Una dipendente di un’azienda di Sovico in provincia di Monza Brianza è stata licenziata dopo che le era stato riconosciuto un malore professionale: la donna lavorava da 20 anni per l’azienda che però non è riuscita a ricollocarla e l’ha messa alla porta.
Monza, dipendente licenziata a causa di un malore per la mansione
A una donna è stata diagnosticata una malattia professionale. Dopo oltre vent’anni di lavoro presso la sua azienda, quest’ultima non è riuscita a ricollocarla e le ha quindi comunicato l’intenzione di terminare il rapporto di lavoro. Di conseguenza, la dipendente si trova costretta a rimanere a casa. Questa situazione ha suscitato la reazione dei sindacati, che si sono attivati immediatamente. La donna è anche delegata del sindacato Fiom Cgil. Dopo anni di servizio, l’Inail le ha riconosciuto una malattia incompatibile con le mansioni che svolgeva. Come riportato dal quotidiano Il Giorno, la sua azienda, la Beta Utensili con sede a Sovico, ha valutato la possibilità di trasferirla in altri reparti, ma non avendo trovato soluzioni, le ha comunicato l’intenzione di chiudere il rapporto di lavoro. Le Rsu interne e la Fiom Cgil hanno indetto un’assemblea in sciopero, dichiarando: “La mobilitazione proseguirà finché non verrà ritirato il provvedimento”.
Cosa è successo
La donna era stata allontanata dal lavoro “nei mesi scorsi a seguito di alcune visite mediche che hanno evidenziato il deterioramento di alcune condizioni fisiche e dopo che le è stata riconosciuta una malattia professionale dall’Inail”, spiegano i rappresentanti sindacali. Secondo la Fiom, l’azienda avrebbe preso la decisione “in modo unilaterale e senza alcun confronto, di lasciare a casa una delegata sindacale”. Il sindacato accusa inoltre l’azienda di aver trattato come un oggetto “una lavoratrice che, entrata in azienda a vent’anni senza problemi di salute, ora si trova disoccupata e con difficoltà fisiche”. L’azienda ha chiarito che a maggio di quest’anno “il medico del lavoro ha confermato in modo inequivocabile l’incompatibilità tra il giudizio medico e la mansione assegnata alla signora”. Di conseguenza, è stata esonerata dalla prestazione lavorativa “con il mantenimento del diritto a continuare a ricevere quanto le spetta”.
Ha successivamente chiarito di essersi impegnata a cercare una soluzione, ma dopo sette mesi non è stato possibile trovarne una, poiché “le posizioni disponibili sono già da tempo occupate” da altri lavoratori con limitazioni sanitarie. “Sono state considerate anche altre tipologie di mansioni operative, ma si sono rivelate impraticabili in quanto richiedono competenze professionali specifiche”.