Cronaca

L’Italia invecchia e perde forza lavoro: i giovani under 35 occupati calano di 2,3 mln in vent’anni

Istat, a luglio cresce l’occupazione ma non per i giovani tra i 25 e 34 anni
Istat, a luglio cresce l’occupazione ma non per i giovani tra i 25 e 34 anni
Istat, a luglio cresce l’occupazione ma non per i giovani tra i 25 e 34 anni

L’Italia sta affrontando una crescente crisi demografica, con l’invecchiamento della popolazione e la riduzione della forza lavoro attiva. Negli ultimi anni gli occupati under 35 sono diminuiti di 2,3 mln, un dato che per il nuovo rapporto CNEL “impone urgenti politiche di sviluppo e inclusione”.

L’Italia perde forza lavoro: i giovani under 35 occupati calano di 2,3 mln in vent’anni

L’Italia si trova ad affrontare una sfida che potrebbe compromettere la sua capacità di crescita economica e di sostenibilità sociale: l’invecchiamento demografico e la conseguente contrazione della forza lavoro attiva. In questo contesto, il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL) ha recentemente approvato un rapporto intitolato “Demografia e forza lavoro”, redatto dal consigliere Alessandro Rosina, che evidenzia i gravi squilibri demografici in corso e le azioni necessarie per fronteggiarli.

Rosina è fermamente convinto che il percorso per garantire benessere e sviluppo all’Italia debba necessariamente passare dal rafforzamento dell’attrattività e della valorizzazione del capitale umano. La qualità della formazione, l’efficacia dei servizi per facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, e la possibilità di conciliare lavoro e vita privata sono diventati obiettivi cruciali per le politiche di crescita. Solo attraverso questi interventi, sostiene Rosina, si potrà costruire un futuro solido per il Paese. Un futuro che, secondo il rapporto, oggi si fonda su basi fragili, minacciate dalla combinazione di una popolazione sempre più anziana e una forza lavoro sempre più ridotta.

L’Italia ed il peso degli anziani

Il documento del CNEL sottolinea che l’Italia sta vivendo una transizione demografica che, se non affrontata con politiche adeguate, avrà ripercussioni drammatiche sull’economia. Da un lato, cresce notevolmente la popolazione anziana, con un aumento dei cittadini oltre i 65 anni, i cosiddetti “inattivi”. Dall’altro, la componente più giovane e produttiva della popolazione è in continua diminuzione. Il rapporto evidenzia che l’indice di dipendenza degli anziani, che misura il rapporto tra persone di età superiore ai 65 anni e la popolazione tra i 20 e i 64 anni, ha superato il 40% in Italia, un dato che è circa 14 punti percentuali superiore alla media dell’Unione Europea. Questo implica che per ogni lavoratore ci sono sempre più anziani da sostenere, con un impatto diretto sulla produttività e sulla sostenibilità del sistema di welfare.

Il problema, però, non risiede solo nell’aumento del numero degli anziani, ma anche nella riduzione della forza lavoro attiva. L’indice di dipendenza economica, che misura il numero di pensionati rispetto agli occupati tra i 20 e i 64 anni, ha oltrepassato il 60%, ben al di sopra della media europea. La causa principale di questa situazione è legata a una combinazione di fattori, tra cui l’aumento della longevità, ma soprattutto il calo della popolazione in età lavorativa, che da anni è in costante diminuzione.

La drammatica riduzione della fascia centrale della forza lavoro

Un aspetto particolarmente preoccupante riguarda la fascia di età compresa tra i 35 e i 49 anni, che storicamente rappresenta il cuore della vita lavorativa. La popolazione maschile di questa fascia è passata da oltre 7 milioni nel 2014 a meno di 5,7 milioni nel 2024, con una diminuzione costante e inevitabile prevista nei prossimi decenni. Nonostante il tasso di occupazione di questa fascia di età rimanga elevato, attorno all’85%, il calo di questa componente demografica costituisce un grave danno per l’economia italiana. Gli uomini tra i 35 e i 49 anni, infatti, sono il motore principale della crescita economica del paese, in quanto contribuiscono in modo rilevante al PIL e alle entrate fiscali. Se questa fascia continuerà a ridursi, l’Italia potrebbe trovarsi in una posizione di svantaggio competitivo rispetto agli altri paesi europei.

I dati

Un altro dato allarmante riguarda la diminuzione dell’occupazione giovanile e femminile. Osservando gli ultimi vent’anni, si nota un netto calo del numero di giovani tra i 25 e i 34 anni. Questa fascia di popolazione è passata da oltre 8,5 milioni nel 2004 a circa 6,2 milioni nel 2024. Allo stesso tempo, gli occupati in questa fascia sono scesi da 6 milioni a circa 4,2 milioni, con un tasso di occupazione che resta significativamente inferiore alla media europea. In particolare, il tasso di occupazione tra i giovani di 15-24 anni è sceso dal 27% nel 2004 al 20% nel 2023, mentre nella fascia 25-34 anni è diminuito dal 70% al 68%.

A complicare ulteriormente la situazione è il preoccupante dato sull’occupazione femminile. Le donne italiane, soprattutto quelle nella fascia 35-49 anni, sono tra le più penalizzate dalla scarsità di opportunità nel mercato del lavoro. Con un tasso di occupazione femminile in questa fascia che si attesta al 65%, l’Italia è lontana dai livelli medi europei, che sono circa 13 punti percentuali più alti. Se non si interviene, il rischio è che la forza lavoro non venga riequilibrata, con un progressivo invecchiamento della componente attiva, a scapito di quella giovane e femminile.

Le soluzioni per contrastare il declino: una simulazione ottimistica

Nel suo rapporto, il CNEL presenta anche una simulazione su come l’Italia potrebbe contrastare la riduzione della forza lavoro nei prossimi decenni, qualora venissero adottate politiche di sviluppo mirate. L’ipotesi di partenza è che, nei prossimi 15 anni, l’Italia possa raggiungere le previsioni più ottimistiche riguardanti la natalità e i flussi migratori. Se il numero medio di figli per donna risalisse a circa 1,5 (livello medio europeo) e il saldo migratorio con l’estero si stabilizzasse a 240.000 unità, e se l’occupazione giovanile e quella femminile adulta raggiungessero i livelli medi europei, si potrebbero recuperare circa 1,3 milioni di occupati sotto i 35 anni e mantenere stabile l’occupazione femminile nella fascia 35-54 anni, che altrimenti subirebbe una riduzione di circa un milione di unità.

Il rapporto del CNEL sottolinea che per ottenere questi risultati non sono sufficienti politiche pubbliche più incisive, ma è necessario un cambiamento profondo nella cultura del lavoro. Le aziende italiane devono superare il modello tradizionale, che pone al centro la figura dell’uomo adulto, e iniziare a valorizzare tutte le componenti della forza lavoro, in particolare i giovani, le donne e le persone immigrate. Ciò implica promuovere una maggiore inclusione e valorizzazione di queste categorie, non solo per ragioni etiche, ma anche per motivi di efficienza economica.

Inoltre, è cruciale adottare politiche che favoriscano una lunga carriera lavorativa, incentivando la partecipazione degli over 50 al mercato del lavoro. Paradossalmente, l’Italia oggi ha maggiori opportunità di crescita rispetto agli altri paesi europei proprio perché ha finora sottoutilizzato queste categorie. Investire in questi settori, combinando politiche attive e l’impiego delle nuove tecnologie, potrebbe rappresentare la chiave per sostenere l’economia italiana nei prossimi decenni.

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