Jurij Alekseevič Gagarin è stato un cosmonauta, aviatore e politico sovietico, il primo uomo a volare nello spazio, portando a termine con successo la propria missione il 12 aprile 1961 a bordo della Vostok 1. La storica impresa era stata un’incursione nello Spazio di appena 108 minuti: poco meno di due ore che ebbero però un grande significato politico (in piena Guerra Fredda).
27 marzo 1968: muore Jurij Gagarin, il primo uomo nello spazio
Nato il 9 marzo 1934 nel villaggio rurale di Klushino (a circa 200 chilometri a ovest di Mosca, in una fattoria collettiva) l’istruzione di Jurij Gagarin fu bruscamente interrotta dalla guerra, nel 1941, quando la famiglia fu costretta a fuggire.
Gagarin mostrò fin dall’infanzia una passione sfrenata per gli aerei e – all’età di 20 – anni si iscrisse a una scuola di volo: il brevetto gli permise poi di accedere all’aeronautica sovietica per diventare un pilota militare.
Nell’aeronautica militare
All’aeronautica Gagarin prestò servizio come volontario nel 1959, insieme ad altri 19 piloti, per addestrarsi a pilotare un non meglio specificato “nuovo tipo di apparato”, che si rivelò poi essere una navicella spaziale.
Il gruppo fu ridotto a sei e infine, nell’aprile del 1961, fu scelto per la prima missione con equipaggio nello Spazio, cosa che gli fu comunicata solo pochi giorni prima del lancio. A quel punto Gagarin aveva 27 anni, era sposato con un’infermiera e aveva due figlie.
L’impresa
Il 12 aprile 1961 alle 9:07 ora di Mosca, Gagarin pronunciò il suo famoso “poyekhali!” (andiamo!) e il vettore Semyorka partì per lanciare in orbita bassa la minuscola e claustrofobica Vostok 1 e Gagarin stesso.
Dopo pochi minuti, alle 9:12 (quasi al limite dell’atmosfera) le prime parole pronunciate così lontano dalla superficie, sono le seguenti: «Vedo la Terra… è magnifica!» una frase che si è ritagliata un posto nella storia.
Atterraggio con paracadute
In seguito aveva effettuato un volo di 108 minuti che prevedeva una singola orbita del pianeta Gagarin rientrò a Terra, ma non all’interno della navicella: con un paracadute, dopo essere stato espulso a circa 7mila metri di quota. Questo particolare venne tenuto segreto per diversi anni, in quanto poteva causare problemi correlati all’omologazione.
Due giorni dopo era accolto da eroe a Mosca. Il regime sovietico organizzò per lui diversi tour per il mondo, in “missioni di pace” e propaganda, e fu ricevuto dai leader del mondo di allora, dalla regina Elisabetta II a Fidel Castro.
La popolarità
Da quel periodo gli venne negato di ritornare nello spazio, nonostante questo fosse il suo desiderio: era diventato un simbolo troppo prezioso per i sovietici e sarebbe stato un azzardo fargli rischiare la vita in missioni pericolose, così la sua carriera di cosmonauta e di pilota si interruppe.
Dopo anni di ricevimenti, festeggiamenti pubblici ed eccessi, Gagarin si rimise in forma e tornò a chiedere insistentemente alle autorità di poter riprendere almeno a pilotare aerei. Nel 1968 gli venne revocato il divieto di volo e fu riqualificato come pilota di jet.
L’ultimo volo
Il 27 marzo 1968, accadde un l’inevitabile: durante una missione di addestramento, il suo MiG entrò in avvitamento ad alta velocità e si schiantò al suolo.
Le circostanze dell’incidente vennero insabbiate e l’indagine divenne un segreto di Stato, alimentando così anche varie dietrologie antisovietiche.
Cinquant’anni dopo
Dai documenti declassificati cinquant’anni dopo emerge una sorta di banalità dell’evento (anche se non le cause precise): forse una brusca manovra per evitare un pallone meteorologico, forse l’effetto di turbolenza provocato dalla scia un altro aereo molto più grande.
Tra le tante voci e le varie teorie, c’è anche quella correlata ad una seconda missione nello spazio assegnata a questo leggendario pilota.