Giulia Cecchettin ha scritto su un diario 15 motivi per lasciare Filippo Turetta: “Se si sente tradito si farà giustizia da solo” oppure “Devo scrivergli mille volte al giorno”. Un insieme di motivi che spaziano dai difetti caratteriali a pensieri violenti, fino agli atteggiamenti che lui mostrava durante le normali discussioni di coppia, che in realtà non erano affatto normali.
Giulia Cecchettin, motivi per lasciare Filippo Turetta scritti su diario
Quindici ragioni per lasciare Filippo Turetta. Questa è la lista che Giulia Cecchettin aveva redatto il 31 luglio di un anno fa, poche settimane prima di perdere la vita per mano del suo ex fidanzato, per il quale il pubblico ministero ha richiesto l’ergastolo per omicidio. Un insieme di motivi che spaziano dai difetti caratteriali a pensieri violenti, fino agli atteggiamenti che lui mostrava durante le normali discussioni di coppia, che in realtà non erano affatto normali. «Desidera che gli scriva frequentemente durante il giorno, non tollera le mie uscite con le amiche. Ha idee bizzarre riguardo alla giustizia fai-da-te», scriveva Giulia.
La lista di Giulia Cecchettin
Come riportato da Repubblica, che ha pubblicato le immagini della lista redatta dalla vittima, Giulia, dopo aver interrotto la relazione, non desiderava ferirlo ulteriormente: «Spero di rimanere fedele alla mia decisione, non perché provi odio per Pippo, anzi, è l’opposto. Ho capito che non siamo fatti l’uno per l’altra e continuare con un tira e molla insensato non è ciò che voglio», scrive. «Ora sto stilando un elenco delle cose che non andavano, perché ho bisogno di convincermi di aver fatto la scelta giusta, anche se mi manca tantissimo e mi fa soffrire pensare che lo stia facendo soffrire». La ragazza annota: «Abbiamo litigato perché non l’ho invitato al compleanno di Elena, sosteneva che fosse mio dovere aiutarlo a studiare, si lamentava se non gli mandavo abbastanza cuori e aveva bisogno di ricevere messaggi molte volte al giorno». E aggiunge: «Ha idee bizzarre riguardo alla giustizia fai-da-te per i tradimenti, alla tortura e simili».
«Non vuole che esca con le mie amiche»
«Non tollerava le mie uscite con Bea e Kiki (le sue amiche). Non accetterebbe mai che io andassi in vacanza da sola con un gruppo di ragazzi. In generale, i “tuoi spazi” non esistono: lui deve essere sempre al corrente di tutto, anche di ciò che dici di lui alle tue amiche o allo psicologo». «Durante le discussioni, lancia parole molto dure; quando l’ho lasciato, ha fatto molte minacce nel tentativo di farmi cambiare idea».
Il pm chiede l’ergastolo
Il ragazzo la sorvegliava, inviando «sticker finché non si accorgeva che non ricevevo più messaggi, per verificare se fossi davvero andata a dormire», dopo il messaggio della buonanotte. «Ogni cosa che gli dici è per lui una promessa», aggiunge la giovane. Nonostante tutto ciò, Giulia cercava di non ferirlo. Turetta riuscì a leggere quella lista dopo aver esaminato il cellulare della sua ex fidanzata, approfittando del fatto che lei lo avesse dimenticato nella sua auto. Pochi giorni dopo, fu lui stesso a redigere una lista di motivi e azioni per commettere l’omicidio.
Nel caso dell’omicidio di Giulia Cecchettin, sono emersi elementi di premeditazione, crudeltà e stalking, rendendo inevitabile la richiesta della pena massima per il colpevole. Il pubblico ministero Andrea Petroni ha concluso la sua requisitoria in Corte d’Assise a Venezia, dove Turetta è imputato. La richiesta di ergastolo per il 23enne, che ha confessato il reato, è supportata da una doppia narrazione. Il pm ha iniziato a descrivere i fatti partendo dalla sera del delitto, avvenuto l’11 novembre 2023, per poi seguire la fuga di Turetta fino in Germania, e infine ha analizzato il rapporto ‘malato’ tra i due, caratterizzato dall’ossessione di possesso da parte di Filippo.
La ricostruzione dell’omicidio
Successivamente, è stata effettuata una ricostruzione basata sui capi d’accusa, intrecciata con le diverse fasi del racconto dell’omicidio. Petroni ha sottolineato che non si tratta solo dell’omicidio avvenuto l’11 novembre, ma anche della sua preparazione, che si trasforma in premeditazione. La nota ‘lista delle cose’ da fare, redatta da Turetta il 7 novembre – quattro giorni prima del delitto – quando Giulia aveva deciso di non parlare più con lui, è stata poi aggiornata quotidianamente con gli acquisti necessari: dallo scotch per legarla, a un calzino per tappare la bocca, sacchi neri, coltelli, una scorta di denaro contante e il pieno di benzina per l’auto.
Le bugie e i “non ricordo”
Secondo il rappresentante dell’accusa, Turetta ha negato e mentito sia durante il primo interrogatorio in carcere che in aula, rifugiandosi dietro numerosi «non ricordo». I momenti in aula sono stati particolarmente drammatici quando Petroni ha dovuto affrontare i dettagli riguardanti la tempistica e la brutalità dell’azione omicida: il delitto si è svolto in due fasi, durate meno di 20 minuti. Sul corpo di Giulia sono state riscontrate 75 coltellate, di cui 25 segni di difesa sulle braccia e altre 50, tra cui quella mortale, che ha reciso un’arteria del collo e una vertebra.
Il pubblico ministero ha esortato il collegio giudicante a «esaminare e riesaminare» i video che documentano in modo dettagliato il delitto. Successivamente, dopo aver letto diversi estratti, ha chiesto di riascoltare i dialoghi sui social, in cui Turetta minacciava Giulia e si lamentava con lei, presentandosi come una ‘vittima’. Allo stesso modo, ha fatto riferimento ai messaggi di Giulia, che raccontava di avere ormai «paura di Filippo», confidandosi con le amiche e spiegando di non voler più avere a che fare con quel ragazzo. Tutto ciò fino all’ultima concessione, l’incontro avvenuto alla vigilia della laurea, nell’ultima e tragica serata. La vicenda del femminicidio di Giulia è stata così riassunta in un racconto di due ore e mezza.
In aula anche Turetta
In aula, per la seconda volta, era presente anche Filippo Turetta, indossando una felpa bordeaux. Ha ascoltato in silenzio, con la testa china, senza interagire con i suoi legali. L’unica ‘concessione’ fatta da Petroni alle osservazioni della Corte è stata che «Turetta è giovane, merita una condanna», ma potrà uscire dal carcere dopo 26 anni. L’udienza si è svolta in un clima di silenzio. Successivamente, è stato il turno delle parti civili, rappresentate dal padre di Giulia, Gino Cecchettin, dalla sorella Elena, dal fratello Davide, dalla nonna Carla e dallo zio Alessio. I legali hanno trasmesso un messaggio chiaro: Giulia deve diventare un simbolo, sia dentro che fuori dall’aula, poiché è stata uccisa per motivi futili e abietti. La richiesta complessiva di risarcimento è stata fissata a 2.150.000 euro. Domani sarà la volta della difesa, con l’avvocato Giovanni Caruso che potrebbe proporre la ‘giustizia riparativa’ (non una riduzione della pena, ma un percorso di ‘redenzione’). Il 3 dicembre si svolgeranno le eventuali repliche e sarà emessa la sentenza.