Arcangelo Correra morto a Napoli, per il giudice l’indagato sta mentendo sulla pistola. Poco credibile la scena del ritrovamento: la criminalità non abbandonerebbe mai una pistola con matricola abrasa e con caricatore modificato.
Arcangelo Correra morto a Napoli, per il giudice l’indagato mente sulla pistola
Il gip Maria Gabriella Iagulli non si fida delle dichiarazioni dell’indagato riguardo al punto cruciale di questa vicenda: il ritrovamento della pistola che ha causato la morte del 18enne Arcangelo Correra. In un’ordinanza di dieci pagine, viene motivato l’arresto di Renato Caiafa, il 19enne fermato durante le indagini sul delitto avvenuto sabato mattina, smontando la versione fornita dall’indagato riguardo a come l’arma sia emersa nel gruppo di amici presente in piazzetta Sedil Capuano.
La versione dell’indagato
Come è noto, Renato Caiafa ha affermato di aver trovato l’arma per caso, poiché era appoggiata sullo pneumatico di un’auto parcheggiata da tempo nei pressi della piazzetta in cui viveva. Tuttavia, il giudice per le indagini preliminari ha ritenuto questa versione poco plausibile, come spiegato nella sua ordinanza: la pistola è nera, lo pneumatico è nero e la notte è buia, rendendo impossibile trovarla senza una conoscenza pregressa del luogo in cui era nascosta. Inoltre, il gip sottolinea che la criminalità non lascerebbe mai un’arma con matricola abrasa e caricatore modificato, poiché si tratta di un bene di valore che non verrebbe abbandonato. Pertanto, la scena del ritrovamento appare poco credibile.
Secondo il giudice per le indagini preliminari, è particolarmente grave anche il comportamento tenuto dall’indagato dopo i fatti. Dopo aver accompagnato l’amico in ospedale, Renato Caiafa lascia la struttura sanitaria e tenta di eliminare ogni traccia di quanto accaduto quella mattina. In che modo? Getta via gli abiti insanguinati e poi contatta lo zio, chiedendogli di andare a recuperare la pistola e lo scooter macchiato di sangue. Si tratta di un comportamento “lucido”, nonostante il dolore per la perdita di un amico d’infanzia. Difeso dall’avvocato penalista napoletano Giuseppe De Gregorio, Renato Caiafa ora attende i risultati dell’autopsia, che serviranno a ricostruire la dinamica e la traiettoria del colpo che ha stroncato una giovane vita.