Lutto nel mondo del calcio, dopo Mihajlovic, ci lascia anche Gianluca Vialli. L’uomo è stato stroncato da una malattia contro cui combatteva dal 2017, ben cinque lunghi anni, il 6 gennaio 2023. Solo nelle scorse settimane aveva annunciato di lasciare la Nazionale proprio a causa del brutto male che non gli lasciava alternativa poi l’aggravarsi delle sue condizioni fino al decesso. Sono in molti che ne piangono la scomparsa.
È morto Gianluca Vialli, la malattia lo stronca a 58 anni
Lutto nel mondo del calcio è scomparso anche Gianluca Vialli. L’uomo nelle scorse ore era stato ricoverato a Londra dove lo ha raggiunto la madre, Maria Teresa di 87 anni. Nelle scorse settimane aveva dichiarato di lasciare la Nazionale per un tumore al pancreas che non gli ha lasciato alternativa. Da allora sono stati molti i messaggi di sostegno e di preghiera, ma l’uomo purtroppo non ce l’ha fatta.
Chi era Gianluca Vialli
Gianluca Vialli è stato un dirigente sportivo, allenatore di calcio ed ex attaccante, oltre che capo delegazione della nazionale italiana. Nato a Cremona nel 1964, oggi ha 58 anni. Quinto e ultimo figlio di una benestante famiglia di origine trentina.
Tira i suoi primi calci all’oratorio di Cristo Re, al villaggio Po della sua città nativa, quindi entra nel vivaio del Pizzighettone; a causa di un intoppo burocratico non può militare nella squadra Giovanissimi biancazzurra, sicché il suo cartellino viene acquistato per mezzo milione di lire dalla Cremonese dove prosegue l’attività giovanile e dov’è allenato, tra gli altri, da Guido Settembrino. Fa il suo primo esordio nella prima squadra lombarda nella stagione 1980-1981.
Vialli è considerato uno dei migliori centravanti degli anni ’80 e ’90 dell’epoca. Vincitore di moltissimi trofei sia nazionale che internazionale, copocannoniere dell’Europeo Under 21 nel 1986, della coppia Italia nel 1989 e della coppa delle coppe nel 1990. Gianluca ha anche lavorato in Sky nell’ambito sportivo. Tra il 1985 e il 1992 ha totalizzato 59 presenze e 16 reti nella nazionale italiana, prendendo parte a due Mondiali (Messico 1986 e Italia 1990) e un Europeo (Germania Ovest 1988); al suo attivo anche 21 gare e 11 gol con l’Under-21, con cui ha disputato due Europei di categoria (1984 e 1986).
Più volte candidato al Pallone d’oro, si è classificato 7º nelle edizioni 1988 e 1991. Nel 2015 è stato inserito nella Hall of Fame del calcio italiano.
La battaglia col tumore al pancreas
Gianluca Vialli aveva parlato della sua malattia ad Alessandro Cattelan nella serie Netflix “Una semplice domanda”. Un dialogo tra l’ex calciatore e il conduttore che ha commosso chi lo ha ascoltato parlare del tumore: «Se per esempio muori all’improvviso di notte, tante cose rimangono incompiute. Oggi so che ho il dovere di di comportarmi in un certo modo nei confronti delle persone, di mia moglie, delle mie figlie perché non so quanto vivrò. Quindi ti dà questa opportunità di scrivere le lettere, di sistemare assolutamente le cose”.
“La malattia non è esclusivamente sofferenza – aveva spiegato -. Ci sono dei momenti bellissimi. La malattia ti può insegnare molto di come sei fatto, ti può spingere anche più in là rispetto al modo anche superficiale in cui viviamo la nostra vita. La considero anche un’opportunità. Non ti dico che arrivo fino a essere grato nei confronti del cancro, però non la considero una battaglia. L’ho detto più volte. Se mi mettessi a fare la battaglia col cancro ne uscirei distrutto. Lo considero una fase della mia vita, un compagno di viaggio, che spero prima o poi si stanchi e mi dica “Ok, ti ho temprato. Ti ho permesso di fare un percorso, adesso sei pronto”. Cerco di non perdere tempo, di dire ai miei genitori che gli voglio bene. Mi sono reso conto che non vale più la pena di perdere tempo e fare delle stronzate. Fai le cose che ti piacciono e di cui sei appassionato, per il resto non c’è tempo. Siamo qui per cercare di capire il senso della vita e io ti dico: ho paura di morire”.
La paura di morire per Vialli
Nell’intervista, Gianluca Vialli parlò della paura di morire: “Non so quando si spegnerà la luce che cosa ci sarà dall’altra parte. Ma in un certo senso sono anche eccitato dal poterlo scoprire Mi rendo anche conto che il concetto della morte serve per capire e apprezzare la vita. L’ansia di non poter portare a termine tutte le cose che voglio fare, il fatto di essere super eccitato da tutti i progetti che ho, è una cosa per cui mi sento molto fortunato. La malattia, racconta l’ex calciatore e collaboratore di Roberto Mancini in Nazionale – non è esclusivamente sofferenza: ci sono momenti bellissimi. La vita – e non l’ho detto io ma lo condivido in pieno – è fatta per il 20 per cento da quello che ti succede ma per l’80 per cento dal modo in cui tu reagisci a quello che accade. E la malattia ti può insegnare molto di come sei fatto, essere anche un’opportunità. Non dico al punto di essere grato nei confronti del cancro, eh..”.