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Infermieri italiani in fuga all’estero, mentre le Regioni cercano personale dall’est Europa e dal Sud America

infermieri

L’Italia affronta un’emergenza di carenza di infermieri, con il Piemonte che registra una mancanza di 4-5mila professionisti. Per affrontare la situazione, l’assessore alla Sanità ha avviato accordi di reclutamento in Albania, pianificando anche coinvolgimenti con Croazia e Argentina.

L’Italia cerca infermieri all’estero, gli italiani se ne vanno per trovare stipendi migliori

L’emergenza infermieri in Italia si aggrava e le Regioni corrono ai ripari cercando personale sanitario all’estero. L’ultimo caso è quello del Piemonte, dove mancano tra i 4 e i 5mila infermieri, una carenza che supera persino quella dei medici. Per questo motivo, l’assessore regionale alla Sanità, Federico Riboldi, è volato in Albania per stringere accordi di reclutamento. Un primo passo di una strategia più ampia, che punta a coinvolgere anche Croazia e Argentina, Paesi con forti comunità piemontesi.

L’import di infermieri, però, non compensa l’esodo dei professionisti italiani verso l’estero, dove stipendi e condizioni di lavoro risultano più attrattivi. Nel 2019 i sanitari stranieri in Italia erano circa 21mila, saliti a 28mila nel 2023 e oggi stimati intorno ai 30mila, secondo l’Associazione Medici Stranieri in Italia (Asmi). Parallelamente, negli ultimi cinque anni, sono migliaia i medici italiani che hanno lasciato il Paese: 5.500 sono andati nel Regno Unito, oltre 3mila in Svizzera.

«Si parte per stipendi migliori e carriere più gratificanti», spiega Foad Aodi, presidente dell’Asmi. Dal giovane specializzando preoccupato per la precarietà al primario stanco di una retribuzione stagnante. Tra le nuove mete più ambite ci sono i Paesi del Golfo, dove si offrono contratti tra 14mila e 20mila dollari al mese in strutture d’avanguardia.

Infermieri: una carenza cronica

Se la fuga dei medici è allarmante, quella degli infermieri è ancor più critica. Secondo la Fnopi (Federazione nazionale ordini professioni infermieristiche), negli ospedali italiani mancano 60mila infermieri, che diventano 90mila includendo quelli necessari per potenziare l’assistenza domiciliare e far funzionare gli Ospedali di Comunità previsti dal Pnrr. Questi ultimi sono strutture a gestione infermieristica, pensate per accogliere pazienti stabilizzati, non più da ricovero ospedaliero, ma ancora non pronti al rientro a casa.

La corsa al reclutamento internazionale

Per far fronte all’emergenza, negli ultimi anni molte Regioni hanno avviato vere e proprie campagne di reclutamento all’estero. Ha iniziato la Calabria nel 2022, con l’arrivo di 497 infermieri cubani. A seguire, il Lazio ha cercato personale in Messico e Argentina; la Lombardia, con Guido Bertolaso, ha puntato su Paraguay; la Sicilia, infine, ha spaziato dal Sud America all’Ucraina, fino a Libia e Guinea.

Oggi in Italia lavorano circa 23mila infermieri stranieri, il 5,5% del totale. Di questi, 15.674 provengono da Paesi Ue e 9.456 da Stati extraeuropei. A loro si aggiungono circa 13mila sanitari arrivati durante l’emergenza Covid e la crisi ucraina. La maggior parte si concentra in Lombardia, Lazio, Piemonte, Emilia-Romagna e Veneto.

Il paradosso italiano: tanti partono, tanti arrivano

Tuttavia, mentre il sistema sanitario italiano importa infermieri, molti professionisti italiani fanno il percorso inverso: oltre 10mila lavorano oggi nel Regno Unito, 2.700 in Germania, 2.342 in Svizzera, 1.175 in Belgio. Il motivo? Retribuzioni nettamente superiori. Antonio Torella, infermiere rientrato in Italia per lavorare in una Casa di Comunità, racconta: «Appena tornato, mi hanno sommerso di offerte dal Regno Unito: 1.600 euro a settimana, quando in Italia si guadagna la stessa cifra in un mese».

Le mosse future

In Piemonte, l’assessore Riboldi annuncia l’introduzione di borse di studio per rendere più attrattiva la professione e attrarre infermieri da Paesi italofoni. Il piano prevede anche selezioni rigorose, con verifiche di competenze e conoscenza della lingua italiana.

Ma il tempo stringe: a fine anno scadrà la norma che semplifica le assunzioni di personale sanitario extra Ue e il previsto accordo Stato-Regioni, che avrebbe dovuto creare una commissione dedicata alla verifica delle qualifiche, è ancora fermo. Senza un cambio di rotta rapido e deciso, la corsa agli infermieri rischia di diventare una battaglia persa, a scapito della qualità dell’assistenza ai pazienti.

 

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