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Mogol su Battisti: “Non era fascista, il suo era un gesto religioso”

Mogol ha rilasciato un’intervista per Il Corriere, parlando di Lucio Battisti: ha dichiarato che non era fascista, come si dice, ma che il suo era solo un gesto religioso. Poi, ha spiegato il suo rapporto con il noto cantante scomparso.

Mogol su Battisti: non era fascista, era un gesto religioso

Il grande autore ricorda il cantautore scomparso che il 5 marzo avrebbe compiuto 80 anni Mogol dichiara: «Battisti? All’inizio non mi sembrava un granché. Le braccia tese? Nessun saluto fascista, solo un’invocazione religiosa». Ha poi raccontato del primo incontro: «Ci fece conoscere Christine Leroux, direttrice di una csa di edizioni musicale che aveva fatto un contratto a Lucio.

Lui mi fece sentire due canzoni. “Non mi sembrano un granché”, dissi. E lui “In effetti… sono d’accordo”. Era semplice e umile, sorrise nonostante la batosta. Per non sentirmi un verme miserabile gli proposi di vederci per provare a fare qualcosa insieme. Nacquero “Dolce di giorno” e “Per una lira”».

Poi, alla domanda “Cosa hai visto in quel ragazzo”, l’autore ha risposto: «Farei bella figura a dirlo, ma non avevo intuito nulla. Però la terza canzone fu “29 settembre” che divenne un successo dell’Equipe 84. All’inizio Lucio non voleva cantare, dovetti insistere prima di convincerlo». «Era moderno. Non cantava per far sentire la voce, ma per comunicare qualcosa».

Il messaggio politico: il gesto con le braccia

«“Il mio canto libero”. Racconta di un mio nuovo amore dopo il divorzio. Allora non era cosa comune e infatti inizia con “in un mondo che non ci vuole più». Qualcuno l’aveva letta in chiave politica… Come accadde ai «boschi di braccia tese» di «La collina dei ciliegi» interpretati come una folla che fa il saluto romano.

«Quelle braccia non erano un simbolo politico. Lo hanno detto anche per quelle della copertina di “Il mio canto libero”. Ma sono braccia con i palmi aperti come per un’invocazione al signore. Volevano darmi del fascista perché non facevo canzoni impegnate. Non ho mai sentito Lucio parlare di politica: semplicemente non scrivevamo canzoni per il comunismo. Però i dischi di Lucio vennero trovati nel covo delle Br: è un fatto storico», ha sostenuto infine Mogol.


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