Cronaca

Coronavirus, Galli a Sky TG24: siamo in emergenza, ma si vota

Massimo Galli torna a parlare dell’emergenza coronavirus in Italia. Il primario dell’ospedale Sacco di Milano, ospite di Tribù su Sky Tg24, l’infettivologo ha sottolineato: “Ci troviamo in una situazione in cui le problematiche di emergenza sanitaria rimangono ma si mantengono le elezioni come se niente fosse.

Come se muovere l’intera popolazione italiana per farla andare in luoghi fisici magari dovendo attendere e certamente non per appuntamento, quindi ci possono essere addensamenti, ammassamenti e code, sia totalmente indifferente in una situazione come questa. Andrò a votare comunque, ma il mondo riderà di fronte al fatto che abbiamo un’emergenza sanitaria in atto e sancita e abbiamo un incremento dei casi ma si fanno le elezioni comunque come se nulla fosse. Per principio non intendo mancare al voto, però sono incredulo davanti a tanto”.

Galli sull’emergenza coronavirus in Italia

“Non saremo mai pronti nel breve alla riapertura delle scuole, perché non si può essere completamente pronti in una situazione di questo genere e partendo da una realtà delle scuole disastrata da decenni di carenze nell’intervento sulle strutture scolastiche. Pensare di essere al meglio per poter fronteggiare un’epidemia come questa ora è un dato improbabile, però la cosa va fatta. Inoltre non è uno scandalo se l’apertura viene regolata a seconda del livello di preparazione e del grado sicurezza che nelle varie parti del Paese e anche nelle diverse scuole si riescono a raggiungere.

Non è una gara tra maggioranza e opposizione o tra Governo e Regioni a chi mette la bandierina sulla possibilità di andare ad aprire le scuole in questa o quella data. L’unica gara legittima che ci può essere è quella di permettere ai ragazzi di andare a scuola nelle migliori condizioni possibili compatibilmente con la situazione che si vive” ha spiegato Galli.

“Quarantena senza tampone è come trapezista senza rete”

“Quarantena? Si possono fare sette giorni con il tampone, ma sette giorni senza tampone è un po’ come fare i trapezisti senza rete. Anche quattordici giorni senza tampone sono stati una scelta burocratica dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Visto che i Paesi poveri non si possono permettere la diagnostica era il criterio per dare il massimo della possibile sicurezza senza mettere in ballo la diagnostica.

Per un Paese non povero sette giorni di lavoro di una persona buttati via costano molto di più di un tampone, anche dal punto di vista biecamente economico vale la pena di rivisitare tutta questa partita. Inoltre che senso ha che la gente che torna dalla Croazia faccia un tampone e se negativo va a casa, mentre quelli che tornano dalla Bulgaria stiano quattordici giorni a casa in attesa senza nessun tampone? C’è una discreta confusione da mettere a posto”.


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