Marco Zannaro è stato sbattuto in cella a Khartum con l’accusa di frode e costretto a dormire sul pavimento assieme ad altri detenuti in pessime condizioni igienico sanitarie da quasi due mesi. L’imprenditore veneziano di 46 anni è stato arrestato il 1° aprile e la famiglia si è mossa a tutti i livelli per tirarlo fuori e da giorni si moltiplicano gli appelli alle istituzioni italiane affinché intervengano per riportarlo in Italia. Del caso si sta occupando la Farnesina attraverso la rappresentanza diplomatica ma la vicenda sempre ancora molto lontana dalla conclusione.
Marco Zennaro arrestato in Sudan “non resisterà a lungo”
“Mio figlio si è lasciato andare, rifiuta il cibo che gli viene portato e temo veramente per la sua vita” ha raccontato il padre Cristiano che chiede di fare presto: “Il consolato italiano finora non è riuscito a risolvere la situazione, la politica italiana non può rimanere ferma perché ogni giorno che passa i pericoli aumentano non può resistere ancora a lungo“. “Sono stanco e confuso, non so neppure con certezza quel che sta accadendo. E tutto a causa di una persona con la quale non ho mai avuto alcun rapporto commerciale” ha fatto sapere Marco Zennaro attraverso chi gli ha potuto parlare.
Le accuse di frode e le richieste di soldi
Tutto ruota attorno a una grossa partita di trasformatori elettrici prodotti dall’azienda dell’imprenditore. Secondo la famiglia il cliente avrebbe fatto testare il prodotto dai tecnici dei laboratori di un’azienda locale che ne ha stabilito la non idoneità. Proprio per questo Zennaro era arrivato sul posto per chiarire la questione e si era accordato per un versamento di 400mila euro ma è stato arrestato. Secondo i familiari dietro le accuse solo l’intento di ricattarlo per spillargli altro denaro. Secondo quanto ha riferito la famiglia, sono arrivate richieste di pagamento, si parla di 700mila euro, che sono state accompagnate da riferimenti al caso di Giulio Regeni, per intimidire Zennaro.
Ambasciata e Farnesina scendo in campo
L’ambasciatore italiano in Sudan, Gianluigi Vassallo, è intervenuto ma senza poter fare molto: In una nota la Farnesina ha spiegato che “dal 1° aprile il connazionale ha ricevuto 58 visite consolari dal personale dell’ambasciata“, che gli ha fornito alimenti, indumenti, libri e altri beni. Inoltre l’ambasciata “è intervenuta ufficialmente presso le autorità del Sudan, incluso l’ufficio del primo ministro e della ministra degli Esteri, chiedendo con forza il rispetto dei diritti del connazionale in termini di condizioni sanitarie, di sicurezza e di protezione e una soluzione del caso in tempi brevi“.