Inchiesta

Laurearsi velocemente è importante: non tutti studiano nelle stesse condizioni

Laurearsi velocemente è davvero importante? Nei giorni scorsi hanno guadagnato le ribalta nazionale le storie di due giovani italiani i quali hanno conseguito la laurea in Giurisprudenza in tempi da record. Lo studente romano Francesco Di Carlo si è laureato a 22 anni, completando il percorso di studi che dura un quinquennio in poco più di tre anni.
La siciliana Federica Lorenzetti ha raggiunto il medesimo traguardo all’età di 21 anni, stabilendo un nuovo primato. Due storie di impegno e fatica (entrambi si sono laureati con 110 e lode) ma che deve aprire una seria riflessione.

Laurearsi velocemente è davvero importante?

Impossibile non elogiare questi due ragazzi e i tanti altri che ogni anno conseguono la laurea rispettando i tempi o addirittura anticipandoli. Un giusto premio dopo giorni, settimane, mesi ed anni di sacrifici. Traguardi che però non devono distogliere l’attenzione da un principio fondamentale. Studiare non deve rappresentare una gara, una competizione.

Lo studente non dovrebbe essere un atleta costretto a raggiungere determinati risultati per accedere ad una competizione o per conquistare una medaglia. Certo, palesare impegno costante nello studio può certamente aiutare nel mondo del lavoro, ma spesso non tutti si trovano a vivere il mondo dello studio (universitario e non solo) nelle medesime condizioni.

Le condizioni che portano a bloccare uno studente

C’è chi si ritrova a studiare in ambienti non favorevoli, o chi deve fare i conti col doppio impegno, ovvero quello accademico e quello lavorativo. E poi c’è chi nel frattempo si è creato una famiglia, è diventato indipendente, o chi magari deve accudire parenti in difficoltà. E ancora chi ha un blocco psicologico o difficoltà di adattamento. Insomma, nessuno vive situazioni uguali all’altro e nessuno deve sentirsi obbligato a “correre” da un sistema che a volte sembra premiare più la velocità che il merito e l’impegno.