Emergono nuovi dettagli sull’interrogatorio reso giovedì scorso da Mario Eutizia, il badante killer napoletano che si è costituito ai carabinieri di Caserta dopo aver confessato di aver ucciso quattro anziani da lui assistiti perché “non poteva vederli soffrire”.
Napoli, interrogatorio per il badante killer: cos’ha detto
Quarantotto anni, Eutizia si è visto non convalidato il fermo (non sussiste pericolo di fuga) ma resta in carcere perché potrebbe reiterare il reato e soprattutto perché non ha altro posto dove andare (è un senzatetto). Malato oncologico e diabetico, in condizioni di salute molto precarie, sta vedendo i suoi avvocati Gennaro Romano e Antonio Daniele ricevere la disponibilità di diverse associazioni e strutture sanitarie per accoglierlo.
L’interrogatorio
“Dottoressa, io sono andato là, stamattina, dai carabinieri, perché ho bisogno di aiuto”, ha detto alla pm di Santa Maria Capua Vetere Annalisa Imparato. “Lei che tipo di aiuto vuole?”, le ha risposto Imparato. “Voglio fermarmi”, ha precisato lui.
“Cosa capitava?”, gli chiede il magistrato. La risposta: “Sto fatto che sentivo quando vedevo che soffrivano queste persone”. La necessità di porre fine ai loro dolori, con massicce dosi – fatali – di farmaci. Eutizia per questa ragione era andato alla polizia ferroviaria di Caserta, nella speranza – visti i suoi numerosi precedenti – che potesse esserci qualche ordine di cattura nei suoi confronti. Mon c’era. Così è andato prima in chiesa e poi si è addormentato su una panchina. Infine ha chiamato i carabinieri e confessato gli omicidi.
La pm gli ha fatto presente la gravità delle sue affermazioni: “Lei si sta autoaccusando di omicidi, lo sa che è un reato molto grave, che è punito con la pena dell’ergastolo…e lei nonostante tutto vuole essere aiutato…cioè l’aiuto è per non commettere più questi fatti?”. Eutizia: “Sì, per questo”. Imparato: “Quindi lei dice ‘io adesso preferisco essere fermato, arrestato, piuttosto che continuare a lavorare, perché non riesce a fermarsi davanti al dolore altrui’?” Eutizia: “Esatto quello ho paura, per me e più importante che le altre persone…me ne potevo stare in santa pace…Tanto quanto altro posso vivere con quello che ho (un cancro, ndR), un altro anno e mezzo, due?” Pm: “Quindi lei ha voluto liberare la sua coscienza, sostanzialmente questo”. Eutizia: “Sì”.
La pm gli ha chiesto anche se fosse stato “spinto da una voce interna”, ma l’uomo ha capito subito dove stesse andando a parare. “No, non sono pazzo…non partivo ‘devo andare lì e devo uccidere’. Io stavo, vivevo insieme alla persona e la vedevo soffrire…quello che diceva ‘voglio morire, non ce la faccio più…’, che di notte urlava, si graffiavano la faccia, cioè lei non sa cosa passano quelle persone quando c’hanno quelle patologie”.