Maxiprocesso di Palermo è la denominazione che fu data, a livello giornalistico, a un processo penale celebrato a Palermo per crimini di mafia, tra cui omicidio, traffico di stupefacenti, estorsione, associazione mafiosa e altri.
10 febbraio 1986: inizia il Maxiprocesso di Palermo
Il 10 febbraio del 1986 si dà il via al Maxiprocesso di Palermo, paragonabile al Processo di Norimberga per il numero e la quantità di arresti di mafiosi appartenenti a Cosa Nostra siciliana.
Il processo si svolse a seguito delle indagini effettuato dal Poll antimafia, composto da Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Leonardo Guarnotta e Giuseppe Di Lello selezionati da Caponnetto.
Fatti antecedenti
Il processo prese le mosse con molte difficoltà. Gli avvocati degli imputati speravano di riuscire a farlo trasferire altrove, in modo che i giudici fossero meno esperti in fatto di mafia. Inoltre, temendo ritorsioni, inizialmente soltanto 4 giudici popolari accettarono l’incarico. Alla fine ne furono scelti 16: più del neccessario per paura di rinunce o attentati. Per quanto riguarda il presidente fu scelto Alfonso Giordano che proveniva dalla magistratura civile e non penale.
Parte dei media si rivelò ostile al processo, sostenendo che fosse impossibile processare un’intera organizzazione e che ciò comportasse un enorme spreco di denaro e risorse, oltre ad essere dannoso per l’immagine della città. Per gli stessi motivi, la cittadinanza si trovò spaccata tra i sostenitori e i critici del processo.
Il comune di Palermo, per volere del sindaco Leoluca Orlando, si costituì parte civile.
L’istruttoria e l’ordinanza di rinvio a giudizio
Dopo gli omicidi in rapida successione del commissario Beppe Montana, il 28 luglio 1985, e del vicequestore Ninni Cassarà, il 6 agosto 1985, i giudici del Pool antimafia si trovarono in una condizione di reale e grave pericolo. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino vennero trasferiti d’urgenza con le loro famiglie al carcere dell’Asinara per completare l’istruttoria del processo. Una volta concluso il lavoro, venne addirittura chiesto ai due giudici di pagare le spese per il vitto e l’alloggio della loro permanenza sull’isola.
L’ordinanza-sentenza contro Abbate Giovanni + 706 venne depositata l’8 novembre 1985.
L’aula bunker e il processo
Il 10 febbraio del 1986 si apre nell’aula bunker del carcere dell’Ucciardone, a Palermo, il Maxiprocesso contro la mafia.
L’aula bunker fu costruita in via Enrico Albanese, all’interno del complesso del carcere Ucciardone, per permettere uno spostamento agevole dei detenuti. L’aula fu provvista di sofisticati sistemi di sicurezza, porte blindate e vetri antiproiettile per evitare il rischio di attentati e fughe, mentre il soffitto fu costruito in modo che potesse resistere ad attacchi aerei.
Alla sbarra nomi eccellenti di Cosa Nostra: da Leoluca Bagarella a Pippo Calò e Michele Greco, oltre ai due boss corleonesi, Salvatore Riina e Bernardo Provenzano, che all’epoca erano ancora latitanti. Grande accusatore, il pentito Tommaso Buscetta.
Giudici istruttori, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che avevano scritto pagine e pagine di accuse, furono letteralmente reclusi nel supercarcere dell’Asinara per motivi di sicurezza.
Il processo di primo grado si chiuse 22 mesi dopo, il 16 dicembre 1987, con 346 condanne: 19 ergastoli e pene detentive per un totale di 2.665 anni di reclusione. Quasi tutte le condanne saranno confermate fino alla Cassazione.
Il contrattacco di Cosa Nostra non si farà attendere, tra il 1992 e il 1993 Falcone e Borsellino vengono uccisi in due diversi attentati.
Il Maxiprocesso nella cultura di massa
Il processo è considerato la prima vera reazione dello Stato Italiano nei confronti della mafia siciliana. I membri di Cosa Nostra furono per la prima volta condannati in quanto appartenenti ad un’organizzazione mafiosa unitaria e di tipo verticistico.
Tutte le fasi del processo, fino al suo apice, sono stati ricostruiti nel documentario RAI Maxi – Il grande processo alla mafia in sei episodi più un extra.
Ampi spezzoni del primo grado del Maxiprocesso sono stati messi in scena nel film Il traditore (2019), regia di Marco Bellocchio, incentrato sulla vita di Tommaso Buscetta; le scene del maxiprocesso sono state girate proprio nell’aula bunker dell’Ucciardone.
Il primo grado del Maxiprocesso è stato ripercorso nel docu-drama Io, una giudice popolare al Maxiprocesso (2020) diretto da Francesco Miccichè.