Cronaca Napoli, Napoli

Giallo del rogo alla Città della Scienza, assolto l’ex vigilante Paolo Cammarota: “Il mistero dei fondi scomparsi”

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L'incendio - Foto presa dal web

È ancora un giallo l’incendio che ha distrutto la Città della Scienza: nella giornata di ieri, mercoledì 27 novembre, è stato accolto Paolo Cammarota, ex vigilante e uomo di turno nella struttura museale di Coroglio. Lo riporta l’odierna edizione del Mattino.

Incendio alla Città della Scienza, assolto l’ex vigilante

Un delitto perfetto (almeno per ora). Chi ha ideato, organizzato e realizzato la devastazione di Città della Scienza è riuscito a farlo in modo tale da rimanere sempre al di fuori delle maglie della giustizia. Ieri si è concluso l’ultimo atto del processo, a undici anni dai fatti: Paolo Cammarota, ex vigilante e uomo di turno nella struttura museale di Coroglio, è stato assolto. Nella aula 317, durante il quarto appello (presieduto da Toscano, con Russo a latere), il verdetto è stato severo: imputato assolto, con novanta giorni per la redazione delle motivazioni. Rimangono, però, i dubbi di sempre riguardo al rogo che ha distrutto Città della Scienza. Era il 4 marzo 2013, e il tempo sembra essersi fermato mentre si leggeva il provvedimento firmato ieri dalla Corte di Appello.

Esce di scena, salvo eventuali ricorsi da parte della Procura generale, l’ex vigilante, ma rimangono irrisolti i soliti interrogativi. Mancano all’appello il mandante (o i mandanti) dell’incendio doloso, gli esecutori materiali e i complici silenziosi. Un elemento resta certo, o quasi: chi ha orchestrato il rogo di un pezzo di Napoli aveva accesso a informazioni non di pubblico dominio. Ci riferiamo all’indennizzo assicurativo, che si aggira tra i 13 e i 15 milioni di euro, somme destinate a una ricostruzione della struttura, che per ora rimane solo un progetto non realizzato. Ma torniamo in aula, riprendendo un’istruttoria controversa, che è stata rimandata a Napoli per la seconda volta dalla Cassazione.

Per gli investigatori non ci sono dubbi: Cammarota era spinto da risentimento per essere stato messo in discussione nella gestione delle auto e dei bus in sosta. La vendetta covava in lui. Da qui la scelta di agevolare l’ingresso degli incendiari o, comunque, di non opporsi. Tuttavia, l’avvocato Vincenza Giamundo, difensore di Cammarota, offre una versione diversa: «Il movimento economico non regge, perché se pensi di avere dei crediti nei confronti di una struttura, non cerchi di distruggerla». Ma potrebbe aver agito per attivare il circuito degli indennizzi per incendio doloso? «Anche su questo aspetto non ci sono prove. Anzi – chiarisce la penalista – Cammarota non era a conoscenza dell’esistenza di un contratto di assicurazione attivo da quattro anni. Nessuno ne era a conoscenza».

È un’informazione emersa solo nei primi mesi dopo la distruzione del museo. “C’è un altro elemento da considerare”, aggiunge l’avvocato: “Cammarota aveva avviato una causa civile per recuperare i crediti di cui era titolare; che senso aveva distruggere tutto con il fuoco?”. Sotto la consulenza del legale Giuseppe De Angelis, i dirigenti attuali della Fondazione Idis Città della Scienza si sono costituiti parte civile e sono in attesa delle motivazioni della sentenza.

Il rogo

Era il 4 marzo 2013, e le lancette segnavano le 21:20. Da poco la struttura aveva ospitato una rappresentazione teatrale, mentre la zona di Coroglio si presentava deserta. Era un lunedì dal sapore primaverile, ma un evento gravissimo si era verificato nel centro. Poche ore prima dell’incendio a Coroglio, intorno alle dieci del mattino, un tratto di via Riviera di Chiaia era crollato. Questo cedimento, causato dai lavori della Metro sottostanti, attirò l’attenzione dei vigili del fuoco e della protezione civile. Le fiamme a Coroglio scoppiarono nel momento più critico, creando un inferno da domare con risorse e uomini già messi a dura prova dal crollo del palazzo Guevara di Bovino, che si trovava su un lato della Riviera.

Gli inneschi

Questo è l’aspetto più beffardo, come emerso dalle indagini condotte fin dall’inizio dalla Dda. Sono stati registrati quattro inneschi, ognuno dei quali ha utilizzato almeno dieci litri di combustibile. Pertanto, da due a quattro individui sono entrati in Città della Scienza per appiccare il fuoco. Il primo allerta è giunto circa dieci minuti dopo l’inizio delle fiamme, quando ormai le lingue di fuoco si erano elevate. A segnalare l’incendio, tramite una telefonata ai Vigili del Fuoco, è stato un pescatore di Coroglio. Il vigilante Paolo Cammarota, invece, non ha notato nulla di strano. In aula, il suo avvocato ha sottolineato un aspetto importante: quella sera non avrebbe dovuto essere di turno, ma era stato chiamato all’ultimo momento per sostituire un collega. E riguardo al sistema di allerta? Avrebbe disattivato l’antintrusione (che era difettosa da tempo) e l’allarme antincendio. La difesa, invece, ha evidenziato la complessità del disinnesco, considerando anche le problematiche nel funzionamento del sistema.

I fondi

Rimane il tema centrale di questa vicenda. Nel 2009, quattro anni prima dell’incendio, viene stipulata una polizza contro gli incendi dolosi. Pochi mesi dopo l’attentato, arrivano tra i 13 e i 15 milioni di euro. Ma non finisce qui. Si attiva anche la macchina della solidarietà, con ulteriori 4 milioni di euro: si arriva così a circa venti milioni per una ricostruzione che non è mai decollata. Anzi, è rimasta ferma. Per quale motivo? Come sono stati utilizzati i fondi ricevuti tra indennizzi e donazioni? E perché la nuova Città della Scienza parte con un bilancio ancora gravato da debiti? I misteri di Coroglio, la Procura è al lavoro.

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