Pensioni, nuove restrizioni sulle invalidità per i dipendenti pubblici: stop dell’uscita automatica. La modifica introdotta nel decreto sulla Pubblica Amministrazione riguarderà esclusivamente i nuovi assunti. Ecco cosa cambia.
Pensioni, nuove restrizioni sulle invalidità per i dipendenti pubblici
La motivazione è quella di “uniformare” le normative per i dipendenti pubblici a quelle dei lavoratori privati. L’impatto pratico sarà la chiusura, in futuro, di una potenziale opzione di pensionamento anticipato per i dipendenti statali. Procediamo con ordine. A distanza di circa dieci giorni dalla sua approvazione in consiglio dei ministri, il decreto sulla Pubblica Amministrazione è finalmente stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Il testo finale ha subito poche modifiche, ma le relazioni allegate hanno chiarito alcune disposizioni il cui significato non era immediatamente evidente. Tra queste, l’articolo 16, che tratta della «razionalizzazione della normativa riguardante l’inabilità e l’inidoneità al lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni».
Pubblici dipendenti, restrizioni sulle invalidità
La relazione tecnica chiarisce bene la questione. «Un dipendente pubblico con patologie invalidanti», si legge, «può richiedere di essere esonerato dal servizio e di essere collocato in pensione se la sua condizione non permette la continuazione del rapporto di lavoro. A differenza dei dipendenti del settore privato», prosegue il documento, «non è previsto l’assegno ordinario di invalidità, che consente di continuare a lavorare in base alla capacità residua, permettendo una parziale cumulabilità della pensione con il reddito da lavoro dipendente».
Attualmente, la situazione è la seguente: un dipendente pubblico può essere dichiarato inabile a svolgere una determinata mansione o a lavorare. Nel primo scenario, l’amministrazione ha la possibilità di ricollocarlo in un altro ruolo. Tuttavia, se il dipendente non accetta questa soluzione e ha accumulato almeno 15 anni di servizio, ha la facoltà di richiedere la dispensa dal lavoro e presentare domanda di pensione per inabilità all’Inpdap. Il secondo scenario riguarda l’inabilità continuativa e permanente a svolgere un “proficuo lavoro”. Anche in questo caso, è possibile richiedere la dispensa e ottenere la pensione dall’Inpdap, che ora è stato integrato nell’Inps. In entrambi i casi, i criteri per il calcolo dell’assegno previdenziale sono identici a quelli della pensione ordinaria. Inoltre, il pensionamento non impedisce all’invalido di continuare a lavorare, sebbene ci siano dei limiti.
Qual è la differenza per i lavoratori del settore privato? Ai dipendenti privati con un’invalidità superiore al 67% può essere erogato, su richiesta, un assegno ordinario di invalidità. L’importo viene calcolato secondo il sistema misto o contributivo e ha una validità di tre anni, dopo i quali deve essere rinnovato. Per coloro che scelgono di continuare a lavorare, è previsto un abbattimento dell’importo se il reddito supera quattro volte il trattamento minimo annuo, e del 50% se supera cinque volte.
Il cambiamento
Non si tratta, dunque, di una differenza trascurabile. Come già accennato, la norma prevista nel decreto sulla Pubblica Amministrazione non si applicherà ai dipendenti attualmente in servizio. Essa entrerà in vigore, a meno di modifiche durante il percorso parlamentare, solo per i nuovi assunti. Il provvedimento specifica che tra i destinatari della proposta normativa rientrano anche i dipendenti di enti privi di natura giuridica pubblica, ma iscritti a forme di previdenza esclusive dell’assicurazione generale obbligatoria (come i dipendenti iscritti al Fondo speciale Ferrovie e alla Gestione speciale di previdenza per il personale delle Poste italiane). La relazione tecnica chiarisce che questa disposizione potrebbe avere effetti positivi sulla finanza pubblica; tuttavia, data l’impossibilità di effettuare una valutazione ex-ante, si può ritenere, in via prudenziale, che l’introduzione della nuova normativa non comporti nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.