Il carbone si conferma nel mondo il combustibile principale per la produzione elettrica, con una quota che nel 2020 si attesta al 38%, seguito a grande distanza da nucleare e gas: in particolare, la domanda di carbone si è spostata verso il Sud-est asiatico, area in cui le economie emergenti lo utilizzano per il proprio sviluppo economico e industriale in percentuali molto elevate.

Il mix di produzione di energia elettrica italiano è il meno diversificato: rispetto ai Paesi del G8, che presentano, in media, una quota pari al 38% circa generata da un mix variabile di carbone e nucleare, in Italia nel 2020 la produzione di energia elettrica proviene per circa l’80% da rinnovabili e gas.

Nel 2020, l’Italia ha registrato una diminuzione sia delle importazioni di carbone da vapore, a quota 5,3 milioni di tonnellate (-29% rispetto ai 7,5 milioni di tonnellate del 2019), sia delle importazioni di carbone metallurgico e PCI, che hanno raggiunto un volume di 2,35 milioni di tonnellate, con una diminuzione del 22% rispetto ai 3 milioni del 2019.

Sono purtroppo ben note le conseguenze di queste disparità sulle utenze industriali: secondo l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA), le imprese italiane, infatti, sono costantemente costrette a fronteggiare prezzi dell’elettricità del 30% al di sopra della media europea, con pesanti ripercussioni sulla competitività, soprattutto nei settori caratterizzati da forti consumi energetici.