Almanacco

Ricordiamo Joe Petrosino, il poliziotto originario di Padula che lotto contro la Mafia

Giuseppe Petrosino, soprannominato Joe negli Stati Uniti, era un poliziotto originario di Padula (in prov. di Salerno) naturalizzato statunitense. Grazie alla sua dedizione e perseveranza era riuscito ad arrivare ai piani alti del dipartimento delle forze dell’ordine: da poliziotto a investigatore privato.

Era il 12 marzo del 1909 quando, in un venerdì qualunque, Joe Petrosino lasciava l’hotel de France, luogo in cui alloggiava a Palermo, e dal quale non sarebbe mai più ritornato.

Joe Petrosino e la lotta al racket

Abile nel camuffarsi, grazie all’ottima conoscenza del dialetto, si infiltrò successivamente nella criminalitàitalo-americana: attraverso una pista, che avrebbe dovuto portarlo ad infliggere un decisivo colpo alla Mano Nera (Mafia), Petrosino era giunto in Sicilia.

Con l’approvazione delle più alte autorità politiche, arrivò in gran segreto nell’isola, ma pochi giorni dopo la notizia fu diffusa dal New York Erald, rendendo la missione senza quella riservatezza voluta da Petrosino.

Ciononostante partì ugualmente, ignaro dei pericoli che questa azione avrebbe comportato: la Sicilia non era così sicura, nemmeno per un tenente come lui.

La tragica morte di un martire

Erano le 20.30 quando, uscito dall’hotel in cui alloggiava, mentre stava percorrendo la zona di Piazza Marina,  spuntarono due sicari da un vicolo che gli scaricarono dei colpi di pistola e fuggirono.
Inutile furono i soccorsi sopraggiunti, Petrosino era stato raggiunto da quattro pallottole: una al collo, due alle spalle, e una quarta, mortale, alla testa.
Furono proprio queste le parole del console statunitense al suo governo:
“Petrosino ucciso a revolverate nel centro della città questa sera. Gli assassini sconosciuti. Muore un martire.”
Il governo mise subito a disposizione la somma di 10.000 lire, corrispondenti a quasi 40.000 euro attuali, per chi avesse fornito elementi utili a scoprire i suoi assassini. Ma la paura della mafia fu più forte dell’attrazione esercitata da quell’elevata offerta di denaro.

Furono circa 250.000 le persone che parteciparono al suo funerale a New York.


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Le ipotesi dell’assassinio

Per più di un secolo furono tante le ipotesi fatte, fu Vito Cascio Ferro o Giuseppe “Piddu” Morello?

Cascio Ferro era un mafioso di Bisacquino, anche lui emigrato per un certo periodo in America, il cui nome era stato appuntato dallo stesso Petrosino nella sua lista di criminali da tenere sotto controllo.


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       Vito Cascio Ferro

Giuseppe “Piddu” Morello, invece, faceva parte della Mano Nera newyorkese, ed era implicato nel Delitto del Barile del 1903; caso risolto egregiamente dal tenente Petrosino.


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  Giuseppe “Piddu” Morello

Tra i due, colui che venne sospettato fu Cascio Ferro, ad incriminarlo fu la foto di Petrosino ritrovata nella sua tasca. Cascio Ferro, però, aveva un alibi perfetto: durante la sera del 12 marzo era stato a cena con il deputato Domenico De Michele Ferrandelli, e anche quest’ultimo, confermò tale ipotesi.

Più di cent’anni dopo, il 23 giugno 2014, tramite un’intercettazione dell’Operazione Apocalisse, fu svelato il sicario e il vero mandante dell’omicidio di Joe Petrosino.

Il mafioso Domenico Palazzotto era ascoltato dalla Guardia di Finanza mentre diceva:

“Lo zio di mio padre si chiamava Paolo Palazzotto, ha fatto l’omicidio del primo poliziotto ucciso a Palermo. Lo ha ammazzato lui Joe Petrosino, per conto di Cascio Ferro.”


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Il sicario Paolo Palazzotto

Le dichiarazioni di Nino Melito, pronipote di Petrosino, dopo tale scoperta, furono:

“Ancora una volta ha trionfato la giustizia, grazie all’impegno delle forze dell’ordine che sono riuscite a scoprire la verità sull’uccisione di Joe Petrosino. Non posso che ringraziare le forze dell’ordine per l’impegno profuso nello smascherare, a distanza di un secolo, chi uccise mio zio.” 

Un finale, ammesso che possa essere tale, che pare rendere giustizia alla leggenda di Joe Petrosino.

 

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