Mao Zedong il padre della Cina moderna, non è ricordato solo per il suo impatto sulla società e la cultura cinese, ma per la sua influenza globale, anche per quanto riguarda i rivoluzionari politici negli Stati Uniti e nel mondo occidentale negli anni Sessanta e Settanta.
Egli è ampiamente considerato uno dei teorici più importanti del comunismo. Conosciuto anche come un grande poeta.
Mao Zedong, dittatore cinese
Mao Zedong (o Mao Tse-tung) è nato a Shaoshan il 26 dicembre del 1893 più precisamente nella contea di Xiangtan, provincia di Hunan, da una famiglia di coltivatori agricoli moderatamente prospera.
I suoi antenati erano migrati nel villaggio dalla provincia di Jiangxi durante l’epoca della dinastia Ming e si erano dedicati all’agricoltura per generazioni. Ebbe due fratelli minori, Zemin e Zetan. All’età di quattordici anni fu costretto dal padre a sposare Luo Shi, una ragazza più grande di lui di qualche anno.
Tale matrimonio non è mai stato accettato da Mao, che sostenne di non aver mai dormito con la ragazza, rifiutando di riconoscerla come moglie. Durante la rivoluzione del 1911 prestò servizio nell’esercito provinciale di Hunan.
Negli anni dieci Mao ritornò a scuola, dove divenne un sostenitore della forma fisica e dell’azione collettiva; in questo periodo si avvicinò inoltre alle idee anarchiche leggendo scritti di diversi esponenti anarchici.
Dopo essersi diplomato alla scuola normale di Changsha nel 1918 viaggiò verso Pechino con il suo insegnante delle superiori e suo futuro suocero, il professor Yang Changji, durante il movimento del 4 maggio 1919, quando Yang tenne delle lezioni all’Università di Pechino. Seguendo le sue raccomandazioni Mao lavorò sotto Li Dazhao, direttore della biblioteca universitaria, e presenziò ai discorsi di Chen Duxiu.
Anni Venti
Mentre lavorava per la biblioteca dell’università come assistente Mao acquisì la passione per la lettura e per i libri, mantenuta negli anni successivi. Sempre a Pechino sposò Yang Kaihui, una studentessa universitaria e figlia di Yang Changji, dalla quale ebbe due figli, Mao Anying e Mao Anqing. Il matrimonio durò poco, perché nel 1930 Yang venne imprigionata e uccisa dalle truppe di Chiang Kai-shek.
Invece di trasferirsi all’estero come molti dei suoi connazionali radicali, Mao passò l’inizio degli anni venti viaggiando attraverso la Cina e infine fece ritorno nello Hunan, dove prese a guidare le azioni collettive e per i diritti dei lavoratori.
Nel luglio 1921 Mao partecipò all’età di ventisette anni al primo congresso del Partito Comunista Cinese a Shanghai e due anni dopo venne eletto nel comitato centrale del partito nel corso del terzo congresso.
Durante il primo fronte unito Kuomintang-PCC Mao venne nominato direttore dell’Istituto di addestramento dei contadini del Kuomintang (il Partito Nazionalista Cinese) e all’inizio del 1927 venne inviato nella provincia di Hunan per relazionare sulle recenti sollevazioni contadine avvenute alla luce della Spedizione del Nord.
La relazione che Mao produsse da questa indagine è considerata il primo importante lavoro della teoria maoista: “Rapporto sull’inchiesta condotta nello Hunan a proposito del movimento contadino”. Fu anche la prima di tre analisi dettagliate delle condizioni economiche e della distribuzione delle ricchezze nelle campagne.
La Cina e le prime influenze sovietiche
Il Movimento del 4 maggio, in particolare, sancì la fine del confucianesimo tradizionale, rinvigorendo le speranze di chi voleva trasformare la Cina in una nazione moderna. Intanto, la Rivoluzione d’Ottobre in Russia aveva indicato una nuova alternativa politica e ideologica, con il suo accento di internazionalismo in una possibile rivoluzione socialista.
Infiltrati all’interno del Partito Nazionalista Cinese (Kuomintang, KTM) di Sun Yat, i membri infiltrati del Komitern sovietico (la parola tedesca è contrazione dei Kommunistische Internationale, cioè la Terza Internazionale Comunista, il comitato che coordinava i partiti comunisti di tutto il mondo) appoggiarono la nascita di un Partito Comunista Cinese (PCC), che avvenne a Pechino nel 1921.
Nei suoi primi anni di vita, il PCC si vide costretto a collaborare con il KTM per riunificare la Cina e annientare il potere dei signori della guerra, supportati dai ricchi latifondisti. Inizialmente riluttante alla collaborazione con il KTM, Mao riuscì ad approfittare della situazione.
La nuova rivoluzione socialista
In un clima politico incerto, in un paese ancora pressato dall’ingerenza straniera, il giovane rivoluzionario vide proprio nei contadini la forza eversiva che avrebbe potuto portare la Cina sulla via del comunismo.
Dall’esperienza di quegli anni, infatti, Mao trasse ispirazione per la formulazione di una nuova visione della rivoluzione socialista. A differenza di quanto era accaduto in Russia, in Cina la rivoluzione industriale non aveva permeato a fondo la struttura economia.
Il paese era ancora legato all’agricoltura, in cui i ricchi proprietari terrieri, sfruttavano il lavoro dei braccianti. In questa particolare situazione, Mao vide proprio nelle agitazioni contadine la fonte da cui attingere per la rivoluzione.
I contadini cinesi non erano come gli operai di Marx, motivati da precise scelte ideologiche, ma la loro ribellione era molto più vicina alle imprese epiche dei banditi-eroi delle insurrezioni popolari della storia cinese.
La capacità di Mao fu proprio quella di saper indirizzare la disperazione dei poveri agricoltori in rivoluzione, tanto che nel 1928 il VI congresso comunista appoggiò la nascita in Cina di veri e propri Soviet rurali.
Il dopo Sun Yat e la resistenza maoista
Dopo la morte di Sun Yat, la guida del KTM fu affidata al suo braccio destro, Chiang Kai-shek, le cui posizioni politiche andarono radicalizzandosi nel partito sempre più verso destra, tanto da rompere l’alleanza tra Partito Nazionalista e PCC.
A partire dal 1925, il Kuomintang divenne l’unico partito a capo della Cina unificata. Dalla nuova capitale Nanchino, il governo lanciò una dura repressione contro i militanti comunisti e, in quel periodo, lo stesso Mao rischiò la vita più di una volta.
Infatti, organizzò la resistenza agli attacchi dell’esercito di Chiang Kai-shek, cercando di coinvolgere anche le popolazioni rurali. Intanto, a partire dal 1934, i militanti comunisti ripiegarono dalla regione centro orientale dello Jiangxi verso occidente dove, nello Hunan, raggiunsero altri gruppi di insorti.
Ebbe inizio quella che fu chiamata la Lunga Marcia che si concluse con la consacrazione di Mao a capo del partito. In quell’occasione, anche la strategia rivoluzionaria cambiò segno. Dalla guerriglia urbana, i comunisti crearono un vero e proprio esercito, la cosiddetta Armata Rossa.
Seconda Guerra Mondiale
Negli anni della Seconda Guerra Mondiale, però, PCC e KTM dovettero coalizzarsi nuovamente per arginare l’ennesima avanzata nipponica.
La paura dell’invasione giapponese fornì a Mao un’importante occasione per motivare le masse all’insurrezione. La vittoria della Cina sul nemico giapponese, reso possibile grazie all’intervento statunitense e sovietico, aprì una nuova fase nella storia cinese.
Da un lato il KTM ormai aveva perso prestigio, minacciato dalla dilagante corruzione interna, dall’altro il PCC aveva guadagnato sempre consenso, facendosi portavoce delle aspirazioni delle classi più deboli. Ancora una volta Mao seppe approfittare della situazione.
Fu proprio la sua proposta di creare una sorta di coalizione nazionale, in cui classe operaia, contadini, piccola borghesia urbana e borghesia nazionale, si univano sotto la direzione del PCC per sconfiggere i Nazionalisti guidati da Chiang Kai-shek e portare la rivoluzione socialista in Cina a rivelarsi vincente.
Mao alla guida della Nazione
La guerra civile tra KTM e PCC, in realtà, fu poco più che l’ascesa inarrestabile dei comunisti, i quali da Nord Est, dove avevano riparato nel secondo dopoguerra, entrarono vittoriosi a Pechino.
Il primo ottobre 1949, nella piazza Tienanmen, dichiararono la nascita della Repubblica Popolare Cinese. Mao, ormai leader indiscusso del partito, divenne il presidente del governo centrale.
La Cina di Mao si avviò verso la modernità, forte di un primo sostegno economico e militare da parte sovietica. Ma il desiderio di riforme drastiche spinse il Grande Timoniere, come ormai Mao veniva chiamato, ad attuare una serie di riforme, economiche e sociali, che avrebbero portato la Cina a competere con le atre nazioni industrializzate.
Il primo passo da compiere, infatti, era statalizzare l’economia, per poi sostenere uno sviluppo rapido sia dell’agricoltura che dell’industria.
I tentativi di costruire una società comunista, la volontà di riscattare la Cina dalla sua arretratezza e dalla continua subordinazione alle nazioni straniere, portò Mao a spingere sull’acceleratore delle riforme, che non sempre ottennero il successo desiderato, anzi in molti casi si rivelarono delle vere e proprie tragedie per tutto il popolo cinese.
La Campagna dei Cento Fiori
Ancor prima del Grande Balzo in Avanti, Mao lanciò una prima campagna di autocritica per distanziare il comunismo cinese dalla rigidità sovietica. La Campagna dei Cento Fiori iniziò nel 1956 con lo scopo di democratizzare la Cina, favorendo la produzione artistica e intellettuale di chi intendeva criticare l’operato del Grande Timoniere.
Nel 1957, Mao aveva scritto il libro Sulle contraddizioni in seno al popolo, in cui esprimeva un aspetto fondamentale del Maoismo: la possibilità che, dopo la rivoluzione, all’interno del popolo potessero sorgere delle contraddizioni, anche se non “antagoniste”, capaci di restaurare comunque il capitalismo. Tali forze avrebbero dovuto essere annientate con il dibattito e la rieducazione.
Ben presto però le proteste contro l’establishment si moltiplicarono, coinvolgendo il Partito stesso e la forma di Stato e legandosi allo scontento di contadini ed operai. Nel 1957 Mao decise allora di dichiarare conclusa l’esperienza della Campagna dei Cento Fiori, dando inizio alla repressione che, fu estremamente facile.
Dal Grande Balzo in Avanti alla creazione dei Comuni
Molti degli intellettuali, studenti e politici che avevano aderito all’invito a manifestare liberamente il proprio pensiero, furono presto identificati, arrestati e inviati nei campi di rieducazione.
Il primo tentativo di modernizzare la Cina prese il nome di Grande Balzo in Avanti, un piano quinquennale di riforme partito nel 1958. Alle cooperative di lavoratori si sostituirono le Comuni popolari, veri e propri distretti urbani, dove a fianco dei campi agricoli, sorsero le prime industrie.
La creazione delle Comuni riguardò milioni di cinesi. Già verso la fine del 1958, infatti, furono create 25.000 Comuni, ognuna delle quali contava circa 5.000 famiglie. Venne bandita la proprietà privata, abolito il salario e sostituito con dei punti lavoro. L’ambizione di Mao era quella di fare della Cina un paese moderno, la cui industria pesante avrebbe potuto competere con quella europea.
Pertanto da Pechino arrivò l’ordine per decine di milioni di contadini di abbandonare i campi. I contadini vennero trasformati in manodopera per la nascente industria siderurgica. Ben presto, però, il Grande Balzo in Avanti si rivelò un disastro.
Il dramma del Fiume Giallo
Sebbene la Cina potesse disporre di una manodopera a bassissimo costo, mancava di un adeguato stuolo di tecnici e esperti. Complice del fallimento furono le gravi carestie che colpirono la Cina tra il 1959 e il 1960. Nel 1959, il Fiume Giallo ruppe gli argini, causando la morte di circa 2 milioni di persone. La siccità e la scarsità del raccolto gettarono la Cina in ginocchio.
Le stime sul numero di vittime causate dalle carestie è del tutto impreciso, e oscilla tra i 14 milioni e 43 milioni (come spesso succede, la conta dei morti dipende da chi pubblica le relative stime, pertanto per il governo cinese le vittime si aggiravano attorno ai 14/20 milioni).
Da un punto di vista economico, il fallito tentativo di modernizzare il paese, favorendo l’abbandono della produzione agricola, bloccò lo sviluppo della Cina. Infatti, se nel 1958 la produzione di acciaio era aumentata del 45% e del 30% nei successivi due anni, nel 1961 l’industria pesante crollò a picco, tanto da non raggiungere nemmeno il livello produttivo del 1957. Lo stesso Mao, infatti, si vide costretto a fermare il programma di riforme in anticipo.
Il fallimento del Balzo e l’opposizione interna
Il Grande Balzo in Avanti, quello che doveva rappresentare la rivoluzione industriale cinese, si tramutò in un fallimento totale che mise a repentaglio la stessa leadership di Mao. Tra i maggiori oppositori di Mao, Deng Xiaoping e Liu Shaoqi, le cui posizioni erano molto più moderate, guadagnarono sempre più consensi all’interno del Partito Comunista. Ma ancora una volta, Mao seppe sfruttare la difficile situazione politica e riportarsi alla guida indiscussa del paese.
Per arginare la crescente opposizione interna, Mao lanciò un nuovo programma di riforme che avrebbe epurato dal Partito e da tutto il paese tutti quegli elementi borghesi, e quindi corruttori del socialismo reale che Mao voleva realizzare in Cina, così come aveva teorizzato nel libro Sulle contraddizioni in seno al popolo.
La strada per diffondere la dottrina comunista nel vastissimo territorio cinese prese il nome di Rivoluzione Culturale. A partire dall’estate del 1966, Mao coinvolse nella programma centinaia di miglia di giovani, per lo più studenti universitari, appartenenti alla “terza generazione”, cioè ragazzi e ragazze nati dopo il 1949, anno della Rivoluzione, i quali dovevano essere educati dagli eroi della “prima generazione” (cioè quella di Mao).
Propaganda comunista ed espansione della rivoluzione
Già nel maggio del 1964, grazie al lavoro di Lin Piao, dirigente comunista, era stato pubblicato il famoso Libretto Rosso, breve raccolta di scritti di Mao, destinato soprattutto all’esercito e ai giovani.
La propaganda comunista doveva passare anche attraverso il culto della personalità. Così da Pechino arrivò l’ordine di esporre in tutti i luoghi pubblici ritratti e busti del Grande Timoniere.
A partire dal 16 giugno al 5 agosto 1966, gli studenti, forti degli insegnamenti contenuti nel Libretto Rosso, attaccarono il revisionismo che si era insinuato all’interno del PCC, nonché le autorità accademiche critiche dell’operato del regime. Cominciarono a tenersi comizi e adunanze di massa in cui Mao veniva osannato come un idolo pop.
Così, mentre il Partito sembrava volersi sbarazzare del Grande Timoniere, i giovani della Rivoluzione eressero un vero e proprio muro a difesa della sua leadership, e Mao, il 16 giugno del 1966, all’età di 73 anni, dimostrò al mondo intero la sua forza, non solo politica, con la famosa nuotata nel fiume Yanzi.
Negli anni successivi, la Rivoluzione Culturale andò espandendosi sempre più, tanto che i giovani di Mao si organizzarono dando vita alle cosiddette Guardie Rosse, il cui nome aveva origine nella scuola media connessa al politecnico di Pechino.
Gli unici giovani ammessi a partecipare alla Rivoluzione Culturale dovevano provenire da “5 tipi di rosso”, cioè essere figli degli operai, dei contadini poveri, dei quadri di partito, dei martiri e dei soldati della rivoluzione del 1949.
Sull’orlo della guerra civile
Man mano che il movimento cresceva, però, la Cina era sempre più sull’orlo della guerra civile. In poco tempo gli studenti avevano distrutto moltissime opere Nel giugno 1967, infatti, le Guardie Rosse occuparono il ministero degli esteri e l’ambasciata russa, mentre bruciarono quella indonesiana e quella britannica.
Pochi mesi dopo il paese precipitò nel baratro. Gli studenti, a cui lo stato aveva pagato viaggi e mezzi di sussistenza per portare la dottrina di Mao in tutta la Cina, si scontrarono contro alcune fazioni dell’esercito, contrarie alla Rivoluzione Culturale. Mao ordinò il ritorno alle aule, vietando agli studenti di viaggiare per il paese. Il nuovo motto degli studenti di Mao divenne “Usate la razione, non la violenza”, con quale occuparono pacificamente le università.
Sebbene l’ordine di fermare le violenze provenisse proprio da Mao e le Guardie Rosse fossero state sciolte, gli scontri più cruenti durarono fino al 1969. Ma gli strascichi della Rivoluzione Culturale rimasero fino alla morte dello stesso Grande Timoniere.
Ultimi anni e morte
Ormai malato di Parkinson, la figura di Mao era divenuta del tutto simbolica, e a Pechino attendevano la sua morte. Uno degli ultimi impegni del leader cinese fu l’incontro con il presidente degli Stati Uniti, Richard Nixon.
Lo storico summit del 1972 fu fondamentale per creare quel clima politico che avrebbe portato alla distensione degli anni Settanta nei rapporti tra est-ovest, e al tempo stesso, avrebbe segnato l’inizio dell’apertura cinese nei confronti del mondo occidentale. Mao Zedong morì a Pechino il 9 settembre 1976.