NAPOLI. Nessuna invenzione giornalistica o realtà contemporanea, insomma nulla di nuovo: questo il senso delle dichiarazioni del presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone.
Come riportato dal quotidiano Il Mattino, il già magistrato presso la Dda di Napoli ha parlato dello scottante tema delle baby gang in occasione di un seminario sulla cultura della legalità al tempo di papa Francesco, organizzato a palazzo du Mesnil.
Il commento di Cantone
Secondo Cantone il fenomeno delle baby gang non è nuovo: «Chi conosce la storia della camorra, sa che i giovanissimi sono stati sempre parte di questo fenomeno di prevaricazione. Anzi, proprio a Napoli c’è stata la prima condanna di un tribunale per i minori per 416-bis, l’associazione camorristica».
Fu una sentenza che fece scalpore e fa da precedente giurisprudenziale più volte richiamato. Una sentenza che risale ormai a una ventina di anni fa, firmata dal giudice Marina Ferrara. Commenta ancora Cantone: «Oltre le baby gang, ci sono adolescenti che fanno parte di gruppi di camorra, anche se Napoli città è sempre sfuggita ad una stabile catalogazione dei clan, perché si era di fronte a scenari di grande flessibilità. Purtroppo, chi conosce questa storia, non si meraviglia di ciò che accade, anche se stiamo assistendo a fatti gravissimi».
Rimedi non efficaci
Purtroppo, ha aggiunto Raffaele Cantone, sono i rimedi a non essere efficaci. «Quello su cui c’è da interrogarsi mille volte è come mai, oltre le azioni repressive, non si riesca a fare qualcosa di più incisivo nella prevenzione sociale. Questi ragazzi si arrestano, si mettono in carcere e ne escono il più delle volte ancora più rabbiosi e delinquenti. È sul prima che si dovrebbe incidere, ma non ci riusciamo».
Un’amara constatazione, che chiama a raccolta la scuola, la famiglia, gli operatori sociali. Dice Cantone: «Oggi sono soprattutto alcuni preti a svolgere attività di prevenzione, con associazioni e iniziative. Poi il vuoto. C’è una logica di ragazzini che si riuniscono in bande, da gang metropolitane come quelle degli adolescenti sudamericani di molte altre grandi città. Basti vedere quello che accade in alcune zone di Milano, dove le bande sudamericane sono chiuse e si affrontano tra loro. Occorrono più anticorpi e a Napoli non riusciamo a trovarne».
Analisi condivise da molti, che avrebbero bisogno di un impegno diffuso non delegato solo alle forze dell’ordine e all’attività repressiva. «Per questo l’impegno da denuncia e resistenza dell’assurdità subita dal figlio, che sta portando avanti la mamma di Arturo, è un esempio da seguire» conclude Raffaele Cantone. Un impegno e un cammino, come tutti quelli di chi che cerca di non rassegnarsi alla violenza e alla prevaricazione, che si attira continue resistenze in molti ambienti.
Anche dal presidente dell’Anticorruzione un invito a non rassegnarsi e a fare qualcosa per non abituarsi al degrado e alla cultura della violenza senza valori, diffusa tra molti adolescenti. Perché, sostiene ancora Cantone, «purtroppo il fenomeno delle cosiddette paranze dei bambini non è un’invenzione giornalistica, ma una realtà».