A due bambini, residenti nella regione Lombardia, è stata diagnosticata l’epatite acuta, la malattia sconosciuta che ha allarmato la comunità scientifica. Un bambino di 11 anni è stato sottoposto a un trapianto del fegato. Si tratta di uno dei due piccoli pazienti, l’altro è una bambina di sei anni, ricoverati per una epatite acuta di origine sconosciuta all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Non sarebbero in pericolo di vita e i casi non sono collegati tra di loro: i due bambini infatti vivono in due province diverse della regione. L’assessore al Welfare precisa che “non c’è motivo di allarme. I pazienti stanno bene, sono due casi segnalati dal primo gennaio“. Intanto Regione Lombardia ha programmato una riunione per martedì 26 aprile con tutti i direttori degli ospedali e quelli dei direttori delle Agenzie territorio della salute. Saranno presente anche medici specializzati in malattie infettive e medici di base e di famiglia.
Lombardia, due bambini ricoverati per epatite acuta
I piccoli ricoverati a Bergamo non sono gli unici in Italia. Al 22 aprile le segnalazioni sono 11, ma solo per due di questi è stata confermata l’epatite acuta di eziologia ignota. Per altri sono “possibili” o “sospetti”. I casi lombardi infatti arrivano a poche ore di distanza dalla notizia del piccolo bimbo di Prato ricoverato all’ospedale Meyer di Firenze e poi al Bambino Gesù di Roma. Anche lui presenta la stessa patologia: al momento il bimbo è stabile e costantemente monitorato. Dall’ospedale romano fanno sapere che “l’episodio di epatite acuta resta quindi ancora di natura da definire, come ne capitano diversi ogni anno“. Dallo Spallanzani precisano che, nonostante non se ne conosca la natura, questa tipologia di infiammazione al fegato non deve essere “fonte di allarmismo“.
Crisanti: prematuro esprimersi
Il virologo Andrea Crisanti ha dichiarato che “è molto prematuro esprimersi” sulle epatiti acute di origine sconosciuta nei bambini, su cui stanno indagando le autorità sanitarie in Europa e Usa dopo diversi picchi di segnalazioni. Secondo il virologo, la soluzione è da cercare “indagando su una possibile ragione immunitaria”, qualcosa che ha a che fare con l’immunità dei bambini.