Il Governo Meloni ha confermato l’ergastolo ostativo e rinvia la riforma Cartabia. I primi due provvedimenti all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri convocato per lunedì riguarderanno la giustizia.
Governo Meloni, conferma dell’ergastolo ostativo
L’intenzione dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni è di confermare il cosiddetto ergastolo ostativo (che impedisce di accedere a sconti e benefici di legge chi non ammette le proprie responsabilità) e il rinvio della riforma Cartabia. E una posizione di rilievo l’avrà anche il comparto della lotta al covid, almeno per quanto attiene l’anticipo all’1 novembre della scadenza dell’obbligo vaccinale per chi esercita la professione sanitaria, e la conseguente abrogazione delle sanzioni per l’inosservanza dell’obbligo. Palazzo Chigi manda dunque un segnale di “discontinuità” rispetto ai precedenti esecutivi.
Il Cdm di lunedì
Al primo punto del primo Consiglio dei ministri ci sarà un decreto legge per mantenere il cosiddetto “ergastolo ostativo”, considerato dal governo – sono sempre fonti di Palazzo Chigi a farlo filtrare – strumento essenziale nel contrasto alla criminalità organizzata. Ma davanti all’intenzione del governo si pare un ostacolo: con una sentenza dell’aprile 2021 la Corte Costituzionale ha stabilito che il “fine pena mai” (cioè l’ergastolo ostativo), così come è formulato oggi, è i n contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione.
Il primo stabilisce che “la legge è uguale per tutti” l’altro che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. I giudici avevano dato tempo al Parlamento di varare un nuova legge fino al maggio di quest’anno, poi era stata concessa una proroga di sei mesi. L’8 novembre la Corte Costituzionale tornerà a trattare l’argomento e in mancanza di novità dovrebbe dichiarare decaduto l’ergastolo ostativo. Anche per questo il governo è corso ai ripari.
La norma era stata introdotta negli anni ‘90, dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio come strumento di lotta alla mafia: nessun beneficio di legge poteva a essere concesso a mafiosi “non pentiti”. Il nuovo testo che il governo presenterà lunedì tenterà di far convivere le osservazioni della Consulta e la necessità di non allentare il contrasto alla criminalità organizzata.
Il testo in esame ricalca il disegno di legge n. 2574 già approvato nella passata legislatura dalla Camera dei Deputati e punta a evitare le scarcerazioni facili dei mafiosi, perché permette l’accesso ai benefici penitenziari al condannato che abbia dimostrato una condotta risarcitoria e la cessazione dei suoi collegamenti con la criminalità organizzata. “Una corsa contro il tempo – fa filtrare Palazzo Chigi – per garantire sicurezza sociale e impedire che ai detenuti mafiosi possano aprirsi le porte del carcere pur in costanza del vincolo associativo”.
Sempre sul tema della giustizia, il Consiglio dei ministri affronterà il rinvio al 30 dicembre 2022 dell’entrata in vigore di alcune disposizioni della “Riforma Cartabia”, raccogliendo le criticità già emerse nel dibattito parlamentare e confermate – proseguono le stesse fonti – in questi giorni dagli operatori del diritto con una lettera al ministro della Giustizia. Il provvedimento intende rispettare le scadenze del Pnrr e consentire la necessaria organizzazione degli uffici giudiziari. In questo caso l’obiettivo è quello di “dare seguito all’indicazione tracciata da Giorgia Meloni nelle dichiarazioni programmatiche in Parlamento e segnare, così, un primo atto di discontinuità, rispetto ai precedenti esecutivi, nella gestione della pandemia da Covid-19”.
Il terzo punto all’ordine del giorno del Cdm di lunedì toccherà il tema della salute. E’ quanto si apprende da fonti di palazzo Chigi, che spiegano come all’esame del Consiglio dei Ministri ci sarà l’anticipo al 1 novembre 2022 della scadenza dell’obbligo vaccinale per chi esercita la professione sanitaria e la conseguente abrogazione delle sanzioni per l’inosservanza dell’obbligo. “L’obiettivo – è il ragionamento – è dare seguito all’indicazione tracciata dal Presidente Meloni nelle sue dichiarazioni programmatiche rese in Parlamento e segnare così un primo atto di discontinuità, rispetto ai precedenti Esecutivi, nella gestione della pandemia da Covid-19”.