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Il 15 dicembre del 1944 ci lascia Glenn Miller: trombonista, direttore d’orchestra e compositore statunitense

Glenn Miller è ricordato da tutti come uno storico trombonista e compositore del genere jazz, un uomo di gran talento che ha reso popolare la sua arte dagli anni Venti ai Quaranta, attraverso uno stile vellutato ed orecchiabile anche per i profani della “musica nera”.

15 dicembre 1944: muore Glenn Miller, leggendario trombonista statunitense

Glenn Miller nacque a Clarinda il 1° marzo del 1904. Trascorse l’adolescenza a Fort Morgan, nel Colorado, dove prese lezioni di musica e cominciò a suonare il trombone nell’orchestra di Boyd Senter. Tra il 1921 e il 1922 studiò alla Colorado State University, successivamente si unì all’orchestra di Ben Pollack lavorando anche come arrangiatore. Negli anni trenta giunse a New York lavorando come free lance sia in spettacoli dal vivo che negli studi di registrazione. Dopo aver collaborato, tra gli altri, con Red Nichols, con i fratelli Jimmy e Tommy Dorsey e con Ray Noble, nel 1937 formò la sua prima band, cercando di mettere a fuoco le sue intuizioni musicali e di sfruttare l’intensità del timbro del suo strumento, che si elevava sui quattro sassofoni creando un suono altamente riconoscibile.


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Nel 1938 costituì un secondo organico orchestrale, la Glenn Miller Orchestra, che cominciò ad ottenere un grande successo di pubblico quando siglò un contratto fisso al Glen Island Casino e fu ingaggiato in alcuni spettacoli radiofonici. Nel 1939 incise i primi dischi di successo e nel 1940 l’orchestra assunse la sua formazione classica, con musicisti come Ray Anthony, Billy May, Bobby Hackett e Ray Eberle. A cavallo tra gli anni Trenta e quaranta fu l’orchestra più popolare negli Stati Uniti.

Nel 1941 raggiunge la prima posizione nella classifica Billboard Hot 100 con i brani The Song of the Volga Boatmen, Chattanooga Choo Choo ed Elmer’s Tune con Ray Eberle ed i Modernaires, nel 1942 con A String of Pearls per due settimane, Moonlight Cocktail con Ray Eberle ed i Modernaires per dieci settimane e (I’ve Got a Gal In) Kalamazoo con Tex Beneke, Marion Hutton ed i Modernaires per sette settimane (per il film Voglio essere più amata) e nel 1943 That Old Black Magic.

La Seconda Guerra Mondiale


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Nel 1942 Miller, dopo essere stato scartato dalla Marina, si arruolò volontario nell’Esercito per dare il suo contributo alla guerra che il suo paese stava combattendo. Con il grado di capitano (e in seguito maggiore) dopo qualche mese fu assegnato all’aviazione degli Stati Uniti (all’epoca US Army Air Corps), e messo a capo di un’orchestra militare, la Army Air Force Band (che successivamente ha assunto il nome di Airmen of Notes), il 9 luglio 1944 e assegnato all’intrattenimento delle truppe in Inghilterra.

Il primo disco d’oro della storia

Il 10 febbraio 1942 Glenn Miller ricevette il primo Disco d’oro della storia per la sua incisione di Chattanooga Choo Choo, che aveva venduto oltre un milione di copie in appena tre mesi. Per celebrare il successo del suo artista, la casa discografica RCA Victor si inventò la trovata pubblicitaria di dipingere d’oro una copia del disco e gliela consegnò a sorpresa durante una trasmissione radiofonica in diretta.


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Tra i pezzi più celebri del suo repertorio, si ricordano In the Mood (A. Razaf – J. Garland), Chattanooga Choo Choo (M. Gordon – H. Warren), Pennsylvania 6-5000 (C. Sigman – J. Gray), A String of Pearls (E. De Lange – J. Gray), American Patrol (F.W. Meacham), I Know Why and So Do You (M. Gordon – H. Warren) e Moonlight Serenade dello stesso Miller con parole di Mitchell Parish.

Il mistero della morte

Miller scomparve improvvisamente il 15 dicembre 1944, mentre sorvolava la Manica a bordo di un aereo militare per raggiungere Parigi, dove la sua orchestra avrebbe dovuto suonare per i soldati che avevano da poco liberato la capitale francese. Il suo corpo non fu mai recuperato. Come disperso in guerra, nell’aprile del 1992 gli fu dedicata una lapide nel Cimitero nazionale di Arlington, su richiesta di Jonnie Dee Miller la figlia dello scrittore, nel settore “Memorial Section H, Site 464-A”.


Glenn Miller


A causa della sparizione del corpo e delle reticenze dell’esercito e dell’aviazione statunitensi ci sono molte tesi sulla sua morte. Una delle ipotesi più credibili sembra essere quella che Miller sia rimasto vittima in volo del fuoco amico britannico durante un’incursione aerea contro i tedeschi.

Tra le tante teorie non ufficiali, viene ipotizzato che Miller giunse a Parigi ma venne catturato dall’Obersturmbannführer delle SS Otto Skorzeny che voleva sfruttarlo per raggiungere il generale Eisenhower e rapirlo (o ucciderlo) in un raid da svolgersi nel Natale del 1944; Miller a sua volta faceva parte, insieme al maggiore David Niven, di un’operazione segreta per negoziare l’armistizio degli ufficiali nazisti e potrebbe essere stato torturato e ucciso anche per quello.


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A favore della tesi ufficiale va considerata la testimonianza dell’equipaggio di un bombardiere che rientrava in Inghilterra il giorno in cui Miller si stava recando a Parigi. Il bombardiere aveva abbandonato la sua missione e, secondo la procedura standard, doveva scaricare le bombe inutilizzate in una zona specifica della Manica durante il volo di ritorno. Uno dei membri dell’equipaggio affermò di aver visto un Norseman volare al di sotto dei bombardieri durante lo sganciamento. Anche l’aereo di Miller era un Norseman e una deviazione di poche miglia dalla rotta stabilita lo avrebbe portato effettivamente sotto i bombardieri in rientro.

Altra tesi punta su un diario del signor Richard Anderton, rimasto inedito per 60 anni, da cui si evincerebbe che Miller morì a causa sia di errori umani che per errori di calcolo: Steven Miller, figlio di Glenn, ha fatto condurre un’indagine completa per trovare la reale verità. L’indagine, durata sei anni, è diventata un libro dal titolo “Glenn Miller Declassified” (2017), curato da Dennis M. Spragg, consulente del “Glenn Miller Archives” e dell’“American Music Research Center” dell’Università del Colorado a Boulder.