Un’avvocatessa con contrazioni da gravidanza a termine è comunque obbligata a partecipare al corso di difesa d’ufficio. È questo il caso che ha visto protagoniste cinque donne avvocato iscritte all’ordine di Milano.
Avvocatessa incinta con contrazioni costretta a partecipare al corso
Cinque avvocatesse con termine di gravidanza fissato tra dicembre 2019 e febbraio 2020 si sono rivolte al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano, chiedendo di essere esonerate dall’obbligo di frequenza del corso di difesa d’ufficio (della durata complessiva di due anni) per 5 o 6 lezioni dopo il parto.
Il COA ha risposto rigettando la richiesta e adducendo che “i singoli problemi di salute anche legati alla gravidanza verranno valutati al termine del corso”.
La delibera veniva notificata proprio durante le lezioni, tra l’altro nella giornata mondiale contro la violenza sulle donne, quando una delle avvocatesse interessate lamentava alcune contrazioni.
Tra discriminazione di genere e mancanza di trasparenza nei procedimenti
Già nella prima metà del 2019 un’avvocatessa in gravidanza era stata obbligata dal COA di Milano a rifrequentare il corso di difesa d’ufficio con figlio primogenito di un anno al seguito, per problemi dell’ufficio formazione inerenti la rilevazione delle presenze durante l’edizione precedente.
Inoltre, i responsabili della formazione presenti al corso avevano fatto sapere che “la gravidanza non è una malattia”.
Oggi, la delibera del COA non solo non prende in considerazione la gravidanza alla luce dei diritti sessuali e riproduttivi contemplati negli strumenti internazionali di protezione dei diritti umani, ma ne svilisce il significato dando rilievo esclusivo ai problemi di salute che potrebbero derivarne, senza nemmeno valutare il disposto normativo di cui all’art. 1 comma 465 della legge 205/2017.
Se, infatti, il legislatore ha inteso stabilire il legittimo impedimento dell’avvocato che documenti il proprio stato di gravidanza per le udienze tra i due mesi precedenti la data presunta del parto e i tre mesi successivi, non si capisce perché tale norma di fonte primaria non possa essere applicata a un corso di formazione.
A ciò si aggiunga che le procedure seguite dal COA di Milano si sono contraddistinte da una certa mancanza di trasparenza, come dimostra il fatto che, nel caso di specie, la richiesta delle cinque avvocatesse avrebbe dovuto essere esaminata dal Direttivo del Corso Biennale per l’abilitazione alla difesa d’ufficio e dalla Commissione Difese d’ufficio, mentre nella delibera del COA non è dato sapere se questi organi siano effettivamente intervenuti.
Le avvocatesse in stato di gravidanza, inoltre, non sono state sentite in merito all’oggetto della loro richiesta, né è stato permesso loro di presentare memoria sul punto.