Mark Zuckerberg ammette la censura su Meta da parte della Casa Bianca, il CEO sostiene che i suoi team sono stati pressati dall’amministrazione di Biden per censurare post riguardanti la pandemia.
Mark Zuckerberg ammette la censura su Meta dalla Casa Bianca
La recente dichiarazione di Mark Zuckerberg, CEO di Meta, ha scatenato un acceso dibattito politico e mediatico. In una lettera alla commissione Giustizia della Camera degli Stati Uniti, Zuckerberg ha rivelato che l’amministrazione Biden nel 2021 avrebbe fatto pressione su Meta affinché censurasse determinati contenuti legati alla pandemia di Covid-19, inclusi post satirici. Questo episodio, riportato dalla CNN, mette in luce le tensioni tra la Casa Bianca e una delle principali piattaforme sociali del mondo.
Zuckerberg ha espresso il suo rimpianto per non aver difeso con maggiore fermezza gli standard aziendali contro queste pressioni, sottolineando l’importanza di mantenere l’indipendenza di Meta da influenze politiche. La vicenda solleva interrogativi sul ruolo delle grandi piattaforme tecnologiche nel bilanciare la libertà di espressione con le richieste governative durante situazioni di crisi. Le parole di Zuckerberg potrebbero avere ripercussioni sul dibattito legislativo negli Stati Uniti riguardo alla regolamentazione delle Big Tech.
Censura e social network: novità?
Lo scorso luglio si era aperto un dibattito tra il fondatore di X e l’UE. Elon Musk ha accusato l’Unione Europea di aver tentato di ricattare X, la piattaforma precedentemente nota come Twitter, per costringerla alla censura. Secondo Musk, altre grandi società tecnologiche avrebbero accettato accordi simili. Le sue dichiarazioni arrivano in seguito alle accuse della Commissione Europea, che ha accusato X di violare le norme del Digital Services Act (DSA) e ha minacciato di imporre sanzioni. Margrethe Vestager, commissaria Ue alla Concorrenza, ha specificato che l’indagine su X ha rilevato mancanze rispetto alla legge sui servizi digitali, in particolare per quanto riguarda la trasparenza e l’uso di modelli fuorvianti per gli utenti.
Per non parlare dei blocchi imposti direttamente dalle nazioni, in tal caso possiamo pensare alla Cina ma anche alla più recente Turchia. Quest’ultima infatti il 2 agosto, ha bloccato l’accesso a Instagram senza fornire una spiegazione ufficiale, poco dopo che un alto funzionario turco aveva accusato la piattaforma di censura. Fahrettin Altun, direttore delle comunicazioni della presidenza turca, ha criticato Instagram per aver impedito la pubblicazione di messaggi di condoglianze per la morte di Ismaïl Haniyeh, leader di Hamas, ucciso il 31 luglio in un attentato a Teheran. Nonostante l’autorità turca per le comunicazioni (Btk) abbia confermato il blocco, non sono stati forniti ulteriori dettagli. Il blocco ha colpito milioni di utenti in Turchia, dove Instagram conta oltre 50 milioni di utenti.