Un nuovo studio determina i sintomi a lungo termine del Covid-19: sembra che, tra coloro che hanno contratto il virus prima di essere stati vaccinati, le probabilità di sviluppare il Long-Covid siano nettamente più alte.
Long Covid, il nuovo studio sui sintomi a lungo termine
Dopo 4 anni dall’inizio della pandemia sempre che il Covid non sia ancora un problema risolto a causa di un recente nuovo picco in Italia. Un recente studio condotto dai ricercatori delle università dell’Arizona, di Oxford e di Leeds ha messo in luce i molteplici aspetti del Long-Covid, l’insieme di sintomatologie che spesso viene sviluppata e mantenuta a lungo dopo la fine della sintomatologia acuta del Covid.
Il Long-Covid, o condizione post-Covid-19, viene definito come la presenza di sintomi che persistono per tre mesi o più dopo aver contratto il virus. Questa condizione può interessare numerosi sistemi di organi portando a gravi alterazioni funzionali e a un’ampia gamma di sintomi, tra cui affaticamento, deterioramento cognitivo (noto come nebbia cerebrale), dispnea (difficoltà respiratoria), dolore diffuso e problemi cardiaci. Ad oggi si stima che, solo negli Stati Uniti, il Long-Covid colpisca tra il 4% e il 10% della popolazione adulta, con una persona su dieci che sviluppa la condizione poco tempo dopo il primo tampone negativo. A livello globale, il 3-5% delle persone che hanno avuto un’infezione acuta da Covid-19 sviluppa il Long-Covid. Secondo una stima riportata da Il Sole 24 Ore, in Italia, circa il 45% dei cittadini che abbiano contratto il Covid almeno una volta, hanno sviluppato anche i sintomi a lungo termine: da semplici mal di testa a disturbi cardiaci e neurologici.
I ricercatori sottolineano la necessità di sviluppare e testare biomarcatori, come esami del sangue, per diagnosticare e monitorare i sintomi a lungo termine, nonché trovare terapie che affrontino le cause principali della malattia.