Giotto di Bondone, forse diminutivo di Ambrogio, Ambrogiotto o Angiolo, o ancora Parigiotto, oppure Ruggerotto, oppure da un diminutivo di Biagio (anche se non bisogna escludere l’ipotesi che Giotto possa essere un nome intero) conosciuto semplicemente come Giotto (Colle di Vespignano, 1267 circa – Firenze, 8 gennaio 1337), è stato un pittore e architetto italiano.
Giotto di Bondone, il leggendario pittore italiano
Giotto da Bondone, meglio noto semplicemente come Giotto, nasce probabilmente nell’anno 1267, a Colle di Vespignano, presso Vicchio, nel Mugello. Pittore, architetto, scultore, è una delle massime figure dell’arte non solo italiana, ma dell’intero Occidente.
È ricordato per aver dato un senso del tutto nuovo ai concetti di colore, spazio e volume, “riprendendo” e immortalando i suoi soggetti direttamente dalla realtà, “dal naturale”, come si diceva un tempo. La sua arte segna il passaggio dal Medioevo all’Umanesimo, di cui può ben dirsi il traghettatore, almeno per tutto quanto attiene l’arte figurativa.
Uomo d’affari ed imprenditore, il suo nome è legato alla città di Firenze, di cui diviene, nel 1334, “Magistrum et gubernatorem”, per quanto riguarda il lavori del duomo e delle parti più importanti della città.
Origini
Di famiglia contadina, il suo nome deriverebbe con ogni probabilità da Angiolotto, o al limite da Ambrogiotto, due nomi all’epoca molto usati. Suo padre è Bondone di Angiolino, lavoratore della terra, secondo le cronache dell’epoca. Prendendo per buona la testimonianza di un grande storico dell’arte come Giorgio Vasari, l’allora maestro Cimabue l’avrebbe scovato, ragazzino, nel tentativo di disegnare delle pecore, durante una delle sue giornate di lavoro al campo. In verità, appare ormai certa l’iscrizione del futuro artista nella potente “Arte della lana di Firenze”, dopo l’inurbamento della sua famiglia, di cui si attesta la venuta nella parrocchia di Santa Maria Novella.
Ad ogni modo, intorno ai dieci anni, il piccolo Giotto comincia già a frequentare la bottega di Cimabue, dove di lì a poco suo padre finirà per collocarlo in pianta stabile. Tra il 1285 e il 1288, è molto probabile che l’artista, durante i suoi studi, abbia soggiornato per la prima volta a Roma, forse al seguito del suo maestro Cimabue o, come scrivono alcune cronache, insieme con Arnolfo da Cambio, altra figura importante a quel tempo.
L’influenza di Cimabue è evidente in quelle che sono considerate le prime opere dell’allievo: la “Croce dipinta” di Santa Maria Novella, compiuta tra il 1290 e il 1295, con il volto del Cristo dai lineamenti tardo bizantini, e nella “Madonna col bambino”, conservata nella pieve di Borgo San Lorenzo, databile anch’essa intorno al 1290.
In questo stesso periodo, Giotto sposa tale Ciuta, da Ricevuta, di Lapo del Pela di Firenze. La data di nozze con tutta probabilità dovrebbe essere il 1290, ma non ci sono certezze in merito. Con la donna il pittore avrà otto figli, anche se alcune cronache gliene attribuiscono cinque (quattro femmine e un maschio).
Il ritorno a Firenze
Verso il 1300, dopo alcuni probabili pernottamenti anche ad Assisi, Giotto fa ritorno a Firenze. Realizza nell’arco di un biennio le opere “Il polittico di Badia” e la tavola firmata con le “Stigmate di San Francesco”. Frequenti sono i suoi ritorni nella capitale, dove attende ai lavori del ciclo papale nella Basilica di San Giovanni in Laterano, oltre ad occuparsi di altre decorazioni, preparando la città ad accogliere il Giubileo del 1300, indetto da Papa Bonifacio VIII. È, forse, uno dei periodi di massimo splendore e slancio artistico per il pittore toscano.
Dal 1303 al 1305 è a Padova, chiamato a realizzare l’affresco della cappella di Enrico Scrovegni. La “chiamata” ricevuta al Nord, testimonia la grande considerazione che gode a quel tempo l’artista, considerato ormai nettamente superiore al suo maestro Cimabue. Come dirà lo stesso Dante Alighieri nella “Divina Commedia”: “Ora Giotto ha il grido”.
Intorno al 1311, ritornato a Firenze, dipinge una delle opere più importanti della sua carriera di artista: la “Maestà” degli Uffizi. Collocata originariamente nella chiesa fiorentina di Ognissanti, l’opera esprime tutta la grande modernità dell’artista, in procinto di stabilire un nuovissimo rapporto con lo spazio, come testimonia la prospettiva del trono.
Tra il 1313 e il 1315 cerca di assicurarsi alcuni affari importanti, come certi appezzamenti di terreno da un tale ser Grimaldo, di cui si lamenta in alcune lettere, o nominando un procuratore per riavere delle masserizie lasciate nella capitale anni prima, non ancora ritornate all’ovile. Dipinge intanto, probabilmente entro il 1322, la Cappella Peruzzi, sita in Santa Croce a Firenze. È ormai un uomo ricco, non vi sono dubbi su questo, che cura con astuzia le proprie finanze e che, nei momenti di assenza dalla sua città, affida al figlio Francesco il compito di gestire i suoi affari, dai poderi alle committenze di lavoro.
Il trasferimento a Napoli e i lavori per Baroncelli
Tra il 1322 e il 1328 inoltre realizza il Polittico Stefaneschi alla Pinacoteca Vaticana, Il Polittico Baroncelli e l’affresco a secco delle “Storie Francescane” della Cappella Bardi, sita in Santa Croce, sempre a Firenze. Il lavoro per Baroncelli rappresenta una vera e propria testimonianza di vita trecentesca ed è notevole: una delle sue migliori realizzazioni. Quello per la famiglia Bardi, banchieri importanti della città, consta di sette riquadri, incentrati su alcune scene tratte dalla vita di San Francesco.
Di nuovo a Fireze e morte
Nello stesso 1328 Giotto si trasferisce nella città di Napoli. Durante questo periodo compie diversi studi e lavori, percependo da Roberto d’Angiò una somma di denaro importante, oltre al beneficio dell’esenzione fiscale. Tuttavia, del periodo napoletano non rimane nulla. Intorno al 1333 Giotto soggiorna anche a Bologna, di ritorno dal Meridione.
Nel 1334, a Firenze, ove rientra, le autorità cittadine lo nominano capomastro nell’Opera di Santa Maria del Fiore, oltre che Soprintendente assoluto alle opere del Comune. In pratica, gli viene affidato il Duomo fiorentino, oltre che la costruzione delle mura della città, con uno stipendio di circa cento fiorini all’anno.
Il 18 luglio del 1334, dà inizio al campanile da lui disegnato, che prenderà il suo stesso nome, per quanto la realizzazione finale non risponderà fedelmente ai suoi voleri iniziali. Il giorno 8 gennaio del 1337 Giotto muore a Firenze: viene sepolto con grandi onori in Santa Reparata (Santa Maria del Fiore), a spese comunali.