Insigne figura di statista, la lunga permanenza in qualità di capo del governo e le radicali riforme promosse fecero di Giovanni Giolitti un assoluto protagonista della storia d’Italia d’inizio Novecento, periodo che da lui prese il nome di età giolittiana (1901-1914). Divenuto primo ministro nel 1903, la sua formazione di liberale moderato diede una forte impronta alla politica economica portata avanti nel corso di cinque diversi governi.
Giovanni Giolitti, lo statista d’altri tempi
Giovanni Giolitti nasce a Mondovì (nella provincia Cuneese) il giorno 27 ottobre 1842. È figlio di un cancellerie del tribunale e di una nobildonna di origini francesi. Il padre Giovenale muore a causa di una malattia respiratoria mentre lui è ancora in fasce. La madre Enrichetta prende la decisione di tornare dai propri famigliari a Torino.
Durante l’infanzia il piccolo Giovanni, o “Gioanin” come viene affettuosamente appellato in famiglia, è attorniato dalle attenzioni dei quattro fratelli celibi delle madre, tra cui un medico e un ex-deputato.
Studi
Compie i propri studi all’attuale Liceo Gioberti di Torino, che per Lui è l’istituto San Francesco. Nel 1961 all’università di Torino, a diciannove anni, ottiene una laurea in giurisprudenza. Grazie all’intervento dello zio ex-deputato che è amico di un collaboratore di Cavour, inizia l’interesse per la politica.
Conosce personalmente il “Conte”, anche se esso in un primo momento non riesce a coinvolgerlo appieno nella “questione risorgimentale”, siamo infatti nel 1859 e molti coetanei di Giovanni si arruolano per combattere la seconda guerra d’indipendenza.
L’ascesa
Nel 1862 ha inizio la carriera politica vera e propria di Giovanni Giolitti; dal Ministero di Grazia e Giustizia passa alle Finanze nel 1869. Qui coadiuva e aiuta i ministri, tra cui Quintino Sella, a pareggiare i malmessi bilanci dello Stato. Raggiunge la posizione di caposezione, fino al 1877, anno in cui è scelto per la Corte dei Conti.
Nell’anno 1882 avvengono due fatti importanti che ne segnano definitivamente la carriera. Viene nominato al Consiglio di Stato, organo supremo di consultazione Giuridico-Amministativa, e viene eletto, alla sua prima candidatura al ruolo di deputato.
Primo Governo
Nel corso del 1886 ingaggia, una dura bagarre con il governo di Agostino Depretis, in relazione alla politica degli investimenti dello stato. Diventa, nel 1889, ministro del Tesoro ed anche delle Finanze; questi incarichi gli sono affidati nel corso del secondo governo guidato da Francesco Crispi, con il quale va in disaccordo nel 1890, a causa della politica coloniale. Si dimette da entrambe gli incarichi.
Nel 1892 cade il governo del Marchese Antonio Starabba di Rudinì, e il Sovrano Umberto I gli assegna la carica per formare il primo dei cinque governi da lui guidati. Già il 15 dicembre 1893 il primo governo di Giovanni Giolitti è in crisi e cade. Le cause sono le proteste dei più abbienti per la sua politica lassista a favore delle classi meno agite, il crack della Banca Romana e il ventilato progetto di introdurre nuove imposte che gravano sui più benestanti.
Era Zanardelli
Del 1893 al 1901 è all’opposizione. Il 15 febbraio 1901 Giolitti è uno dei maggiori fautori della caduta del governo dell’avvocato Giuseppe Saracco, che è caratterizzato da una politica di repressione come tutti gli altri governi dopo il suo. Dall’anno 1901 al 1903 ricopre la carica di Ministro degli interni del Governo dell’ormai anziano Giuseppe Zanardelli, di cui è uno dei più validi collaboratori e “suggeritori”.
Nel novembre del 1903, e più precisamente il giorno 3, è di nuovo a capo del Governo: Giolitti addotta una politica di coesione delle sinistre, cerca la collaborazione del Socialista Filippo Turati e reprime le ventate reazionarie accettando anche la collaborazione dei costituendi organi sindacali, e talvolta giustifica gli scioperi; sostanzialmente adotta la tattica del dialogo con le controparti.
Nonostante i conservatori lo tacciano come un rivoluzionario, nel corso del suo governo sono varate importanti leggi di tutela per i lavoratori; il 22 aprile del 1905 nascono le Ferrovie dello Stato e vengono varate grandi opere pubbliche.
Terzo Governo
Dopo piccole cadute di governo e cambi di rotta, dovuti a rimpasti politici di scarsa entità, il giorno 29 maggio 1906, Giovanni Giolitti riceve l’incarico di formare il suo terzo governo. Grazie a manovre di consolidamento finanziario durante questa legislatura viene sanato e arricchito il bilancio pubblico, si completa l’opera di nazionalizzazione delle FS e si gettano le basi per statalizzare le assicurazioni. Vengono inoltre date alla luce nuove importanti leggi per il lavoro minorile e per la condizione sociale della popolazione lavoratrice femminile. Vengono promulgate leggi speciali a tutela di un mezzogiorno che è colpito nel 1808 da un grave terremoto in terra siciliana, per il quale il governo di Giolitti e lo Stato si fanno carico in maniera del tutto eccezionale.
Alle elezioni del 1909, Giovanni Giolitti è sempre vincitore ma per un vizio di forma preferisce rimanere ai margini dell’azione. Comunque si succedono a lui alcuni dei suoi fedelissimi, tra cui Luigi Luzzatti e Sidney Sonnino. È durante queste Legislature che sia il Governo che direttamente Giolitti si esprimono a favore dell’idea del suffragio universale, che però è poi a vantaggio dei partiti di massa, tra i quali il partito fascista che ne favorisce maggiormente, travisando l’iniziale idea di giolittiana impronta.
Quarto Governo
Il 30 marzo 1911 lo statista ha l’incarico di formare il suo quarto governo. Nasce l’INA e il progetto del suffragio universale è portato a termine. Nel settembre del 1911, forse per accontentare l’opposizione, il Governo dell’Italia intraprende una nuova guerra coloniale in Libia. Grazie a questa manovra, e forse ad altre riguardanti l’introduzione di un’indennità per i deputati, svanisce definitivamente l’idea di una collaborazione con i Socialisti che ora hanno un nuovo leader: Benito Mussolini.
Nell’ottobre 1913, riaperte le urne elettorali, si constata un evidente calo della maggioranza Giolittiana. Dopo alcuni insuccessi legislativi il 21 marzo 1914 Giovanni Giolitti è costretto a dimettersi. Dal punto di vista storico termina quel periodo definito come “età giolittiana“, che va dal 1901 al 1914.
Quinto Governo
Allo scoppio del primo conflitto mondiale, lo statista non è al governo, fa comunque di tutto per influenzarlo. Esso deve mantenere una posizione neutrale rispetto alle posizioni aggressive degli altri membri della triplice alleanza. Il governo si divide tra interventisti e neutralisti, e grazie ad una serie di accorgimenti politici “Giolittiani” il giorno il 24 maggio dello stesso anno, lo Stato Italiano è in guerra contro l’Austria che è in teoria suo alleato. Giolitti è indicato come traditore del pensiero nazionale da parte dell’opposizione.
Il giorno 15 giugno 1920 lo statista inizia quello che è riconosciuto come il suo quinto governo. La politica adottata nei confronti delle agitazioni sociali è la medesima di quella dei governi precedenti. La forte crisi post-bellica crea nuovi contrasti tra le varie classi sociali; emergono i fascisti di Benito Mussolini. La questione della liberazione della città di Fiume che è emersa durante il primo conflitto mondiale si chiude definitivamente. Alcuni emendamenti Giolittiani deteriorano indissolubilmente i rapporti tra lo Statista e la monarchia.
Il 4 luglio 1921 è la data dell’ultimo giorno di Giolitti come capo del Governo Italiano. Si ritira in quel di Cavour, cittadina in provincia di Torino, durante l’ascesa del fascismo. Molti dei suoi fedelissimi lo rivogliono a Roma per difendere le idee liberarli da lui instaurate.
Contro il fascismo e morte
A partire del 1925, grazie anche alla “scomparsa” di Giacomo Matteotti del 10 giugno 1924, esce progressivamente dalla vita politica schierandosi comunque contro il neo-governo fascista. Giovanni Giolitti muore nella sua casa di Cavour nella notte del giorno 17 luglio 1928, all’età di 86 anni.