Site icon Occhio Notizie

Alessandro Barbano saluta così “Il Mattino”: “Il coraggio dei moderati”

NAPOLI. Da ieri, venerdì 1 giugno, Alessandro Barbano non è più il direttore de Il Mattino. Al suo posto Federico Monga, torinese, già vicedirettore del quotidiano, ed ex giornalista de La Stampa, giornale per il quale si occupava soprattutto di economia e dell’inserto Tuttosoldi.

Alessandro Barbano non è più direttore de “Il Mattino”

La sostituzione non è stata motivata dal Gruppo Caltagirone, editore – tra gli altri – anche de “Il Mattino” – che si è limitata a ringraziare Barbano “per il lavoro svolto con forte impegno e professionalità”.

Secondo Repubblicaindiscrezioni” vorrebbero che “Barbano si è opposto a un ulteriore ridimensionamento del personale e a tagli nel giornale”, ma “soprattutto – ed è il motivo vero – è stata respinta da Barbano la richiesta dell’editore di un atteggiamento politicamente più “morbido” nei confronti di Lega e Movimento 5 Stelle”. Voci che, al momento, non trovano conferme.

L’ultimo editoriale di Barbano su “Il Mattino”

Intanto, l’ormai ex direttore Alessandro Barbano ha affidato al suo ultimo editoriale su Il Mattino le impressioni e gli auguri con cui lascia il giornale che ha diretto per 6 anni:

Cari lettori, quello che mi accingo a scrivere è il mio ultimo articolo da direttore del Mattino. Il mio rapporto con questo giornale, che ho molto amato, e sempre molto amerò, si interrompe per decisione dell’Editore. A cui va in ogni caso il mio ringraziamento sincero per la fiducia accordatami per quasi sei anni.

Durante questo periodo la crisi del Paese è andata sempre più coincidendo con la crisi del suo racconto. E cioè con l’imporsi di una retorica che ha svuotato di senso le parole su cui si fonda il patto civile tra rappresentati e rappresentanti, tra cittadini e istituzioni. Con l’effetto di indebolire la delega del sapere e del potere, annullare la valenza simbolica dell’autorità, azzerare le forme della democrazia, instaurando nel discorso pubblico un analfabetismo che ci fa vedere l’Italia peggiore di quanto sia nella realtà. Così sfuma ogni differenza tra le élite e la casta, tra il compromesso e l’inciucio, tra le prerogative quirinalizie e i veti eterodiretti. Allo stesso modo è possibile dichiarare l’impeachment del capo dello Stato e il giorno dopo recarsi al Colle per un colloquio privato, senza che ciò abbia alcuna conseguenza apparente sulla qualità delle relazioni istituzionali. Ciò vuol dire che più le parole sono forti, meno valgono.

A una babele di parole irrilevanti è ridotta la politica. La tattica detta i tempi e occupa gli spazi di una dialettica pubblica caduta in un’impasse permanente, senza esiti né direzione. La tattica ci consegna dopo tre mesi di trattative un governo che lega in un contratto due radicalismi, ma ci consegna anche l’urgenza di una pedagogia civile capace di rieducare la società. È in questo momento che si sente la mancanza di un pensiero moderato, in grado di persuadere i cittadini, con la stessa efficacia del populismo, che la democrazia non è solo utile e necessaria, ma è anche bella, con tutte le sue imperfezioni.

Con una tenacia pari al prestigio della sua storia, il Mattino ha perseguito questo obiettivo. Tanto più la grammatica civile si semplificava e perdeva le sue congiunzioni, tanto più il giornale ha fatto esercizio di traduzione della complessità. Poiché nessuna conoscenza che si rispetti è riducibile a bianco o nero, ma rivela la sua profondità nelle sfumature di grigio che è in grado di rendere visibili. Che si parlasse dell’eclissi del Mezzogiorno nell’agenda dei governi, o piuttosto della sua narrazione per stereotipi nella fiction e nel romanzo, dello scolorire dell’Europa nella coscienza delle opinioni pubbliche o piuttosto dell’impatto delle migrazioni sulle società, dell’efficacia della lotta alla corruzione o piuttosto delle garanzie dei cittadini di fronte alla pervasività della giustizia, dell’espansione dei diritti civili o piuttosto dei limiti alle possibilità della tecnica, questo giornale ha cercato una sintesi tra tutte le ragioni in campo.

L’editoriale completo su IlMattino.it

Exit mobile version