Quali sono i clan di camorra più potenti della zona di Bacoli? L’organizzazione criminale più potente del mondo è la camorra. A dichiararlo è la Dia, il Reparto di Investigazione di massimo livello, la cui relazione 2023 aggiornata è stata di recente pubblicata dal Ministero dell’Interno. Le indagini svolte su oltre 200 famiglie di camorra hanno permesso di identificare migliaia di affiliati operanti in Campania, in altre regioni italiane e nazioni. Inoltre, la camorra, presente in diversi continenti, fattura annualmente centinaia di migliaia di milioni di euro. Il resoconto che segue riguarda il più potente clan di Bacoli, il clan Pariante
Camorra: il clan più potente della zona di Bacoli, il clan Pariante, la storia
Il clan Pariante venne fondato negli anni ‘90 da Rosario Pariante, detto “Chiappariello” e suo fratello, Vincenzo Pariante. Rosario Pariante iniziò la sua “carriera criminale” insieme a Paolo Di Lauro, detto “Ciruzzo o milionario”, nel clan del vecchio padrino Aniello La Monica, detto “Anielluccio ‘o Pazz”, o anche ‘o macellaio, che negli anni ‘70 comandava una vasta zona nella periferia di Napoli, con roccaforte in Piazza Zanardelli, chiamata “Mmiezz’a ll’arco”.
Aniello La Monica possedeva una macelleria a Secondigliano, ma l’appellativo de ‘o macellaio, gli venne attribuito perché quando uccideva qualcuno era solito asportargli il cuore, sia come segno di riconoscimento, sia per dimostrare la sua efferatezza, per intimorire nemici e abitanti del quartiere. Aniello La Monica, fu uno dei maggiori rappresentanti della Fratellanza napoletana nella guerra contro la Nco di Raffaele Cutolo, detto ‘o Professore vesuviano. Il boss Aniello La Monica, aveva un carattere tirannico e violento e questo lo rendeva antipatico e malvisto dai suoi stessi affiliati. Aniello La Monica, era poco incline ai cambiamenti e in disaccordo sull’idea di trafficare in eroina, anche se quella sostanza si rivelò il nuovo “oro” degli stupefacenti.
Aniello La Monica, intuì che Paolo Di Lauro, che all’inizio era come un figlio e che aveva preso sotto la sua ala, aveva un progetto sul commercio della nuova sostanza e che stava covando qualcosa contro di lui. Infatti, una sera, Anielluccio ‘o Pazz, mandò un commando a fare un agguato a Paolo Di Lauro, ma l’attentato fallì e Ciruzzo ‘o milionario rimase illeso. Paolo Di Lauro comprese che era ora di agire. Il pomeriggio di mercoledì 1 maggio 1982, Paolo Di Lauro andò sotto casa del boss Aniello La Monica e con la scusa di avere un ottimo affare del quale parlargli, precisamente, dei diamanti da fargli vedere, lo convinse a scendere.
Non appena ‘o macellaio uscì dal portone di casa sua, Ciruzzo ‘o milionario, Domenico Silvestri e Raffaele Abbinante, suoi fedelissimi, investirono Anielluccio ‘o Pazz con una 132 Mirafiori, finendolo con un colpo di pistola alla testa. Al funerale di Aniello La Monica, partecipò anche Paolo Di Lauro, per comunicare e dimostrare a tutti, che il nuovo boss era lui. Rosario Pariante, sin da subito, divenne uno dei luogotenenti di Paolo Di Lauro, il numero due del clan. Rosario Pariante gestiva il traffico di droga e le estorsioni a imprese e cantieri, seguì nell’ascesa al potere e aiutò Ciruzzo ‘o milionario a creare un impero di centinaia di milioni di euro, che si ergeva sul traffico e il commercio di sostanze stupefacenti, compresa l’eroina, facendo di Secondigliano e Scampia, le piazze di spaccio a cielo aperto più grandi d’Europa e probabilmente del mondo, di quel periodo.
Il clan Pariante, il clan Di Lauro, la rottura, gli “Scissionisti di Secondigliano” e la prima faida di Scampia
A seguito di diverse vicende giudiziarie e mandati di cattura emessi nei confronti di Ciruzzo ‘o milionario e dei suoi affiliati, lunedì 23 settembre 2002, nel corso di un blitz delle Interforze dello Stato, Paolo Di Lauro, fuggì e si diede alla latitanza. La gestione dell’impero, passò ai figli, principalmente nelle mani di Cosimo Di Lauro, detto “The designer don”, per via della sua passione per gli abiti firmati. Cosimo Di Lauro aveva tante amanti e vestiva spesso con un lungo cappotto di pelle nero, ad imitare il look del protagonista del noto film “Il corvo”. Cosimo Di Lauro, a differenza del padre Paolo Di Lauro, aveva un brutto carattere, scarse capacità diplomatiche ed era negato per gli affari.
Infatti, The designer don, incontrò non poche difficoltà nella gestione del “Sistema” che aveva creato il padre Paolo Di Lauro, e commise diversi errori. In primis, Cosimo Di Lauro, iniziò con lo “svecchiare”, sostituendo, con uomini di sua fiducia, giovani leve con una grande sete di emergere, ma inesperti, quasi tutte le figure che avevano, sino ad allora, avuto un ruolo nel Sistema creato da Paolo Di Lauro, e che con quest’ultimo avevano un forte legame basato sul rispetto, esperienze condivise e su consolidati accordi, convenienti, stabili e precisi. I radicali cambiamenti apportati da Cosimo Di Lauro al Sistema, che in pratica mettevano da parte i clan storici che avevano contribuito al successo del progetto iniziale di Ciruzzo ‘o milionario, inevitabilmente crearono una frattura.
I gruppi che sostenevano Paolo Di Lauro, si staccarono, mettendo in atto una scissione, formando un cartello antagonista e nemico dei Di Lauro, noto come gli “Scissionisti di Secondigliano”, guidati dal clan Amato-Pagano, detti “gli spagnoli”, in modo dispregiativo. A seguito della scissione si scatenò una faida feroce, la “prima faida di Scampia”, che fece oltre 100 vittime. Mediante stese ed agguati, senza distinzione, killer esperti e “pisciazzielli”, componenti dei clan, parenti degli affiliati ai clan, e vittime innocenti, completamente estranee alla malavita, vennero uccise.
Lunedì 5 dicembre 2004, Enrico Mazzarella, braccio destro di Rosario Pariante, venne ucciso a Bacoli in un agguato voluto da Cosimo Di Lauro, come esempio per gli Scissionisti di Secondigliano. Lunedì 24 gennaio 2005, Attilio Romanò, un imprenditore, venne ucciso dai killer del clan di Lauro, ma per errore, perché il reale obiettivo dell’agguato era Salvatore Luise, nipote del boss Rosario Pariante.
Paolo Di Lauro venne catturato venerdì 16 settembre 2005 e il figlio Cosimo Di Lauro, finì in manette venerdì 21 gennaio 2005, nel quartiere denominato “Terzo Mondo” di Secondigliano, fortino della criminalità organizzata e in particolare della famiglia Di Lauro, dove gli abitanti del quartiere si rivoltarono contro le Forze dell’Ordine lanciando oggetti dai balconi, cercando di evitare l’arresto di Cosimo Di Lauro. Nel febbraio 2008, The designer don, venne condannato a 15 anni di carcere per associazione camorristica.
Sabato 13 dicembre 2008, Cosimo Dì Lauro venne nuovamente condannato all’ergastolo per aver ordinato l’omicidio di Gelsomina Verde, avvenuto domenica 21 novembre 2004, ex fidanzata di un camorrista rivale scissionista, Gennaro Notturno. La prima faida di Scampia terminò con un gesto di Paolo Di Lauro, che dopo il suo arresto, in un’aula di tribunale, baciò Vincenzo Pariante, per mandare un messaggio all’esterno, che la guerra era finita.
I fatti reali, ispirazione di libri, film e serie Tv di successo
I fatti che hanno riguardato Paolo Di Lauro, Rosario Pariante, Cosimo Di Lauro, uomini e donne affiliati ai clan protagonisti di quel periodo, delle faide come quella di Scampia, hanno ispirato diverse opere. Fatti raccontati a metà tra finzione e realtà, romanzati, ma basati su storie vere. Sono stati scritti anche libri di denuncia, diventati best sellers, adattati come film cinematografici e serie Tv molto note. Solo per fare un esempio, “Gomorra”, di Roberto Saviano, è nato come libro, poi è stato adattato come film e infine come serie Tv di successo internazionale. Anche se Gomorra ha costretto l’autore Roberto Saviano a vivere sotto scorta, a causa di diverse minacce ricevute, a Gomorra sono seguiti altri libri, come “La paranza dei bambini”, sempre di Roberto Saviano. E sono state annunciate prossime pubblicazioni, anche di altri autori.
Il clan Pariante, Bacoli, la roccaforte
Successivamente al periodo trascorso spalla a spalla con il clan Di Lauro, il clan Pariante crea la sua roccaforte a Bacoli. Il potenziale “militare” del gruppo è enorme, tale da permettere al clan di controllare il territorio di Bacoli e zone limitrofe. Affiliati, esperti killer e armamenti pesanti, garantiscono all’organizzazione la totale supremazia su ogni altro gruppo in zona. Bacoli è la fortezza del clan Pariante e luogo sicuro per gli affari.
Il clan Pariante, gli affari
Avendo curato, per decenni, i traffici e gli affari per il clan Di Lauro, Rosario Pariante, Vincenzo Pariante e successori, hanno una consolidata e folta rete di contatti a livello internazionale e intercontinentale per il traffico di sostanze stupefacenti e armi. Senza intermediari, componenti della famiglia Pariante si sono trasferiti nei luoghi da dove gestire in prima persona gli affari. Dal sud America, al nord Africa, dal medio oriente, all’Asia, o est Europa. Ovunque ci siano zone di produzione, di transito, o di trasporto di sostanze stupefacenti, armi, preziosi, rifiuti, ovunque ci siano basi per gli affari, c’è un esponente del clan Pariante, un rappresentante. Manager, amministratori, ragionieri del gruppo, con tanto di guardaspalle e “soldati” per la sicurezza.
A Bacoli il clan Pariante gestisce le principali piazze di spaccio, le estorsioni alle attività commerciali e alle aziende edili. Il gruppo Pariante si è infiltrato nell’amministrazione comunale di Bacoli, manipola le gare d’appalto e impone i propri candidati e tecnici, ha stretto legami con imprenditori e politici, dai quali prende percentuali e con i quali scambia favori e voti.
I blitz delle Interforze dello Stato nei confronti del clan Pariante e gli arresti eccellenti
- Rosario Pariante, venne arrestato nel 2002 per diversi reati gravi e condannato all’ergastolo. Ma nel giugno 2014, decise di diventare collaboratore di giustizia e di presentare la sua agenda piena di informazioni e dettagli su relazioni e scambi con imprese e politica. Rosario Pariante, decise di parlare e svelare i segreti della faida di Scampia, raccontandoli nei minimi particolari. Rosario Pariante, boss scissionista di Scampia con villa panoramica sulla costa flegrea, già fondatore del cartello di Secondigliano accanto al padrino Ciruzzo ‘o milionario, ormai pluriergastolano, divenne il nuovo pentito della camorra napoletana. La decisione di Rosario Pariante arrivò dopo l’appello del boss Antonio Iovine, che invitò i capoclan al pentimento. Durante l’udienza preliminare per il duplice delitto di Fulvio Montanino e Claudio Salierno, arrivò la notizia che stupí tutti, quando il pubblico ministero della Dda di Napoli, Stefania Castaldi, pubblica accusa già in numerosi processi che ottennero condanne per mandanti e killer della faida di Scampia, annunciò il deposito delle prime dichiarazioni fatte al giudice Amalia Primavera. Rosario Pariante divenne la gola profonda di Napoli Nord. Il boss “Chiappariello”, dopo 20 anni, decise di parlare della faida di Scampia, una vera e propria “pulizia” etnica di nemici, che lasciò a terra quasi 100 morti, in poco più di un anno. Rosario Pariante cominciò a collaborare proprio partendo da lì, dalla prima esecuzione, l’omicidio di Fulvio Montanino e di Claudio Salierno, considerati appartanenti al gruppo di fuoco di Cosimo Di Lauro, il figlio del boss, l’erede sanguinario e immaturo contro il quale si sollevarono tutti gli “anziani” del clan. Rendendo gli Scissionisti assetati di vendetta. Rosario Pariante, raccontò dei particolari raccapriccianti, ad esempio come l’omicidio di Fulvio Montanino fu deciso proprio in Tribunale, quando alcuni boss si incontrarono in una cella di Palazzo di Giustizia. All’epoca, infatti, nonostante i delitti e gli affari criminali del clan di Napoli fossero ben noti, quasi nessuno dei “colonnelli”, si trovava detenuto al regime di 41 bis. I retroscena della vita di un narcos che si consegnò allo Stato, quella di Rosario Pariante. Alle spalle, 30 anni di leadership criminale vissuti ai vertici del traffico di sostanze stupefacenti, mente di raffinate e mega estorsioni a cantieri pubblici, abile uomo d’affari in relazione con ambienti imprenditoriali e istituzionali, ma anche “regista” di efferati omicidi di faida.
- Vincenzo Pariante, venne arrestato nel marzo del 2015. Uno tra gli uomini che diedero inizio alla prima faida di Scampia. L’ex boss degli scissionisti venne catturato dalla Squadra Mobile di Napoli, nel suo nascondiglio a Scampia, in via Monte Rosa, nell’appartamento della moglie. Il boss Vincenzo Pariante, accortosi dell’arrivo degli Operatori delle Interforze dello Stato, si nascose in un rifugio ricavato all’interno di un divano, una sorta di nicchia. Anche Vincenzo Pariante era ricercato per una condanna all’ergastolo per il duplice omicidio di Fulvio Montanino e Claudio Salierno avvenuto nel 2004, uno dei delitti che diedero il via alla sanguinosa faida di Scampia. Dopo la condanna, che lo rese uno dei criminali più ricercati d’Italia, Vincenzo Pariante assunse la reggenza del clan omonimo, la quale guida fu lasciata vacante dall’arresto, nell’ottobre 2002, del fratello, Rosario Pariante, poi diventato collaboratore di giustizia. La faida scatenata dalla scissione fece migliaia di vittime, molte innocenti, tra le quali Gelsomina Verde, torturata e uccisa a 22 anni e Attilio Romanò, freddato da cinque colpi di pistola per un errore di persona.
Relazione Dia
Secondo il quadro restituito dalla relazione Dia, aggiornata al 2023 e pubblicata dal Ministero dell’Interno, nonostante le Interforze dello Stato abbiano inferto duri colpi al clan Pariante, l’organizzazione permane egemone sul territorio di Bacoli, su zone limitrofe e alcune aree e località internazionali e intercontinentali.
L’arresto di figure apicali e sequestri di beni e immobili, per svariati migliaia di milioni di euro, hanno solo scalfito una solida struttura criminale. Il clan Pariante è riuscito a rinnovarsi, a permeare alcuni strati delle istituzioni, infiltrandosi nelle pubbliche attività potenzialmente redditizie, accrescendo gli introiti e portando gli affari ad un livello superiore. Inoltre, nel dicembre 2017 è stato scarcerato il boss Vincenzo Pariante, fratello di Rosario Pariante e secondo quanto emerge dalle indagini, l’attuale reggente del clan Pariante è Genny Pariante, figlio del boss Rosario Pariante.
Il clan Pariante, oggi
Nonostante figure cardine del clan Pariante siano in carcere, e addirittura lo storico marcos-super boss Rosario Pariante, abbia scelto di diventare collaboratore di giustizia, il clan Pariante è tuttora attivo. La scarcerazione del boss Vincenzo Pariante e la scelta di eleggere reggente del clan Genny Pariante, figlio di Rosario Pariante è un messaggio, la continuità dell’organizzazione. Affiliati fedelissimi e con esperienza, ancora fortemente legati agli storici boss, killer “professionisti”, nuove leve, “paranze re creature”, garantiscono non solo la prosecuzione della “stirpe”, ma un vero e proprio potenziamento.
Il traffico delle sostanze stupefacenti e delle armi pesanti, gli omicidi, il controllo delle maggiori piazze di spaccio, le estorsioni alle attività commerciali e alle aziende edili, il controllo della gestione dei rifiuti, permangono le attività che garantiscono le maggiori entrate di denaro nelle casse del clan Pariante. Nuove figure con capacità manageriali, imprenditoriali e politiche, i cosiddetti “colletti bianchi”, legati al clan Pariante, trasformano i proventi illeciti in soldi “puliti”.
L’enorme rete di contatti, rimasta indenne, anzi potenziata, permette a questi soggetti di riciclare il denaro con enorme facilità, attraverso la creazione di attività e società di ogni tipo. Gli scambi di favori e di voti offrono nuove tipologie di affari di altri centinaia di migliaia di milioni di euro, il controllo di giunte comunali, e funzionari politici a livelli altissimi. Grazie a tali Sistemi e strategie, in continua evoluzione, messe in atto dall’organizzazione, il clan più potente di Bacoli, è il clan Pariante.