Cronaca

Addio a Vittorio Vallarino Gancia, scompare il re degli spumanti all’età di 90 anni

Lutto ad Asti, è morto Vittorio Vallarino Gancia: il re degli spumanti scompare all’età di 90 anni. Per decessi guidò l’azienda Gancia, fondata dal bisnonno nel 1850. L’uomo fu anche rapito dalle Brigate Rosse per poi essere liberato.

Lutto ad Asti, morto Vittorio Vallarino Gancia

Lutto nel mondo dell’imprenditoria ad Asti, è scomparsa Vittorio Vallarino Gancia: il re degli spumanti scompare all’età di 90 anni. Per decessi guidò l’azienda Gancia, fondata dal bisnonno nel 1850. L’uomo fu anche rapito dalle Brigate Rosse per poi essere liberato.

Il sequestro di persona

Il sequestro Gancia fu un sequestro di persona avvenuto in Italia nel 1975 durante gli anni di piombo. Un nucleo armato delle Brigate Rosse sequestrò il mattino del 4 giugno l’industriale Vittorio Vallarino Gancia, figlio del proprietario dell’omonima casa vinicola, al fine di ottenere un riscatto con cui finanziare l’attività dell’organizzazione terroristica per la lotta armata.

Il sequestro si concluse il giorno successivo quando i rapitori incaricati della detenzione dell’ostaggio furono individuati da una pattuglia dei carabinieri che fece irruzione nella cascina Spiotta d’Arzello, vicino ad Acqui Terme, dove era tenuto nascosto Gancia. Lo scontro a fuoco con l’impiego di armi automatiche e bombe a mano causò la morte dell’appuntato dei carabinieri Giovanni D’Alfonso e della terrorista Margherita Cagol, capo del nucleo brigatista e moglie di Renato Curcio, oltre al grave ferimento di altri due carabinieri, tra cui il tenente Umberto Rocca che perse un braccio e un occhio; l’ostaggio venne liberato incolume.

Il sanguinoso avvenimento, i cui dettagli non sono mai stati precisati completamente, ebbe profonde ripercussioni per la storia delle Brigate Rosse: esacerbò il risentimento e la violenza del gruppo terroristico e segnò il passaggio a una fase più cruenta della lotta armata.

L’azienda Gancia

Il nome lo si deve al fondatore Carlo Gancia, nato nel 1829 a Narzole, in Provincia di Cuneo, Piemonte, settimo figlio di Caterina Rosso e Michele Gancia, quest’ultimo erede di numerosi poderi e terreni agricoli nella zona di Canelli, in (Provincia di Asti), tanto da iniziarvi una prospera viticoltura, in special modo di uve di moscato.

Il piccolo Carlo resta affascinato di come le sapienti mani del padre riescano a trasformare i grappoli d’uva in vino, tanto da farne una passione. Appena quindicenne quindi, nel 1845 si trasferisce stabilmente a Torino, dove studia per poi entrare all’Università degli Studi delle facoltà di chimica e farmacia. Agli studi, affianca esperienze da tirocinante negli allora laboratori chimici di confettieri ed acquavitai torinesi compiendo, insieme a loro, vari esperimenti enologici.

A soli 18 anni, Carlo Gancia diventa dapprima socio, poi direttore della antica caffetteria-liquoreria torinese di Piazza Castello, la Dettoni e C., sperimentando e brevettando una nuova ricetta per il vermouth, basata sull’utilizzo di uve moscato come base per ammorbidire l’infuso, ottenendo così un prodotto innovativo e dal vasto successo.

Non ancora soddisfatto, l’anno dopo il giovane Carlo decide di recarsi in Francia, per studiare la spumantizzazione dello champagne. Dal 1849 vive stabilmente a Reims, nel Grande Est, patria del vino spumante champagne, dove entra, come semplice operaio, alla rinomata ditta di vini Piper-Heidsieck. Qui vi rimane per un paio d’anni, dove diventa addetto esperto alla vinificazione, e dove apprende il metodo champenoise per la spumantizzazione, quindi importato in Italia col nome di “metodo classico”. A tale metodo, Carlo Gancia applicherà soltanto alcune semplificazioni della procedura, al fine di velocizzare i tempi e abbassare i costi di produzione massiva delle bottiglie.

Il primo spumante italiano

Mentre i vini di uve moscato e i relativi laboratori di vermouth riscuotono successo a Canelli, in tutto il Piemonte ed oltre (molto mercato era diretto anche in Francia) già dalla prima metà del XIX secolo, nel 1850 Carlo Gancia torna in Piemonte, affitta una cantina a Chivasso, a circa 20 km nord da Torino, e coinvolge suo fratello Edoardo in esperimenti di spumantizzazione col metodo champenoise appena appreso in Francia. Carlo capisce subito il bisogno di impiantare nuove vigne di moscato e, con l’appena nominato socio Arnaldo Strucchi, quest’ultimo già direttore dell’azienda Cora di Costigliole d’Asti, studia nuove aree idonee in loco. Trovano consenso anche da Camillo Benso, conte di Cavour, ma la legge in favore dell’ampliamento delle zone di coltura destinate a differenti tipi di uva non viene modificata.

Nel frattempo, la cantina di Chivasso diventa presto una vera e propria fabbrica che, nel 1851, si chiamerà semplicemente Fratelli Gancia. La cittadina di Chivasso è vicina a Torino, unico nodo ferroviario utile per allargare la produzione e, nel 1861, grazie anche all’Unità d’Italia, la ditta siglerà degli accordi con la Società per le Ferrovie dell’Alta Italia. Tuttavia, la sperimentazione della spumantizzazione attraverso il cosiddetto “metodo classico” avverrà soltanto quattro anni dopo, quando, togliendo gli sciroppi richiesti dalla lavorazione francese, Carlo Gancia presenterà il suo primo “Spumante italiano”, iniziando l’esportazione estera già l’anno dopo[2]. A lui si deve la brillante intuizione dell’interruzione della fermentazione con ripetuta filtrazione del mosto, al fine di ottenere uno spumante di tipo demi-sec (zuccheri 35-40 g/l) unito ad una bassa gradazione alcolica, e all’epoca chiamato anche moscato champagne.

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