Inchiesta

Il mistero della morte del Capitano Natale De Grazia

Resta un vero mistero la morte di Natale De Grazia, 38 anni, ufficiale della Marina militare italiana. Mentre era in viaggio con due colleghi dell’Arma dei Carabinieri per un incarico lavorativo e dopo aver fatto una sosta in un ristorante a Campagna (SA), per una cena veloce, i tre militari ripartono a bordo della loro auto. Ma giunti all’altezza di Nocera inferiore, Natale muore, apparentemente per un improvviso malore.

Chi è Natale De Grazia?

Natale De Grazia, nasce il 19 dicembre 1956 a Catona, un quartiere di Reggio Calabria affacciato sullo stretto di Messina. La moglie si chiama Anna Vespia ed è profondamente innamorata di lui da quando ha 17 anni. Natale, per Anna, è e resta il suo primo ed unico amore e da questo amore nascono due figli, Giovanni e Roberto. De Grazia inizia a 25 anni la sua carriera in mare prima sulle petroliere, poi su mercantili fino all’Accademia a Livorno. Finita l’Accademia passa da Vibo Valentia a Reggio Calabria, poi un breve periodo in Sardegna, a Carloforte e infine, nel 1994 di nuovo a Reggio Calabria. Natale è un convinto ambientalista ed è sicuro che con il suo lavoro può dare un reale contributo a difendere le bellezze del mare delle quali è tanto innamorato.

Natale De Grazia

Il Capitano De Grazia partecipa anche in diverse missioni all’estero e dopo aver ampliato le sue competenze ed esperienze, rientra a prestare servizio presso la capitaneria di porto di Reggio Calabria. Presto riceve la proposta dal Procuratore della Repubblica Francesco Scuderi, di indagare con il Sostituto Procuratore Francesco Neri, su traffici illeciti di rifiuti, dopo un esposto presentato da Legambiente che denuncia la sparizione sospetta di molte navi, circa 88 tra il 1979 e il 2000 (doc.117/30). Pur consapevole dell’enorme sacrificio che lui e tutta la sua famiglia deve affrontare, accetta l’incarico. La sua forza, però, sta nel profondo spirito di servizio e nel suo credo, lasciare alle nuove generazioni e ai suoi figli, un mondo migliore. Familiari, amici e colleghi lo descrivono come un uomo semplice, sorridente, sempre disponibile, ma anche un professionista come pochi, integerrimo, incorruttibile e difficile da trarre in inganno.

Il mistero: premessa

Negli anni settanta e ottanta le nazioni che possiedono e utilizzano materiali radioattivi e nucleari, sia per scopi energetici che bellici, hanno il problema dello smaltimento delle scorie. Vengono fondate molte società che offrono servizio di smaltimento sicuro e legale. In vero, però, non tutte queste società sono attrezzate o smaltiscono i rifiuti tossici in modo corretto o lecito. Inoltre, dal 9 novembre 1989, ovvero dalla caduta del muro di Berlino, molti impianti e armamenti nucleari, dislocati verso l’ormai morente blocco sovietico, vengono smantellati, esportati o svenduti. Ovviamente, questi materiali attirano l’attenzione di molti Stati, sia per preoccupazione che per interessi bellici ed economici. A questo punto, Stati, società colossi dell’energia, società di trasporti su terra e marittimi, con infiltrazioni di massonerie, servizi segreti deviati e mafie si inseriscono in questo gigantesco business.

Ma trafficare e maneggiare questi materiali non passa sempre inosservato, soprattutto se non è fatto in modo lecito e corretto. In Italia verso gli anni novanta, diverse associazioni per l’ambiente e diverse segnalazioni presso diverse Procure danno inizio a indagini e controlli.

E il Capitano di Fregata Natale De Grazia, è l’uomo giusto per questo tipo di investigazioni. Sa come potrebbe pensare una mente raffinata del commercio marittimo, sa come leggere le bolle di carico, le rotte di navigazioni, ha familiarità con quel tipo di documentazione, con le navi e le loro carte, insomma, sà come e dove individuare l’irregolarità, l’illecito, se c’è.

Cosa sappiamo

Il Capitano di Fregata Natale De Grazia esce di casa verso le 19 di martedì 12 dicembre 1995, saluta la moglie Anna, i figli Giovanni e Roberto. Con due colleghi, il maresciallo Niccolò Moschitta e il carabiniere Rosario Francaviglia, questi ultimi appartenenti al nucleo operativo del Reparto Operativo CC di Reggio Calabria, partono quasi subito a bordo di una Fiat Tipo con targa di “copertura” e con un incarico speciale. I tre partono da Reggio Calabria con direzione La Spezia.

Nel Tragitto fanno tre fermate, autogrill dalle parti di Cosenza per la toilet, autogrill di Lauria (PZ) per fare benzina e poi verso le 22:30 sosta per la cena in un ristorante a Campagna (SA) “da Mario”. A cena tutti e tre ordinano le stesse cose, solo Il Capitano De Grazia prende una fettina di torta a differenza dei colleghi. Subito dopo cena si rimettono in viaggio.Il M.llo Moschitta è seduto dietro e parla con il carabiniere Francaviglia che è al volante, per cercare di tenerlo vigile alla guida, mentre seduto al posto anteriore del passeggero c’è il Capitano De Grazia che sta dormendo e russa parecchio, forte. Francaviglia, verso il casello Salerno-Mercato, che immette sull’autostrada Caserta-Roma rallenta per prendere il biglietto e De Grazia, seduto accanto a lui, scivola in avanti e la testa gli si piega su una spalla. Se non fosse legato dalla cintura di sicurezza, cadrebbe dal sedile.

Moschitta si accorge che russa in un modo strano. Allora lo scuote, lo chiama, lo schiaffeggia sulla faccia e sente che è bagnato di sudore, ma freddo, ghiacciato. Stanno attraversando una galleria e si vede che De Grazia tiene gli occhi socchiusi in un modo innaturale.

Si accorgono che c’è qualcosa che non va e si fermano nella corsia d’emergenza e Moschitta e Francaviglia, pensando all’inizio ad una indigestione tentano di farlo vomitare, poi cercano di rianimarlo, lo stendono sull’asfalto, gli tolgono la camicia e cercano di praticargli un massaggio cardiaco e una respirazione bocca a bocca. Intanto chiamano il 112 e dopo una ventina di minuti arrivano un’ambulanza e una volante dei Carabinieri. Ma non c’è niente da fare, gli infermieri che accompagnano l’ambulanza convengono subito che l’uomo è morto e la stessa cosa viene confermata dai medici del pronto soccorso dell’ospedale di Nocera Inferiore (SA).

Lo smaltimento illecito dei rifiuti tossici

Il metodo via terra

Le industrie che hanno l’esigenza di smaltire questi rifiuti tossici, in modo lecito e corretto, ovviamente si trovavano di fronte a costi molto elevati. Quindi, questi “organismi criminali”, presentandosi anche sotto forma di società costituite e registrate regolarmente, si offrono di smaltire questi carichi “incomodi” in modo semplice ed economico, tra il 30% e il 50% in meno. Ad esempio un bidone che per essere smaltito legalmente viene a costare 100,00 euro, con le loro offerte costa solo 30,00 euro. Come ha dichiarato anche Carmine Schiavone ex boss dei casalesi, poi collaboratore di giustizia, alla COMMISSIONE PARLAMENTARE D’INCHIESTA SUL CICLO DI RIFIUTI E SULLE ATTIVITA’ ILLECITE AD ESSO CONNESSO (XIII LEGISLATURA) SEDUTA DI MARTEDI’ 7 OTTOBRE 1997, desecretata e da tutti consultabile. Si truccano bolle di carico, si smarriscono mezzi e carichi. Ad esempio si possono trasportare su strada tir stracolmi di bidoni che ufficialmente trasportano rifiuti naturali e che invece contengono Plutonio, Torio e poi vengono interrati in cave, fiumare, sotto falde acquifere, ma anche sotto terre dove si coltiva. In molti casi basta anche solo appiccare un fuoco e tutto scompare nell’aria.

Su questi metodi di smaltimenti illeciti di rifiuti tossici via terra, sono state fatte, poi, sufficienti indagini che hanno trovato prove e portato anche a processi e condanne.

Il metodo via mare

  • 1° metodo – Grandi e vecchie navi, che vengono caricate con fusti pieni di scorie nucleari, radioattive o altri veleni, che arrivate a largo, buttano il carico nei fondali.
  • 2° metodo – Grandi e vecchie navi, che vengono caricate con fusti di scorie nucleari, radioattive o altri veleni, all’esigenza inseriti in enormi blocchi di cemento, perché quest’ultimo è un materiale che scherma bene le radiazioni, in caso di controlli. Poi durante la navigazione, a largo, si sabota l’imbarcazione, facendola esplodere o praticando grandi aperture nello scafo così da fare affondare tutta la nave con il carico. Con il secondo metodo addirittura si guadagna due volte, perché c’è il guadagno dello smaltimento del rifiuto incomodo e l’armatore chiede anche il risarcimento dell’assicurazione sull’affondamento della nave.
  • 3°metodo – Simile al primo, ma con doppio guadagno perché dopo il trasporto e il riversamento in mare di questi fusti dei veleni, la nave semplicemente, a fine corsa, si vende si cambia di nome e in alcuni casi cambia bandiera.

Sui metodi di smaltimenti illeciti di rifiuti tossici via mare, invece, nonostante le indagini è stato molto difficile trovare prove inconfutabili che hanno portato a responsabili precisi. Anche se sono stati fatti diversi processi e diverse inchieste parlamentari, si sono raggiunti pochi risultati. E in pochi hanno pagato e solo parte di questi reati. Francesco Fonti ex boss di ‘Ndrancheta e anche lui collaboratore di giustizia ha parlato delle navi dei veleni e degli interramenti nelle fiumare e in Aspromonte. Nel 2005 è uscito un servizio de L’Espresso con un memoriale di Fonti sul traffico di rifiuti pericolosi in Italia e in Somalia, che ha coinvolto servizi segreti e politici, soprattutto democristiani, come Riccardo Misasi e Ciriaco De Mita, quest’ultimo citato anche da Carmine Schiavone. È bene sempre sottolineare e specificare che, anche se in udienze e Inchieste Parlamentari, i pentiti Schiavone e Fonti hanno fatto  nomi illustri, di politici o di alti funzionari dello Stato coinvolti o a conoscenza di tali “crimini”, non è detto che questi fossero realmente a conoscenza di tali traffici, che vi abbiano partecipato o che vi fossero coinvolti. Non vi è prova a sostegno delle dichiarazioni che coinvolgono i sopracitati politici. E bisogna ricordare che i sopracitati pentiti, invece, in alcuni casi sono stati ritenuti attendibili e le loro dichiarazioni hanno portato a riscontri reali, ma in altri casi sono stati ritenuti non attendibili e le loro dichiarazioni non hanno portato a nessun riscontro oggettivo o reale.

Ci sono, poi,  documenti reali, redatti da organi e funzionari dello Stato.

Informative SISDE, oggi desecretate e pubbliche.

In una di queste informative del SISDE si legge: “(…) L’allocazione dell’illecito è concentrato nel Meridione, fatto che evidenzia una direttrice Nord-Sud del traffico avente come obiettivo primario il trasporto degli speciali e dei pericolosi in luoghi non abilitati al loro smaltimento (…)”.


Matrice criminale Gruppo Area Geografica
‘Ndrangheta

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Provincia di Catania

Palma di Montechiaro (AG)

Provincia di Trapani

Napoli

Provincia di Napoli

Provincia di Napoli

Napoli-Caserta

Provincia di Caserta

Provincia di Caserta

Surbo (LE)


Dai documenti che oggi si possono visionare, sembra, che i servizi segreti italiani avessero, sotto la guida del Generale Mario Mori, già al vertice dei ROS dell’Arma dei Carabinieri, un’idea abbastanza precisa sui traffici dei rifiuti “illeciti”, così come avevano piena conoscenza e addirittura mappature dei rapporti tra imprenditoria e crimine organizzato. Eppure si è dovuto attendere molti anni per portare alla luce circostanze così lampanti. Nel 2003, quando i servizi segreti hanno scritto queste pagine, il presidente del Consiglio è Silvio Berlusconi, il Ministro dell’Interno è Beppe Pisanu, il Ministro della Giustizia Roberto Castelli. È bene precisare e sottolineare che è chiaro che non vi è nessun automatismo tra la stesura di questo dossier e la conoscenza diretta da parte dei ministri competenti o del presidente del Consiglio. Chi è in possesso delle informazioni dei servizi segreti sui traffici di rifiuti tossici nel nostro paese, all’epoca, è Enzo Bianco, che è stato anche sindaco di Catania, che ha presieduto il Co.Pa.Co. il Comitato Parlamentare di Controllo sui servizi segreti. E potrebbe essere lecito pensare che oltre ogni ragionevole dubbio, Bianco non poteva non essere a conoscenza del contenuto di questi dossier.

 

motonave Latvia
La motonave Latvia oggetto d’indagine ed individuata

Il Mistero

In una delle sue prime operazioni d’indagine con il pool interforze, il Capitano De Grazia ha modo di fare una perquisizione in casa di Giorgio Comerio, imprenditore e “faccendiere”, impegnato appunto nello smaltimento e il trattamento di rifiuti radioattivi, tanto da fondare una società, la ODM, che offre servizi a privati e Stati. Nei suoi documenti vengono trovati progetti e videotape che documentano “siluri” imbottiti di scorie che vengono fatti affondare nei mari. In tale occasione il Capitano rinviene, in una cartella, il certificato di morte di Ilaria Alpi, giornalista del TG3 che morì in un agguato in Somalia.

Tale certificato è sempre stato un rompicapo, in quanto scomparso più volte dagli archivi di diversi Tribunali e mai recapitato nemmeno alla famiglia della stessa vittima. Si è sempre ipotizzato che anche la giornalista fosse sulle tracce di un mercato illecito di armi e rifiuti radioattivi, che coinvolgeva diverse società di copertura come la SHIFCO.

De Grazia parte da Reggio Calabria in direzione La Spezia per acquisire una serie di documenti sulla Rigel, una nave che secondo alcune fonti trasportava rifiuti radioattivi ed era stata fatta affondare al largo delle coste calabresi. Inoltre deve incontrare una fonte e deve avere dei risultati su delle misurazioni e analisi effettuate su un container. Infatti, a seguito dell’affondamento di un’altra nave, la Coraline, sulla costa di Salerno, nel 1995, si è spiaggiato un container che dopo gli accertamenti è risultato contaminato da Torio. Prima di partire per questa missione,  confida al cognato di essere preoccupato, perché quello che ha scoperto può creare un “terremoto”. Allo stesso tempo dice alla moglie che quello è l’ultimo viaggio, perché il suo incarico è finito in quanto ha le informazioni e le prove che gli occorrono per concludere le indagini. Ma il suo viaggio si interrompe sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria, con la sua morte. Ultimamente il Capitano De Grazia aveva forti sospetti che qualcuno facente parte il pool investigativo passasse informazioni ai “servizi deviati” e aggiunge anche che sospetta di una persona molto vicina e fidata. La fonte che deve incontrare è invece un agente dei servizi, di sua fiducia, che gli deve confermare e consegnare ulteriori documentazioni riguardanti dette navi e luoghi di lavorazione e stoccaggio, addirittura l’esatta posizione e le esatte coordinate dell’affondamento della Rigel. Le diciture delle deleghe conferite al Capitano De Grazia per effettuare le indagini e reperire la documentazione non sono mai state del tutto precise.

Alla base di Bosco Marengo, punto di arrivo di De Grazia, lì il Capitano ipotizza che si lavora e si trafficano le scorie radioattive anche per uso bellico.

La fonte segreta di De Grazia conferma che se a Bosco Marengo avessero fatto una perquisizioni avrebbero trovato le prove definitive del fatto che gli americani, i russi, gli iraniani e anche altri Stati facevano affari con il nucleare, in Italia. Grazie all’appoggio delle massonerie, dei Governi, dei servizi e delle mafie, ognuno con la propria fetta di guadagno.

Dato che era passata già la legge in Italia che proibiva lo stoccaggio e la lavorazione del nucleare, bastava solo che il pool trovasse i macchinari per il trattamento del Plutonio o del Torio. Ma nel corso di quel viaggio, il Capitano muore. Uno dei dubbi più forti si ha sulla causa reale della sua morte. Si potrebbe parlare di quasi tre autopsie effettuate. Due, stranamente fatte dallo stesso medico legale, la dottoressa Simona Del Vecchio e una fatta dal medico legale di parte dottor Asmundo. Entrambi concludono quasi con una stessa versione, ovvero causa del decesso: arresto Cardiocircolatorio. È bene ricordare che la dottoressa Simona Del vecchio è stata  indagata, processata e condannata in primo grado per l’art.476 (Falso ideologico commesso da Pubblico ufficiale in Atti Pubblici), in quanto pare, avesse firmato diverse autopsie, senza averle mai effettuate. Poi in appello è stata reintegrata. Ma riportando solo un estratto della consulenza medico legale del Professor Giovanni Arcudi, Direttore dell’Istituto di medicina legale nella facoltà medica dell’Università di Roma – Tor Vergata, nonché consulente della Commissione, incaricato per un ulteriore autopsia, a pag. 134 dice: “(…) se si volesse proporre una ipotesi di causa di morte diversa da quella sopradetta; si può riconoscere solo la causa tossica. Quale essa potrà essere stata, e se c’è stata, non lo si potrà più accertare (…)”.

In poche parole, essendo passato troppo tempo, purtroppo, non sapremo mai la vera causa della morte del Capitano De Grazia, se ha avuto un arresto Cardiocircolatorio, oppure se è stato avvelenato. Anche se familiari e molti altri, fra colleghi, inquirenti hanno sempre sospettato e ipotizzato l’ avvelenamento e quindi l’omicidio. Date le indagini delicate che faceva e la salute del Capitano De Grazia, tutti i conoscenti e collaboratori precisano che non bisogna dimenticare che essendo un militare Natale era sottoposto spesso e periodicamente a visite mediche scrupolose di protocollo, che aveva un fisico sportivo, non gli era mai stato diagnosticata nessuna malformazione, malfunzionamento o problema cardiaco e che essendo stato anche in zone di guerra era abituato a situazioni di stress.

Le Indagini

Affidate alla Procura della Repubblica di Nocera Inferiore, le indagini sulla morte del Capitano de Grazia trovarono presto archiviazione. Dalla sua morte il pool investigativo interforze iniziò piano piano a sgretolarsi fino al definitivo scioglimento.

Diverse altre indagini e processi, in diversi Tribunali, tra i quali quello di Reggio Calabria, di Salerno e di Napoli, hanno concluso con richieste di archiviazione, come più di una Inchiesta Parlamentare con identici risultati. Molti documenti prodotti non hanno portato alla verità sulla sua morte. (Reggio Calabria, 19 dicembre 1956 – Nocera Inferiore, 13 dicembre 1995) è stato un capitano di fregata, medaglia d’oro al valor di Marina alla memoria)

Il Capitano di Fregata Natale De Grazia per l’impegno profuso e i risultati raggiunti è stato definito un eroe. Ci sono persone che combattono sistemi criminali e muoiono cercando di migliorare le cose ed evitare questi ecocidi. La morte di De Grazia, naturale o provocata che sia, ha innalzato un altro muro che ci separa dalla verità, un altro ostacolo alla ricerca della verità su questi traffici e le loro conseguenze che letteralmente uccidono. E questo è un mistero campano.

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