiviato perché «compresi che sarei morto di fame», la musica entrò in modo dirompente nel sui destino. Dopo tanti anni passati a studiarla, da grande appassionato, il Maestro decise di intraprendere la carriera di autore: la canzone “Da molto lontano” piacque immediatamente ad Edoardo Vianello, mentre Bruno Martino venne conquistato da “E la chiamavano estate” (1965). Come non sottolineare, poi, il successo di “La Musica è finita”, scritta nel 1967 per Ornella Vanoni?

Ma il ’67 fu anche un anno durissimo per il Califano: contratta la meningite, fu costretto a trascorrere un intero anno al Mater Dei di Roma. Un colpo basso del destino, che spinse il Califfo sull’orlo della bancarotta e che fece andare in fumo il denaro guadagnato con la sua carriera di paroliere. Al punto che, dimesso dall’ospedale, il Califfo scelse la via della prostituzione per procurarsi un alloggio e per pagarsi le spese. Anche qui, però, il Maestro scelse con cura le sue clienti: solo donne bellissime e ricchissime, per poter riprendere quella sua vita all’insegna dell’agio interrotta dalla malattia.

Franco Califano

Franco Califano: i successi e le accuse

Poi, la svolta: la notorietà come autore gli spalancò le porte principali del mondo della musica. Nel 1972 Califano firmò un contratto con la CGD e pubblicò il suo primo album: “’N bastardo venuto dar Sud”. Il suo nome finisce sempre più spesso sulle pagine dei giornali: la sua musica è di quel trash che a molti politicanti piace sempre meno, mentre il suo stile di vita è oramai diventato il simbolo del vizioso per eccellenza. Ed intanto, le sue storie d’amore proseguono senza sosta.

Intorno a Califano cominciano a girare accuse molto pesanti, al punto che nello stesso anno del suo primo successo i carabinieri bussano alla sua porta e lo conducono in carcere, con l’accusa di traffico di stupefacenti. Ma gli arresti domiciliari non lo fermano: temprato da mille battaglie e da una vita condotta sempre sul filo, il Califfo si reinventa ed incide un nuovo disco all’interno della sua roulotte. Nel 1973, poi, entra di diritto nella storia della musica italiana con il brano “Minuetto”, scritto per Mia Martini. La carriera da cantante, però, non è ancora sbocciata del tutto.

Tutto il resto è noia: arriva il successo come cantante

Nonostante tutte le beghe legali e le spese relative alle cause e agli avvocati, il Califfo riesce finalmente a coronare il suo sogno: nel 1976 il suo disco “Tutto il resto è noia” spacca in due l’Italia, posizionandosi al primo posto delle classifiche e restandoci per ben 7 settimane, con oltre un milione di copie vendute. Le sue canzoni, che parlano di amore, di pragmatismo e di avventure, diventano lo spaccato di un’Italia che ama divertirsi e far divertire, e che ne ha le tasche piene della politica.

Il testo di “Tutto il resto è noia” finisce addirittura come oggetto di studio fra le aule delle scuole, mentre il suo solito faccione da duro campeggia sui giornali e sui tabloid dell’intero Stivale. Come se non bastasse questo, la nuova generazione dimostra di amare alla follia non solo la sua musica, ma anche il suo personaggio ed il suo stile di vita. Al punto da spingerlo sui set cinematografici di Gardenia – Il giustiziere della mala (1979) e Due strani papà (1983), insieme al grande Pippo Franco.

Franco Califano

La carriera da produttore ed il nuovo arresto

Ma Califano, nonostante il successo, desidera ancora provare nuove esperienze: negli anni ’80 si reinventa come produttore discografico e assume sotto la sua etichetta campioni d’incassi del calibro di Ricchi e Poveri, Donatella Rettore e Jo Chiarello. E nel mentre continua a pubblicare dischi di grande successo: “…tuo Califano” (1980) e “La mia libertà” (1981).

Poi, nel 1984, il Califfo torna in carcere: l’accusa è ancora quella di traffico di stupefacenti, ma anche la forza d’animo è la stessa di 12 anni prima. Ed è proprio in carcere che il Maestro scrive “Impronte digitali”: un album che è una vera e propria biografia di quel periodo così complesso della sua vita. Alla fine, Franco Califano verrà assolto dalle accuse per mancanza di prove, tornando trionfante sulla scena della musica italiana.

Franco Califano

Gli anni 2000: dalla televisione ai concerti

Dopo le cover degli anni ’90, Califano sceglie la via della televisione per proseguire la propria carriera: partecipa a Music Farm (condotto da Simona Ventura nel 2006) e a Ciao Darwin (nel 2007 e nel 2010). Poi il grave incidente: il Califfo si rompe tre vertebre cadendo dalle scale, il che lo costringe a dire arrivederci alle scene per 2 anni. Tornerà nel 2012 più carico che mai, inanellando concerti dal vivo e comparsate in programmi Tv molto seguiti, come ad esempio Domenica In, Domenica Live e Tale e Quale Show. Il 18 marzo 2013 tenne il suo ultimo concerto al Teatro Sistino di Roma: pochi giorni dopo, il 30 marzo, il Califfo si spense, lasciando all’Italia intera un segno nel cuore.

Le frasi più belle di Franco Califano

  • È il momento di dire una verità amara. Se non ci sono i soldi non sposatevi, aspettate tempi migliori. Oggi pane e cipolla è uno slogan impraticabile. Una storia non può durare a lungo se a fine mese se parla solo di bollette. Diciamolo, sono finiti i tempi del paio di cuori e una capanna.
  • Col bacio si trasmette a una donna tutta l’importanza che merita dal punto di vista fisico e dei sentimenti. Si diventa complici all’istante e si spiana la strada delle inibizioni che non devono rendere precaria la coppia. Da questo momento si cresce insieme, si capiscono meglio i ruoli e le personalità.
  • Confessare a una donna di essersi masturbati pensandola è uno dei complimenti più belli che esistono.
  • Emozioni, il fiato corto e il cuore che batte a mille sono il vero significato dell’esistenza.
  • È l’altruismo che deve prevalere in amore. Se godiamo solo per noi non siamo nessuno. Pensare al partner è l’unica ricetta buona per essere dei grandi amatori.
  • In amore, come nella vita, chi parte per primo vince due volte, ricordatevelo.
  • In certi casi l’amore è un incidente di percorso. Trovi quella coi cojoni, ce caschi e te freghi. E la frittata è fatta.
  • In mezzo a tutta ‘sta caciara come trovare la donna ideale? È chiaro, seguendo l’istinto.
  • Il sesso non va d’accordo coi problemi. E l’amore è legato al sesso. Quindi la cambiale in questo caso rovina la coppia.
  • Nella palude se sarva solo er coccodrillo.
  • Quando si ama troppo si finisce per amare male, ci si blocca. Solo l’amante chiava a mestiere.
  • Qui urge l’istituzione di un ministero del sesso. Pure di una scuola, anzi più di una, dalle elementari all’università della scopata, la Sorcona!
  • Ai tempi dei playboy giravano un sacco di cambiali. Perché l’arte del playboy era soprattutto il sacrificio. E perché non si vedeva una lira. La cambiale per molti è stata una rovina, ma per certi versi anche un aiuto insperato. Ti permetteva di raggiungere livelli altrimenti impensabili. Potevamo avere macchine bellissime per qualche mese prima che ce le togliessero per non aver pagato le rate.
  • Il playboy doveva sacrificarsi per la causa. Doveva saper uscire con le donne più belle del mondo ed essere sempre alla loro altezza. Doveva saper vivere a tutti i livelli. Purtroppo ora gente come questa quasi non esiste più.
  • Il playboy era un mestiere. Il sarto ci confezionava sei-sette vestiti per volta che rimanevano lì perché non avevamo i soldi. Quando poi arrivava l’industriale del Nord, che ci teneva a fare amicizia col playboy conosciuto, gli si raccontavano un sacco di stronzate e si mettevano tutti sul suo conto. Senza che questo riuscisse mai a scopare, ce le facevamo sempre tutte noi!
  • Core mio, core mio, la speranza nun costa niente | quanta gente c’ha tanti soldi e l’amore no | e stamo mejo noi che nun magniamo mai… | Core mio, core mio, la speranza nun costa niente | se potrebbe sta’ pure mejo ma che voi fa’ | per ora ce stai te, er resto ariverà…
    (Semo gente de borgata, 1972)
  • lo mi accorgo che ci sei / proprio quando non ci sei / ed allora ti vorrei.
    (Tac…!, 1977)
  • Io piango, quanno casco nello sguardo | de’ ‘n cane vagabondo perché, | ce somijamo in modo assurdo, | semo due soli al monno.
    (Io nun piango, 1977)
  • Me perdo, in quell’occhi senza nome | che cercano padrone, | in quella faccia de malinconia, | che chiede compagnia.
    (Io nun piango, 1977)
  • Ho una chitarra per amica e con voce malandata canto e suono la mia libertà / Se sono triste canto piano se sono in forma suono forte così affronto la mia sorte / Se non amo grido abbasso anche se non mi è concesso dico sempre quello che mi va.
    (La mia libertà, 1981)
  • Per una donna noi, facciamo i santi, i buffoni, gli eroi. | Per una donna noi saremmo pronti a sfidare gli dei.
    (Per una donna, dall’album Ma cambierà, 1985)
  • Sono nato controvento e nella vita intanto canto, tra la strada e la finestra c’è una lacrima che resta, canto buio e luna piena, sempre prima fra le stelle nasce Venere ribelle, contro il tempo e senza età canto ancora la mia libertà,questa sera finalmente posso stare fra la gente, posso dire quello che mi va, per amore o per dispetto, forse è questo il mio difetto, non so vivere a metà.
    (Non so vivere a metà,1986)
  • Un’estate fa la storia di noi due / era un po’ come una favola / ma l’estate va e porta via con sé / anche il meglio delle favole.
    (Un’estate fa, 1990 – cover da Michel Fugain, Une belle histoire, 1972)
  • Un’estate fa non c’eri che tu / ma l’estate somiglia a un gioco / è stupenda ma dura poco.
    ibidem
  • In faccia era più liscio della cera | che barba s’era fatto quella sera | era una bomba infatti me so detto | nun so più io si nun la porto a letto | Tutto sembrava for chè ‘n travestito.
    (Avventura con un travestito, 2005)
  • Giovani lo si è sempre, se lo si vuole.
  • L’orgasmo dell’uomo deve essere il piacere della donna.
  • La donna romana è un problema, ti scordi la libertà. La milanese è più facile… se bussi ti fa entrare, senza problemi.
  • Sono sempre andato a letto cinque minuti più tardi degli altri, per avere cinque minuti in più da raccontare.
  • Il principe nero è la variante affascinante e misteriosa del principe azzurro, di certo più dark e più forte di quel pusillanime vestito in celeste. È un predestinato, un uomo nobile e superiore, dal carisma lampante e accattivante, dai modi nobili seppur a volte diretti, dall’animo puro e idealista in questo mondo corrotto. È anticonformista, sicuro, coraggioso, pronto a tutto per una donzella in pericolo; nasconde terribili segreti e sofferenze, di cui parlerà solo con persone di cui ha fiducia, e sicuramente deve aver patito molti dolori, perché i suoi occhi ne parlano. Nonostante tutto è buono, temprato, solido, d’onore, ed è capace di elargire sorrisi e sguardi irresistibili, quando ha davanti qualcuno che lo fa sentire capito. A volte sarcastico, a volte duro, comunque un uomo con dei princìpi saldi, e delle intenzioni serie. È il partner ideale col quale dividere le proprie amarezze, a cui confessare i propri dolori, perché sa cosa vuol dire stare male. E avrà una soluzione.
  • Non escludo il ritorno – Epitaffio di Franco Califano (Cimitero di Ardea)
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