Allarme mucca pazza in Svizzera: è il primo caso dal 2012. Trovato in un bovino abbattuto in una fattoria di Svitto. L’infezione è in via di eradicazione in tutta Europa.
Un caso di mucca pazza in Svizzera
Sono trascorsi 34 anni da quando in Inghilterra, in un laboratorio veterinario di Weybridge, venne diagnosticato in una mucca il primo caso di encefalopatia spongiforme bovina (BSE, Bovine Spongiform Encephalopathy), quello balzato agli onori della cronaca come il famigerato ‘morbo della mucca pazza’, in grado di infettare anche l’essere umano.
Da allora è stata affrontata una vera e propria epidemia, che nel corso degli anni, a causa del numero crescente di contagi e decessi, si è tradotta anche in alcuni bandi temporanei nella UE, come quello delle carni non disossate (la tipica bistecca fiorentina fu una delle ‘vittime’) e delle farine animali per nutrire il bestiame. Oggi si riteneva che l’encefalopatia spongiforme bovina fosse stata praticamente eradicata.
È notizia di oggi che all’inizio dell’anno in Svizzera è stato segnalato un primo caso dal 2012 del morbo della mucca pazza. Una vacca di tredici anni di una fattoria di Einsiedeln (SZ) è stata soppressa il 23 gennaio perché presentava una forma atipica di encefalopatia spongiforme bovina (BSE), indica un comunicato dell’Organizzazione mondiale della sanità animale (OIE) diramato ieri sera.
Campioni del tronco cerebrale sono stati prelevati per compiere delle analisi, precisa l’OIE. Il primo caso di BSE, che ha sempre esito letale, nella Confederazione risale al 1990. All’epoca l’epizoozia si era diffusa a causa dell’alimentazione dei bovini con farine animali in cui i prioni, alla base della patologia, non erano inattivati. L’agente infettivo è una proteina modificata detta appunto prione che colpisce i centri nervosi dell’animale. Questa proteina subisce una modificazione permanente della sua conformazione che provoca un danno irreversibile nella proteina presente normalmente nelle cellule sane del cervello.
Ciò produce un’aggregazione tra le proteine che risulta nella formazione di dense placche fibrose. Al microscopio, queste ultime appaiono come “buchi”, dando alla sezione osservata il caratteristico aspetto “a spugna” della materia cerebrale. Il fenomeno produce a livello clinico un deterioramento delle condizioni fisiche e mentali dell’animale.
L’Italia, secondo il Comitato permanente della catena alimentare dell’Unione europea è un paese “a rischio trascurabile”, mentre è in fase di eradicazione in tutta Europa. Drastico il calo di contagi registrato dal 2001 al 2012: da 2016 ad appena 16 casi.