Site icon Occhio Notizie

L’ultimo messaggio di Leonardo, il 15enne morto suicida a Senigallia: “Non ce la faccio più, l’ho spiegato al prof ma lui non mi ascolta”

Leonardo Calcina morto suicida Senigallia messaggi

Leonardo Calcina

“Mamma, ho parlato col prof di sostegno gli ho detto che voglio andare via dalla scuola” questi gli ultimi messaggi che Leonardo Calcina, il 15enne morto suicida a Senigallia, ha inviato alla madre: “mi trovo male”, “Non ce la faccio più, l’ho spiegato al prof” ma “lui non fa nulla, non mi ascolta, ha detto che la scuola fino a 16 anni è obbligatoria”. 

Sono sette in totale i messaggi – riportati da Il Corriere della Sera – che Leonardo invia alla madre mercoledì 9 ottobre. Si tratta del suo ultimo grido d’aiuto prima di togliersi la vita, quattro giorni dopo, sparandosi con la pistola d’ordinanza del padre Francesco, vigile urbano.

Leonardo Calcina morto suicida a Senigallia: gli ultimi messaggi

Il 15enne, che frequentava l’istituto turistico alberghiero «Panzini» di Senigallia, da diverso tempo subiva, quotidianamente, molestie e pesanti atti di bullismo da tre compagni di classe, due ragazzi e una ragazza. Come sostenuto dai genitori, il ragazzino si sarebbe tolto la vita a causa del bullismo subito da questi tre compagni di classe. Inoltre, i genitori aggiungono che quando è successa la tragedia nessuno dei compagni di classe ha telefonato per fare loro le condoglianze.

La denuncia sporta dal padre: “La scuola sapeva tutto”

Il padre Francesco, dopo il ritrovamento del corpo senza vita di Leonardo, sporge una denuncia ai carabinieri mettendo nero su bianco i gravi atti di bullismo che il figlio subiva. “Nostro figlio diceva a sua madre che i professori non riprendevano in classe questi alunni che offendevano lui o altri, ma talvolta facevano come finta di non accorgersi di nulla” spiega l’uomo in fase di denuncia.

La mamma tramite l’avvocata Pia Perricci, aggiunge che il prof di sostegno (quello citato nei drammatici WhatsApp ricevuti dal figlio i giorni prima della tragedia), pur dopo aver parlato con l’alunno non l’ha mai chiamata, almeno per segnalarle il disagio del figlio“Sempre lo stesso gruppetto di compagni era solito toccarlo, strizzargli i capezzoli in palestra, dargli botte nelle sue parti intime, manate che se anche non date con forza elevata il dolore si sente comunque”, conclude il padre, che notava da tempo il cambiamento d’umore del ragazzo.

“Leonardo — continua papà Francesco nella denuncia — non aveva atteggiamenti omosessuali e dal nostro punto di vista era un ragazzo eterosessuale, ma anche se così non fosse stato sia chiaro che per noi non ci sarebbero stati problemi”. Dunque, in casa il 15enne non subiva pressioni, mentre in classe qui tre compagni “cantilenavano il suo cognome con modalità femminili al punto da costringerlo talvolta a indossare gli auricolari per non sentirli”. 

 

Exit mobile version