Lenin (pseudonimo di Vladimir Il’ič Ul’janov) è stato un rivoluzionario, politico e politologo russo, poi sovietico, talvolta menzionato come Vladimir Lenin o come Nikolaj Lenin.
21 gennaio 1924: muore Lenin, rivoluzionario sovietico
Lenin (pseudonimo di Vladimir Il’ič Ul’janov) nasce a Simbirsk il 22 aprile del 1870. Gli anni di studio e di adolescenza coincisero con uno dei periodi più travagliati della storia sociale e politica della Russia, con il governo zarista che, dopo l’uccisione dello zar Alessandro II nel 1881 da parte dei populisti, si affretta ad annullare quelle limitate riforme che erano state introdotte durante il decennio precedente.
Studi e ascesa in politica
Studia giurisprudenza presso la facoltà di Kazan’, ma dopo poco tempo viene espulso dall’università a causa di manifestazioni studentesche; decide allora di continuare i suoi studi a San Pietroburgo, dove, nel 1883, fonda il primo nucleo operaio russo.
Si avvicina allo studio del marxismo, e in particolare al “Capitale” di Marx, poi nel 1893 si trasferisce a Pietroburgo entrando in contatto con il movimento fondato da Plechanov, “Emancipazione nel lavoro”. Movimento che confluisce nel 1898 al Congresso di Minsk, nel partito operaio socialdemocratico di Russia (POSDR). Lenin sempre sotto stretta sorveglianza politica, viene alla fine arrestato e condannato a tre anni con la deportazione in Siberia.
La nascita del bolscevismo
È qui che nel 1899, porta a compimento il suo primo saggio: “Lo sviluppo del capitalismo in Russia”, che rappresenta l’ennesima polemica contro i populisti, iniziata nel 1894 con l’articolo “Gli amici del Popolo e come lottano contro i socialdemocratici”.
Il nocciolo della questione era che i populisti ritenevano che la Russia sarebbe passata dal feudalesimo al socialismo (senza in pratica attraversare la fase dello sviluppo capitalistico), mentre Lenin era del parere che l’agricoltura russa fosse di fatto già entrata nella fase del suo sviluppo capitalistico. Senza contare che per Lenin la Russia faceva parte dell’Europa (contrariamente a quanto pensavano altri intellettuali), ed era quindi sottilmente intrisa di capitalismo.
Questo, in altri termini, significava che fosse già presente nel tessuto sociale quella classe operaia indispensabile per guidare la rivoluzione, spinta che non sarebbe mai potuta venire, a detta del teorico russo, dalla sola classe contadina, esaltata da larghe frange rivoluzionarie. Gli operai, insomma, sono per Lenin indispensabili per scatenare una reazione al capitalismo, soprattutto attraverso un lavoro effettuato da intellettuali “organici” che fossero in grado di rendere consapevole questa classe circa le sue reali condizioni di sfruttamento. È questa, in sostanza, l’opzione rivoluzionaria che prenderà il nome di “bolscevismo”.
Al successivo congresso del partito socialdemocratico russo, tenutosi a Londra nel 1903, il partito si spaccò in due fazioni; quella maggioritaria (bolscevica) capeggiata da Lenin e quella minoritaria (menscevica) capeggiata da Plechanov e altri.
Svizzera e Rivoluzione de 1905
Intanto, nel 1901, Lenin emigra in Svizzera, dove fonda un periodico intitolato “Iskra” (“La scintilla”): lo scopo è quello di guidare e organizzare all’estero le lotte e le agitazioni degli operai russi. Lenin intendeva creare l’organizzazione del partito con una struttura fortemente centralizzata alla quale dovevano essere ammessi solo i “rivoluzionari di professione” e non le masse popolari. La divisione interna si approfondì in occasione della rivoluzione del 1905, scoppiata a seguito alla sconfitta inflitta dai Giapponesi ai Russi.
I menscevichi intendevano lasciare la guida della rivoluzione alle forze della borghesia liberale russa, mentre Lenin pur riconoscendo il carattere democratico-borghese della rivoluzione, sosteneva che essa dovesse essere capeggiata dalla classe operaia e dai contadini, giudicando che la borghesia russa, per la sua debolezza, sarebbe stata incapace di portare la rivoluzione sino all’abbattimento dello zarismo e avrebbe sempre ripiegato su un compromesso con la monarchia e con l’aristocrazia terriera.
Dopo il fallimento della rivoluzione del 1905 (conclusasi in un bagno di sangue), le polemiche fra bolscevichi e menscevichi si inasprirono sempre di più, con questi ultimi sempre più propensi ad identificarsi ed aderire ai movimenti di “revisione” del marxismo rivoluzionario. La rottura definitiva giunge a compimento nella II Internazionale, in concomitanza con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale.
Lenin, infatti, punta a trasformare quella che interpreta come “guerra imperialista” in una “guerra civile”, vedendo in questo uno degli aspetti positivi della guerra in sè e per sè. In buona sostanza insomma, per Lenin quella poteva essere un’occasione propizia per mettere finalmente in pratica le sue idee rivoluzionarie, cercando di trasformare la guerra in rivoluzione. I moti russi del 1917 possono considerarsi il successo annunciato di questa precisa prospettiva.
Il primo governo sovietico
Ad ogni modo, quando scoppia la Rivoluzione in Russia, nel febbraio del 1917 appunto, Lenin era ancora esule in Svizzera. Rientrato a Pietroburgo traccia il programma per l’abbattimento del governo liberal-democratico nel frattempo salito al potere e per il passaggio della rivoluzione alla sua fase socialista. Nei successivi mesi compone la famosa opera “Stato e Rivoluzione”, poi guida l’insurrezione di Ottobre che si conclude con la formazione del primo governo sovietico da lui capeggiato.
Contrasti con Stalin e morte
Gli anni successivi sono quelli della costruzione del nuovo stato comunista e dei forti contrasti con Stalin, che Lenin non può più avversare ma di cui ha già presagito la pericolosità (celebre è lo scritto “Quello Stalin è pericoloso”). Gravemente ammalato muore Gorki il 21 gennaio del 1924, all’età di 54 anni.