Conte Giacomo Leopardi (al battesimo Giacomo Taldegardo Francesco di Sales Saverio Pietro Leopardi) è stato un poeta, filosofo, scrittore, filologo italiano.
È ritenuto il maggior poeta dell’Ottocento italiano e una delle più importanti figure della letteratura mondiale, nonché una delle principali del romanticismo letterario; la profondità della sua riflessione sull’esistenza e sulla condizione umana – di ispirazione sensista e materialista – ne fa anche un filosofo di spessore. La straordinaria qualità lirica della sua poesia lo ha reso un protagonista centrale nel panorama letterario e culturale europeo e internazionale, con ricadute che vanno molto oltre la sua epoca.
Giacomo Leopardi, il maggior poeta dell’Ottocento italiano
Giacomo Leopardi nasce il 29 giugno 1798 a Recanati da famiglia ecclesiastica, formazione da autodidatta passa 7 anni nella biblioteca del padre, durante i quali fece uno studio matto e disperato che infierì sulle sue condizioni di salute, gli provocò scoliosi e problemi alla vista.
Passaggio dall’erudizione al bello
Nel 1816 inizierà la sua conversione letteraria “passaggio dall’erudizione al bello” ovvero abbandona gli studi eruditi e si dedica alla poesia in quanto unico strumento espressivo capace di dar forma ai sentimenti. Nel 1817 iniziò a scrivere lo “Zibaldone di pensieri” una specie di diario contenente riflessioni e idee di Giacomo.
Nel 1819, l’anno in cui cercò di fuggire da Recanati senza successo, fu preso da un esaurimento psicofisico che colpì la vista. Così iniziò la conversione filosofica “passaggio dal bello alla ragione” cioè dalla poesia alla filosofia, dunque si ha il passaggio a una fase atea e materialistica.
Roma e Milano
Nel 1822 finalmente lascia Recanati e giunge a Roma, il viaggio si rivelò però una delusione, perciò torna a Recanati. Scrive le “operette morali” nelle quali espone i suoi ideali filosofici e sembra evidente il passaggio dal pessimismo storico ( pensa che la tristezza dell’uomo dipende dalla sua evoluzione storico-culturale, mentre la natura è benigna) al pessimismo cosmico (il dolore che caratterizza l’uomo non è accidentale ma la conseguenza di una natura matrigna che lo fa vivere in situazioni ostili).
Parte per Milano dove l’editore Stella gli ha assicurato un incarico editoriale. Si trasferisce a Bologna dove stampa le sue prime raccolte di poesie ed è vittima di un amore non corrisposto per la contessa Teresa Corniani.
Firenze e morte
A seguito di alcune difficoltà economiche torna a Recanati, ma ben presto riparte per Firenze dove si fa nuove amicizie. Torna a Recanati per motivi di famiglia e scrive la poesia “A Silvia” dopo un soggiorno a Pisa. Ritorna a Firenze grazie a degli amici che gli offrono soldi in cambio di collaborazioni critico-letterarie.
A Firenze egli ebbe intensi rapporti sociali, strinse amicizia con Antonio Ranieri col quale progettò una rivista letteraria “Lo Spettatore” che però non fu autorizzata dal governo Toscano. Si trasferì a Napoli dove cambia casa più volte per poi stabilirsi in una villa sul Vesuvio per sfuggire alla colera. Qui pubblicò quasi tutte le sue opere. Morì il 14 giugno 1837, a 39 anni, assistito dalla sorella e da Ranieri.