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Margaret Thatcher, la Lady di Ferro che fu premier per 11 anni in Gran Bretagna

Margaret Ilda Roberts, meglio nota col cognome del marito, Thatcher è stata la prima donna Premier della storia del Regno Unito.
Da sempre appassionata alla politica e al partito conservatore, Margaret Thatcher comincia a far carriera a soli 25 anni. A 44 diventa ministro, cinque anni dopo viene eletta leader del partito conservatore. È rimasta a Downing Street per undici anni consecutivi. Le sue idee e il suo carattere deciso le valgono l’appellativo di Lady di Ferro.

La sua è stata, appunto, una politica e di libero mercato. Idee molto chiare soprattutto nella politica economica: taglia la spesa pubblica e i finanziamenti alle imprese, spinge per la privatizzazione. Un nuovo modo di intendere l’economia, che troverà un prezioso alleato d’oltreoceano: Ronald Reagan.

Margaret Thatcher: chi era la prima donna premier della storia del Regno Unito

Nata il 13 ottobre 1925, Margaret Thatcher è stata una delle donne politiche più influenti della Gran Bretagna. Nel 1959 il suo esordio politico: viene eletta deputato alla Camera dei Comuni tra le fila dei conservatori. In precedenza un passato da ricercatrice chimica e da fiscalista, avendo studiato per entrambi gli indirizzi. Tra il 1970 e il 1974 ricopre la carica di ministro dell’Educazione e un anno dopo, nel 1975, diventa leader del Conservative Party.

La sua ascesa continua e il 4 maggio 1979 diventa primo ministro. Tutta la sua azione politica è incentrata su un’impronta rigidamente liberista, con tagli alla spesa pubblica e privatizzazione delle industrie nazionalizzate dopo la fine della guerra.



Primo premier britannico del Novecento eletto per tre mandati consecutivi

Decisa, risoluta e rigida nell’esecuzione delle sue riforme, viene soprannominata “la Lady di ferro”. Con le vittorie elettorali del 1979, del 1983 e del 1987 è il primo premier britannico del Novecento ad ottenere tre mandati consecutivi. Con la stessa risolutezza nel 1990 si dimette volontariamente a causa di contrasti interni al partito per la sua politica fiscale e per le sue posizioni non favorevoli all’Europa, lasciando anche l’incarico di leader del partito conservatore. Muore l’8 aprile del 2013, all’età di ottantasette anni.
Margaret Thatcher: la biografia

 

Margaret Hilda Roberts Thatcher, nasce il 13 ottobre del 1925, figlia di un droghiere che si era faticosamente conquistato il suo posto ad Oxford. Dopo una serie di studi regolari, che non evidenziano in lei nessuna particolare dote straordinaria sul piano intellettuale (anche se si notava certamente il fatto che fosse intelligente), si dedica agli studi di chimica, laureandosi all’università di Oxford. Dal 1947 al 1951 lavora come chimico nella ricerca, ma nel 1953, avendo anche studiato come avvocato, diviene fiscalista.



Gli inizi in politica

Una volta scesa in politica nelle file della destra inglese, infatti, ebbe il merito, quando tutti davano ormai per scontato il tramonto della Gran Bretagna, di aver impugnato la “frusta” e di aver restituito ai suoi concittadini l’orgoglio di essere inglesi, impegnandoli addirittura in una improbabile guerra contro l’Argentina in difesa delle dimenticate isole Falkland.



Il primo mandato

Entrata nel Partito Conservatore, venne dunque eletta alla camera dei comuni nel 1959 ricoprendo, fra l’altro, il ruolo di ministro dell’istruzione e delle scienze nel governo Heath per quattro anni, dal 1970 al 1974. Dopo la sconfitta conservatrice nelle elezioni del 1974, sfidò Heath per la leadership del suo partito e la conquista nel 1975. Quattro anni dopo condusse il partito alla vittoria, promettendo di fermare il declino economico britannico e di ridurre ruolo dello Stato. È il 4 maggio 1979 quando inizia il suo mandato di Primo Ministro.



“La società non esiste”

Margaret Thatcher fondò la sua politica sull’idea che “la società non esiste. Ci sono solo individui, uomini e donne, e ci sono famiglie”. La “purga thatcheriana” consistette quindi in sostanza nella deregolamentazione di lavoro e mercati del capitale, nella privatizzazione di quelle industrie nazionalizzate che lo stato britannico aveva assunto come risultato della guerra, della depressione economica e dell’ideologia socialista.



Il risultato? Ha dichiarato lei stessa (e d’altronde confermano, secondo gli analisti, i dati macroeconomici): “Abbiamo ridotto il deficit governativo e abbiamo ripagato il debito. Abbiamo fortemente tagliato la tassa sul reddito di base e anche le tasse più alte. E per far ciò abbiamo saldamente ridotto la spesa pubblica come percentuale del prodotto nazionale. Abbiamo riformato la legge sui sindacati e i regolamenti inutili. Abbiamo creato un circolo virtuoso: tirando indietro il governo abbiamo lasciato spazio al settore privato e così il settore privato ha generato più crescita, il che a sua volta ha permesso solide finanze e tasse basse“.

La politica liberista

Il suo agire politico, insomma, si basa sull’assunto liberista che: “il governo può fare poco di buono e molto che invece fa male e quindi il campo di azione del governo deve essere tenuto al minimo” e che “è il possesso di proprietà che ha un effetto psicologico misterioso ma non per questo meno reale: il prendersi cura del proprio offre un addestramento nel divenire cittadini responsabili.



Il possedere una proprietà dà all’uomo indipendenza contro un governo troppo invadente. Per la maggior parte di noi i nodi della proprietà ci costringono entro doveri che altrimenti potremmo scansare: per continuare con la metafora ci impediscono di cadere nell’emarginazione. Incoraggiare la gente ad acquistare proprietà e risparmiare è stato molto di più di un programma economico“. È stata, infatti, “la realizzazione di un programma che ha posto termine ad una società ”basata su una sola generazione”, mettendoci al suo posto una democrazia fondata sul possesso di capitale“.

La vittoria alle elezioni e l’attentato

Rinfrancata dal successo della sua politica sulle isole Falkland nel 1982, condusse i conservatori ad una grande vittoria alle elezioni del giugno 1983. Nell’ottobre del 1984 sfuggì ad un attentato dell’IRA, quando esplose una bomba degli estremisti repubblicani irlandesi al Grand Hotel di Brighton durante un congresso del partito. Nuovamente vittoriosa nel giugno del 1987 diventò il primo premier britannico nel ventesimo secolo ad ottenere tre mandati consecutivi.



Lady di ferro

La “Lady di ferro“, così soprannominata per il suo polso fermo e per la decisione con cui ha portò avanti le sue riforme, lasciò volontariamente e ufficialmente Downing Street, dimettendosi, nel novembre 1990, in piena crisi del Golfo, soprattutto a causa di alcuni contrasti sorti nel partito sulla sua politica fiscale e sul suo euroscetticismo. A proposito della crisi Mediorientale, in alcune interviste l’ex leader conservatrice dichiarò in veste non ufficiale il proprio stupore per una guerra conclusa troppo in fretta e senza l’annientamento del dittatore iracheno: “Quando cominci un lavoro quello che conta è farlo fino in fondo, e bene. Saddam invece è ancora lì e la questione nel Golfo non si è ancora chiusa“.



Baronessa Thatcher

In seguito Margaret Thatcher, diventata Baronessa, osservò presumibilmente con soddisfazione il programma che lei non ebbe il tempo di completare applicato dal partito “progressista” di Blair mentre il partito conservatore che la cacciò da Downing Street si trovava ridotto a brandelli. Ancora oggi qualche analista, qualche politologo o talvolta anche qualche leader di partito dichiarano apertamente che per risolvere i loro problemi ci vorrebbe una Thatcher, allo scopo di applicare la cura inglese anche al proprio Paese. Il “thatcherismo“, infatti, diede vita a qualcosa che influenzò, per almeno una generazione, il corso mondiale degli eventi.

Il thatcherismo

Il thatcherismo è un termine, ancora oggi attuale, per intendere l’insieme di scelte di politica economica adottate dal Regno Unito nel corso del governo di Margaret Thatcher.

I pilastri della sua visione economica furono:

  • riduzione della crescita del debito pubblico
  • riduzione delle tasse sul lavoro e sui redditi di capitale
  • riduzione della regolamentazione dell’attività economica
  • controllo dell’offerta monetaria e riduzione dell’inflazione

Le teorie della Thatcher possono essere collegate al Reaganismo, la filosofia economica del presidente Ronald Reagan.



L’importanza storica

L’importanza storica di Margaret Thatcher, in sintesi, è insomma quella di essere stata la prima in Europa a portare avanti una politica basata sulla necessità di combattere lo statalismo e di individuare nell’intrapresa privata e nel libero mercato il mezzo migliore per rilanciare l’economia di un paese.



La morte

Dopo infarti e ictus che l’hanno colpita all’inizio degli anni 2000, e da tempo malata di Alzheimer, Margaret Thatcher è morta a Londra, in una suite dell’Hotel Ritz, non lontano da Buckingham Palace, all’età di 87 anni, il giorno 8 aprile 2013.



Margaret Thatcher al cinema: The Iron Lady

All’inizio del 2012 è uscito al cinema il film biografico “The Iron Lady“, diretto da Phyllida Lloyd, con Meryl Streep e Jim Broadbent. Un film che ha ottenuto il Premio Oscar 2012 per la miglior attrice e il miglior trucco.



The Iron Lady: la trama

The Iron Lady, ovvero Margaret Thatcher, ex Primo Ministro britannico, ormai ottantenne, fa colazione nella sua casa in Chester Square, a Londra. Malgrado suo marito Denis sia morto da diversi anni, la decisione di sgombrare finalmente il suo guardaroba risveglia in lei un’enorme ondata di ricordi.

Al punto che, proprio mentre si accinge a dare inizio alla sua giornata, Denis le appare, vero come quando era in vita: leale, amorevole e dispettoso. Lo staff di Margaret manifesta preoccupazione a sua figlia, Carol Thatcher, per l’apparente confusione tra passato e presente dell’anziana donna.



Preoccupazione che non fa che aumentare quando, durante la cena che ha organizzato quella sera, Margaret intrattiene i suoi ospiti incantandoli come sempre, ma a un bel momento si distrae rievocando la cena durante la quale conobbe Denis 60 anni prima. Il giorno dopo, Carol convince sua madre a farsi vedere da un dottore. Margaret sostiene di stare benissimo e non rivela al medico che i vividi ricordi dei momenti salienti della sua vita stanno invadendo le sue giornate nelle ore di veglia.

Margaret Thatcher: le frasi più famose

Margaret Thatcher era famosa anche per le sue battute taglienti e il suo modo di esprimersi deciso. Durante numerose interviste, dichiarazioni e discorsi ai congressi del partito conservatore, Thatcher ha pronunciato frasi ed espressioni citate più e più volte fino a diventare celebri e proverbiali. Nel corso degli anni sono state utilizzate spesso per spiegare e ricordare il thatcherismo e la personalità del primo ministro donna della storia del Regno Unito.

“Mi piace argomentare, mi piace dibattere. Non mi aspetto che le persone stiano tutte lì sedute, d’accordo con me, non è il loro compito”
(1980)


“Non sono un politico che si basa sul consenso. Sono un politico che si basa sulla persuasione”
(1979)


“A quelli che mentre parlo aspettano col fiato sospeso l’espressione preferita della stampa, la marcia-indietro, voglio dire una sola cosa. Fatela voi la marcia indietro, se volete. La signora non ha intenzione di fare marcia indietro”
(10 ottobre 1980 al congresso del Partito conservatore)


“Nessuno ricorderebbe il Buon samaritano se avesse avuto solo buone intenzioni. Aveva anche i soldi”
(1980)



Casa è il posto dove vai quando non hai nient’altro di meglio da fare”
(maggio 1991, sei mesi prima di dimettersi da primo ministro)


“Non penso che una donna riuscirà a diventare primo ministro durante la mia vita”
(durante la trasmissione televisiva di BBC Val meets the V.I.P, 5 marzo 1973, sei anni prima di diventare primo ministro)


“Il mio lavoro è impedire alla Gran Bretagna di diventare rossa”
(3 novembre 1977)


“Le persone hanno davvero paura che questo paese possa essere invaso da altre persone di una cultura differente. E noi non facciamo politica per ignorare le preoccupazioni delle persone: facciamo politica per occuparcene”
(al programma televisivo World in Action, 27 gennaio 1978)


“Odio ogni tipo di estremismo. I comunisti e il Fronte nazionale [partito di estrema destra, ndr] cercano di realizzare entrambi il dominio dello stato sull’individuo. Entrambi, secondo me, vogliono distruggere i diritti individuali. Per me sono partiti dello stesso tipo. Per tutta la vita, però, mi sono opposta a vietare il comunismo o le organizzazioni estremiste: se lo fai diventano clandestine e questo gli dà un’eccitazione che non avrebbero, se potessero perseguire i loro obiettivi alla luce del sole. Li batteremo sul terreno del dibattito. Il Fronte nazionale è un Fronte socialista”
(21 aprile 1978)


“I socialisti urlano “Potere al popolo” con il pugno chiuso alzato. Sappiamo tutti quello che vogliono davvero: il potere sulle persone, il potere allo stato. Sono stata eletta con un intento evidente: cambiare il Regno Unito da una società dipendente in una società autosufficiente, da una nazione “dammi-qualcosa” a una nazione “fallo-da-te”. In una Gran Bretagna “alzati-e-fallo” anziché in una “siediti-e-aspetta””
(8 febbraio 1984)


“Oh, ma vede, non si ottiene mai nulla senza fare un po’ di casino”
(30 novembre 1984)


“Stanno scaricando i loro problemi sulla società. E come sapete, la società non esiste. Esistono gli individui, gli uomini e le donne, ed esistono le famiglie. E il governo non può fare niente se non attraverso le persone, e le persone devono guardare per prime a sé stesse. È nostro dovere badare prima a noi stessi e poi badare anche ai nostri vicini. Le persone pensano troppo ai diritti senza ricordarsi dei doveri, perché non esiste un diritto se prima qualcuno non ha rispettato un dovere”
(31 ottobre 1987)


“Un uomo scala l’Everest per sé stesso, forse, ma arrivato in cima pianta la bandiera del suo paese”
(discorso tenuto al Congresso del partito conservatore, 14 ottobre 1988)


“Qualche giorno fa il presidente della Commissione, Delors, ha detto a una conferenza stampa che voleva che il Parlamento europeo fosse il corpo democratico della comunità, che la Commissione fosse l’esecutivo e che il Consiglio dei ministri fosse il Senato. No. No. No.”
(dibattito alla Camera dei deputati, 30 ottobre 1990)


 

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