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Grazia Deledda, una delle più influenti scrittrici italiane del XX secolo

Grazia Deledda è stata una delle più importanti e influenti scrittrici italiane del Diciannovesimo e del Ventesimo secolo, e nel dicembre 1927 vinse il premio Nobel per la letteratura, la prima donna italiana a farlo. È ricordata come la seconda donna, dopo la svedese Selma Lagerlöf, a ricevere questo riconoscimento, e la prima italiana. Deledda fu esponente, anche se a modo suo, del verismo e del decadentismo, e scrisse sempre molte storie di contadini e paesani della sua terra, la Sardegna.

Grazia Deledda, Premio Nobel nel 1926

Grazia Deledda nacque a Nuoro, in Sardegna, il 28 settembre 1871, quarta di sette tra figli e figlie, in una famiglia benestante. Il padre, Giovanni Antonio Deledda, laureato in legge, non esercitò la professione. Agiato imprenditore e possidente, si occupava di commercio e agricoltura; si interessava di poesia e lui stesso componeva versi in sardo, aveva fondato una tipografia e stampava una rivista. Fu sindaco di Nuoro nel 1863.


Grazia Deledda


La madre era Francesca Cambosu, donna di severi costumi; dedita alla casa, educherà lei Grazia. Dopo aver frequentato le scuole elementari fino alla classe quarta, Grazia venne seguita privatamente dal professore Pietro Ganga, un docente di lettere italiane, latine, greche, che parlava francese, tedesco, portoghese, spagnolo). Ganga le impartì lezioni di base di italiano, latino e francese. Proseguì la sua formazione totalmente da autodidatta.

Primi approcci alla letteratura

Importante per la formazione letteraria di Grazia, nei primi anni della sua carriera da scrittrice, fu l’amicizia con lo scrittore, archivista e storico dilettante sassarese Enrico Costa, che per primo ne comprese il talento. Per un lungo periodo scambiò delle lettere con lo scrittore calabrese Giovanni De Nava, in cui si complimentava del talento della giovane scrittrice. Queste missive poi si trasformarono in lettere d’amore in cui si scambiavano dolci poesie. Poi per l’assenza di risposte da parte di Giovanni per un lungo periodo, smisero di scriversi. La famiglia venne colpita da una serie di disgrazie: il fratello maggiore, Santus, abbandonò gli studi e divenne alcolizzato, il più giovane, Andrea, fu arrestato per piccoli furti. Il padre morì per una crisi cardiaca il 5 novembre 1892 e la famiglia dovette affrontare difficoltà economiche. Quattro anni più tardi morì anche la sorella Vincenza.

Attività letteraria giovanile

Nel 1888 inviò a Roma alcuni racconti, Sangue sardo e Remigia Helder, pubblicati dall’editore Edoardo Perino sulla rivista “L’ultima moda”, diretta da Epaminonda Provaglio. Sulla stessa rivista venne pubblicato a puntate il romanzo Memorie di Fernanda. L’anno successivo uscì a puntate sul quotidiano di Cagliari L’avvenire della Sardegna, con lo pseudonimo Ilia de Saint Ismail, il romanzo Stella d’Oriente, e a Milano, presso l’editore Trevisini, Nell’azzurro, un libro di novelle per l’infanzia.


Grazia Deledda


Deledda incontrò l’approvazione di letterati, quali Angelo de Gubernatis e Ruggero Bonghi, che nel 1895 accompagnò con una sua prefazione l’uscita del romanzo Anime oneste. Collabora con riviste sarde e continentali: “La Sardegna”, “Piccola rivista” e “Nuova Antologia”.

Fra il 1891 e il 1896 sulla Rivista delle tradizioni popolari italiane, diretta da Angelo de Gubernatis, venne pubblicato a puntate il saggio Tradizioni popolari di Nuoro in Sardegna, introdotto da una citazione di Tolstoi, prima espressione documentata dell’interesse della scrittrice per la letteratura russa. Seguirono romanzi e racconti di argomento isolano. Nel 1896 il romanzo La via del male fu recensito in modo favorevole da Luigi Capuana. Nel 1897 uscì una raccolta di poesie, Paesaggi sardi, edita da Speirani.

Maturità

Il 22 ottobre 1899 si trasferì a Cagliari, dove conobbe Palmiro Madesani, un funzionario del Ministero delle Finanze, che sposò a Nuoro l’11 gennaio 1900. Madesani era originario di Cicognara di Viadana, in provincia di Mantova, dove anche Grazia Deledda visse per un periodo. Dopo il matrimonio, Madesani lasciò il lavoro di funzionario statale, per dedicarsi all’attività di agente letterario della moglie. La coppia si trasferì a Roma nel 1900, dove condusse una vita appartata. Ebbero due figli, Franz e Sardus.


Grazia Deledda


Nel 1903 la pubblicazione di Elias Portolu la confermò come scrittrice e l’avviò a una fortunata serie di romanzi e opere teatrali: Cenere (1904), L’edera (1908), Sino al confine (1910), Colombi e sparvieri (1912), Canne al vento (1913), L’incendio nell’oliveto (1918), Il Dio dei venti (1922). Da Cenere fu tratto un film interpretato da Eleonora Duse.

La sua opera fu apprezzata da Giovanni Verga oltre che da scrittori più giovani come Enrico Thovez, Emilio Cecchi, Pietro Pancrazi, Antonio Baldini. Fu riconosciuta e stimata anche all’estero: David Herbert Lawrence scrisse la prefazione della traduzione in inglese de La madre. La Deledda fu anche traduttrice: è sua infatti una versione in lingua italiana di Eugénie Grandet di Honoré de Balzac.

Il premio Nobel e la morte

Il 10 dicembre 1927 le venne conferito il premio Nobel per la letteratura 1926 (non vinto da alcun candidato l’anno precedente, per mancanza di requisiti), «per la sua potenza di scrittrice, sostenuta da un alto ideale, che ritrae in forme plastiche la vita quale è nella sua appartata isola natale e che con profondità e con calore tratta problemi di generale interesse umano», Grazia è stata la prima donna italiana a vincere il premio Nobel.


Tomba_di_Grazia_Deledda
Tomba di Grazia Deledda nella chiesa della Solitudine a Nuoro.

Un tumore al seno di cui soffriva da tempo la portò alla morte nel 1936, quasi dieci anni dopo la vittoria del premio. Sulla data del giorno di morte c’è controversia: alcune fonti riportano il 15 agosto, altre il 16. Le spoglie della Deledda trovarono sepoltura nel cimitero del Verano a Roma, dove rimasero fino al 1959 quando, su richiesta dei familiari della scrittrice, furono traslate nella sua città natale. Da allora sono custodite in un sarcofago di granito nero levigato nella chiesetta della Madonna della Solitudine, ai piedi del monte Ortobene, che tanto aveva decantato in uno dei suoi ultimi lavori.

Lasciò incompiuta la sua ultima opera Cosima, quasi Grazia, autobiografica, che apparirà in settembre di quello stesso anno sulla rivista Nuova Antologia, a cura di Antonio Baldini e che poi verrà edita col titolo Cosima. La sua casa natale, nel centro storico di Nuoro (nel rione Santu Predu), è adibita a museo.