Diritto

Introdotta la presunzione di innocenza: fine del processo mediatico?

C’è voluta una espressa previsione legislativa per certificare e tutelare il diritto di ciascuno a essere trattato come innocente fino al momento in cui una sentenza definitiva ne accerti la colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio.
In realtà, quello espresso è un principio di civiltà giuridica, contenuto con toni diversi nell’art. 27 della Costituzione laddove si afferma che “l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”.

In particolare, con il decreto legislativo attuativo della direttiva Ue 2016/343 disciplinato in modo più puntuale il rapporto tra Stampa e Uffici di Procura e viene preteso da tutti gli attori del procedimento penale e della sua divulgazione un linguaggio più cauto e ponderato affinché la persona accusata non sia erroneamente considerata colpevole.

L’idea di fondo è quella di contenere i toni della cronaca giudiziaria nella speranza che il comune cittadino possa finalmente saggiare la differenza tra indagato e imputato, sentenza provvisoria e definitiva, misura cautelare e sanzione penale.

Ma siamo sicuri che quanto previsto basterà a interrompere lo show mediatico che si attiva con ricorrenza ciclica dinanzi alle più rilevanti inchieste giudiziarie?

Per rispondere, proviamo a fare un passo indietro e a investigare le cause del successo del processo mediatico.

La massiccia proliferazione di programmi, approfondimenti, speciali, editoriali riguardanti aggiornamenti, testimonianze e approfondimenti relativi a casi giudiziari non può infatti giustificarsi con la sola “attrazione per il macabro”.

L’anticipazione mediatica della vicenda processuale, infatti, sopperisce, in un certo senso, alla cronica inefficienza del sistema-giustizia, che non riesce sempre a ricucire in tempi certi la ‘ferita’ sociale lasciata dall’avvenimento delittuoso. In questi termini, l’avatar mediatico del processo penale risulta particolarmente efficace: è imbastito già durante le indagini per rispondere immediatamente alla domanda di sicurezza dello spettatore, il quale non può (né probabilmente vuole) attendere i tempi lunghi del giudizio per sapere se la persona coinvolta sia colpevole o innocente; è democratico nella misura in cui ospita opinioni calibrate su tesi innocentiste e colpevoliste; è partecipativo in quanto rende il pubblico attore della decisione mass-mediatica, così che ciascuno potrà emettere il proprio verdetto dopo aver ascoltato le diverse opinioni.

Tuttavia, il successo del processo mediatico porta con sé un insidioso cortocircuito culturale. Se infatti il giudizio popolare si forma ben prima che il giudice si sia pronunciato nel merito, può accadere che la decisione ‘ufficiale’ venga accolta con disattenzione (“abbiamo già risolto la vicenda”) o, nella peggiore delle ipotesi, con scetticismo laddove non conforme al giudizio maturato dallo spettatore. In altre parole, si è diffuso un pericoloso sentiment di prevalenza o equivalenza del giudizio massmediatico, pur privo di tecnicità e competenza, rispetto a quello dell’organo giudicante, che rende ancor meno comprensibili al comune cittadino le dinamiche del procedimento penale e le ragioni del provvedimento giurisdizionale.

Così, la stagione mediatica delle inchieste ha profondamente mutato la percezione, le aspettative e dunque i giudizi del popolo sul funzionamento della macchina giudiziaria.
Tale per cui potrebbe non bastare la continenza espressiva a spegnere il fuoco del pregiudizio, il quale continuerebbe ad essere alimentato dalla ‘sete’ di risposte in tempi che il processo penale non può ancora garantire.

Sarebbe allora opportuno scommettere sulla formazione dei destinatari delle notizie di cronaca giudiziaria, rendendoli consapevoli del funzionamento della giustizia, dei relativi tempi e delle diverse fasi, così da attenuare il rischio di opinioni affrettate e infondate. Ovviamente, anche i tempi di definizione del processo vanno resi maggiormente ragionevoli e prevedibili, così da offrire per tempo al cittadino la risposta ufficiale, unica cui ancorare le legittime speranze di Giustizia

Diversamente, il fraintendimento nazional-popolare sullo status giuridico della persona sottoposta ad indagine o imputata troverò nuove e forse più insidiose forme di manifestazione.


a cura dell’avvocato Fabio Coppola