Marlon Brando è uno degli attori che ha fatto la storia del cinema. Conosciuto per il suo carattere ribelle, grande difensore dei nativi americani, Brando ha dato vita a ruoli cinematografici indimenticabili, sia in gioventù che in vecchiaia.
Nessuno potrà mai citare Hollywood e la sua grandezza senza un richiamo alla carriera di Marlon Brando. È lui il divo per eccellenza, sex symbol di immortale fascino che si è consacrato alla fama planetaria con tre pellicole cult. Stiamo parlando di Ultimo tango a Parigi, de Il padrino e Apocalypse Now.
Chi era Marlon Brando? L’uomo oltre il mito
Marlon Brando (Omaha, 3 aprile 1924 – Westwood, 1° luglio 2004) non è stato solo un attore e regista, ma è stato un vero divo hollywoodiano, ormai icona se non mito. Sono passati ormai quasi 13 anni dalla sua morte, ma la sua celebrità continua a non avere eguali ed anzi, la sua figura sembra assumere con il passare degli anni sempre più i tratti di un mito.
Figlio di un produttore di prodotti chimici, si appassionò al teatro in giovane età e si iscrisse allora alla scuola d’arte drammatica The Dramatic Workshop dove Stella Adler gli insegnò il metodo Stanislavskij e successivamente ai corsi dell’Actor’s Studio, che gli spianarono la strada verso il successo teatrale.
Fu nel 1947 con l’interpretazione teatrale di Stanley Kowalski in Un tram chiamato desiderio, diretto da Elia Kazan e basato sul dramma di Tennesse Williams, che Marlon Brando mostrò all’America la sua straordinaria bravura.
La sua recitazione fu talmente tanto convincente e il suo personaggio così ben riuscito, che nel 1951 fu scritturato, insieme ad una bellissima e giovanissima Vivian Leigh, per l’omonima versione cinematogafica.
Stanley Kowalski, un giovane di origini polacche tanto rude quanto bello, tanto attraente quanto complicato, sconvolse senza remore la mentalità di un’America e di un’Europa che chiaramente non erano pronte ad abbandonare quei tabù sessuali che si erano costruite nel corso del tempo.
Un tram chiamato desiderio è un dramma sull’amore, sulla violenza, sulla pazzia, sulla verità e l’inganno che non arrivano mai a distinguersi tra loro.
Un tram chiamato desiderio è uno spaccato duro e crudo di una società i cui valori di facciata non sembravano mai corrispondere a quella corruzione dei sentimenti che si nascondeva invece nelle sue viscere.
Marlon Brando, col suo fisico mozzafiato e gli occhi penetranti ma dolci come quelli di un bambino bisognoso d’amore, entrò silenziosamente nei pensieri silenziosi degli uomini e delle donne dell’epoca, facendosi, quasi inconsapevolmente, il simbolo di quel cambiamento che chiaramente la società degli anni Cinquanta necessitava più di ogni altra cosa.
Fin da subito fu chiaro che Marlon Brando era nato per essere un protagonista e per interpretare ruoli complessi e nei quali l’attore sapeva dare prova di una rara capacità di immedesimazione. Interpretò Marco Antonio, poi Napoleone Bonaparte, ma il suo grande e indiscusso debutto come protagonista assoluto della scena risale al 1953, quando interpretò il ruolo di un giovane ribelle appassionato di motociclette ne Il selvaggio diretto da Làszlo Benedek.
Marlon Brando si trasformò allora da fantasia silenziosa ad icona dichiarata, e l’immagine dell’attore in giacca di pelle nera a cavallo della sua Triumph Thunderbird 6T si affiancò a quella di Stanley Kowalsky per imprimersi indelebilmente nell’immaginario collettivo.
Dopo il grande e repentino successo, già gli anni ’50 segnarono l’inizio di una lenta crisi per l’attore, tanto che alla fine degli anni Sessanta stava già pensando ad un ritiro dalle scene. Tutto cambiò inaspettatamente nel 1971 quando Francis Ford Coppola scritturò Brando per il ruolo di Don Vito Corleone ne Il Padrino.
Gli insuccessi di un decennio svanirono allora nel nulla e l’attore divenne più celebre che mai, tanto che probabilmente la sua impeccabile e meravigliosa interpretazione di capofamiglia e membro di un importante clan mafioso non ha nemmeno bisogno di parole tanto si commenta da sé.
Per il suo ruolo ottenne il Premio Oscar, ma si rifiutò di ritirare l’ambita statuetta per protesta contro i maltrattamenti subiti dai nativi americani e mandò al suo posto alla cerimonia una giovane squaw indiana che facesse le sue veci in un discorso di critica sul sistema di Hollywood.
Oscar 1973: il gran rifiuto di Brando in difesa dei nativi americani
Già vincitore di un oscar per la pellicola Fronte del Porto, dopo gli anni bui il ruolo di Vito Corleone gli conferì la nomination per l’immortalità e pure quella per l’Oscar, ma sarà il primo caso in cui la statuetta se la porta a casa il presentatore. La notte del 27 marzo 1973 a salmodiare il the winner is per Brando – come racconta Dagospia – ci sono Roger Moore e Liv Ulmann.
Lui con lo smoking di 007 ancora addosso, lei impigliata in una tenda verde. Quando chiamano Don Vito, al suo posto si alza una donna vestita da nativa americana, che arriva al podio sotto lo sguardo di milioni di spettatori.
I presentatori escono di scena come in un carillon e la giovane inizia a parlare: “Rappresento Marlon Brando, che mi ha incaricato di dirvi che non può accettare questo generoso premio a causa del trattamento oggi riservato agli indiani d’America nell’industria del cinema”.
Nella lunga lettera Brando arriva al punto in cui inchioda gli Studios: i film western, dove gli indiani vengono raffigurati come bestie, dove il vinto viene condannato al ruolo del mostro della favola, mentre il vincitore ha rubato l’abito da principe azzurro.
Così il furto subito dai nativi diventa ancora più grottesco, la truffa viene mitizzata da Hollywood, condannando le generazioni future a vivere e soffrire nella menzogna: “Quando i bambini indiani guardano la televisione, e guardano i film, e quando vedono la loro razza raffigurata come è nei film, le loro menti si feriscono in modi che non possiamo immaginare”.
Marlon Brando rifiuta così il premio Oscar, segnando la fine delle deleghe di ritiro non previamente filtrate, aggiungendo mito al mito del Padrino e un altro contro-capitolo alla lunga storia fatta dai vincitori. Questa fu soltanto una delle tante lotte sociali portate avanti dall’attore. Tra le varie cause che supportò ci furono la campagna politica del presidente John Fitzgerald Kennedy, il sostegno del movimento afro-statunitense iniziato da Martin Luther King, l’aiuto ai bambini malati del Mississippi e la lotta costante contro l’apartheid.
Nell’ambiente Hollywoodiano era considerato un ribelle e si guadagnò nel tempo l’antipatia di molti per le sue idee, ma questo non gli impedì l’anno successivo di vincere un altro Premio Oscar per la sua interpretazione in Ultimo Tango a Parigi di Bernardo Bertolucci (1974).
Ad oggi considerato uno dei film più belli di sempre nella storia del cinema, Ultimo Tango a Parigi fu uno scandalo per le numerose scene di sesso e di nudo esplicito, e ancora una volta mise Marlon Brando al centro delle critiche e del successo segnando un’ulteriore rinascita artistica dopo il Padrino, che sembrava ormai insuperabile.
Il mito, invece, si rinforzò ancor più nel 1979 con l’interpretazione del colonnello Kurtz in Apocalypse Now di Francis Ford Coppola.
Marlon Brando morì nel 2004, ed al suo funerale parteciparono celebrità ed amici, tra cui Jack Nicholson, Sean Penn e Michael Jackson. Secondo il suo desiderio, venne cremato, e le sue ceneri sparse a Tahiti e nella Death Valley. Questa è la versione ufficiale, che segnò la fine di un pezzo insostituibile e impareggiabile della storia del cinema.
Per gli appassionati di cinema, tuttavia, Marlon non morirà mai. Otto volte candidato al Premio Oscar, che vinse due volte, Marlon Brando ci mancherà sempre e per questo sempre guarderemo e riguarderemo i suoi film, chiedendoci come sia stato possibile che anche un mito simile non fosse immortale. E allora la sentiamo, tra le note di un brano jazz, la voce di Marlon Brando che grida «Stella! Hey, Stella!», mentre sogniamo di partire e raggiungere l’America per attraversare la Death Valley in moto, dove forse quella voce risuonerà ancora più forte.
Gli amori di Marlon Brando
La luminosa carriera si accompagna a un percorso personale travagliato e costellato di tragedie, tanto che la vita privata di Brando è ritenuta affetta da una vera e propria ‘maledizione‘. Tombeur de femmes per antonomasia, ha stregato decine di donne con la sua bellezza ruvida e quell’appeal da ‘dannato’ che ha contribuito a consacrarlo tra i divi più amati nella storia.
Fu fidanzato con Paula Fox, negli anni 40, e fu poi accostato ad alcune star come Ursula Andress, Grace Kelly, Marlene Dietrich, Ava Gardner, Ingrid Bergman e Marilyn Monroe.
Il primo matrimonio è del ’57, la sua prima moglie Anna Kashfi, attrice da cui ebbe il figlio Christian Devi Brando (morto nel 2008).
Sposò Movita Castaneda nel 1960, e nacquero due figli: Miko Castaneda Brando e Rebecca Brando Kotlizky. Brando ebbe anche un terzo matrimonio, con l’attrice polinesiana Tarita Teriipia, che gli diede due figli: Simon Tehotu Brando e Tarita Cheyenne Brando (morta nel 1995).
Rita Moreno fu la sua amante per anni, tra le seconde e le terze nozze. L’attore ebbe tre figli dalla cameriera, Christina Maria Ruiz: si tratta di Ninna Priscilla Brando, di Myles Jonathan Brando e di Timothy Gahan Brando. Sonno quattro i figli da donne sconosciute: Stephen, Michael, Dylan e Angelique!
Molti non lo sanno, ma Marlon Bando adottò la figlia della sua assistente, Caroline Barrett, dandole il nome di Petra Brando-Corval. Adottò anche altri due figli: Maimiti Brando e Raiatua Brando.
La maledizione dei Brando
Marlon Brando ebbe a che fare con numerosi drammi familiari. Nel 1989, la figlia Cheyenne rimase sfigurata in un terribile incidete stradale, dopo una lite con il compagno, Dag Drollet. Nel 1990, quest’ultimo fu ucciso dal primogenito dell’attore, Christian, che si giustificò sostenendo si fosse trattato di una morte accidentale. Condannato a 10 anni, e scontò soltanto 5 e uscì per buona condotta.
Nel 1995, dopo due tentativi di suicidio falliti e una serie di ricoveri per problemi psichiatrici, Cheyenne Brando si tolse la vita impiccandosi nella casa della madre, Tarita Teriipia. Il destino si accanì sulla famiglia del divo con la morte del figlio Christian, nel 2008, in seguito a una polmonite.
Marlon Brando gay
Pare che Marlon Brando abbia avuto diverse esperienze omosessuali. La vita amorosa e sessuale di Brando è sempre stata complicata, tra diversi matrimoni, relazioni tra un matrimonio e l’altro durante gli stessi, e i tantissimi flirt attribuitigli.
Si presume che Brando fosse un pansessuale e che abbia avuto anche diverse relazioni omosessuali, soprattutto in gioventù, anche con diversi attori. Tra questi, sembra che si sia frequentato con James Dean dal 1949 fino alla morte di lui nel 1955 e che tra i due vi fosse una relazione masochista, con Brando dominatore e Dean schiavo. Nel 2016 è uscito un libro intitolato James Dean: Tomorrow Never Comes, scritto da Darwin Porter e Danforth Principe, nel quale si parla appunto di questa relazione gay sadomaso tra i due attori. In questo libro viene asserito che Dean fosse veramente innamorato del collega, mentre Brando lo considerava solo il suo schiavo sessuale.
Marlon Brando: curiosità
Marlon Brando era molto amico di Michael Jackson. I due si conobbero in quanto il figlio di Brando, Miko, divenne una delle guardie del corpo del re del pop, e diventarono molto amici. Brando prese parte anche al videoclip di You Rock My World, brano di Michael Jackson del 2001; il realtà il videoclip è un vero e proprio cortometraggio.
Oltre a varie storie presunte, come quella che rivela che Jackson abbia chiesto a Brando di donargli il suo sperma e che, quindi, Brando sia il padre biologico di Prince Jackson, c’è una vera e propria leggenda metropolitana che li riguarda. Pare che il giorno dopo l’attacco dell’11 settembre 2001, Jackson, Brando ed Elizabeth Taylor siano fuggiti insieme da New York a bordo di una macchina affittata, arrivando fino in Ohio.
Marlon Brando sarebbe potuto essere Jay Gatsby. Sembra che la Paramount volesse Marlon Brando ne Il Grande Gatsby del 1974 per la parte del protagonista; per quel ruolo, Brando voleva 4 milioni di dollari di salario, una cifra salatissima per l’epoca.
Non c’era nessuna rivalità di Marlon Brando e Montgomery Clift. Negli anni ’50 i due venivano considerati rivali; in realtà i due erano persino amici e Brando considerava Clift un attore eccellente.
A Marlon Brando sono state dedicate diverse canzoni. La più famosa forse è quella di Elton John, Goodbye Marlon Brando, ma persino Luciano Ligabue gli ha dedicato una canzone, Marlon Brando è sempre lui.