La storia, le origini e i protagonisti del clan di camorra Licciardi, uno dei gruppi che ha fondato l’Alleanza di Secondigliano, stabilito in zona Masseria Cardone.
Il clan Licciardi
Il clan Licciardi è un potente gruppo mafioso di stampo camorristico con a capo i fratelli Licciardi. Il clan opera nel quartiere di Secondigliano, nella zona Masseria Cardone periferia della città di Napoli. La famiglia Licciardi è formata da Gennaro detto ‘a scigna, Pietro, detto Pierino, Vincenzo, detto ‘o chiatto, Assunta e Maria, detta ‘a Piccerella. Maria detta ‘a Piccirella, per la sua storia e le sue caratteristiche estetiche e caratteriali hanno ispirato il personaggio di Chanel della fortunata serie Tv Gomorra.
Gennaro Licciardi
Gennaro Licciardi nasce a Napoli venerdì 30 novembre 1956 ed è stato uno dei boss più spietati, rispettati e carismatici della camorra nell’area nord di Napoli. Gennaro è stato soprannominato ‘a scigna, perché molto agile e bravo ad arrampicarsi tra i balconi degli appartamenti nei quali andava a rubare. Negli 1970 diventa il capozona del clan Giuliano nella zona di Secondigliano. Nel 1981 viene arrestato insieme al suo amico Gennaro Esposito detto o’ Curt.
Viene coinvolto anche in una rissa con gli esponenti della Nuova Camorra Organizzata nella quale riesce miracolosamente a sopravvivere a sedici coltellate che gli vengono inferte.
Il declino della NCO di Cutolo porta i Licciardi a conquistare un ruolo autonomo e predominante nel panorama criminale napoletano; e già agli inizi degli anni novanta sono considerati uno dei gruppi di camorra incontrastati della periferia nord della città e forma un clan del tutto indipendente che riesce a trasformare la zona in un nodo strategico per lo stoccaggio e lo spaccio di droghe.
Il clan fa parte insieme alle famiglie Contini, Mallardo, Lo Russo, Ferone, Stabile, Prestieri, Bosti e Bocchetti del Cartello Camorristico denominato Alleanza di Secondigliano, da sempre in lotta con i clan del centro storico.
Insieme a Francesco Mallardo, detto Ciccio ‘e Carlantonio ed Edoardo Contini, alias ‘o Romano, formano il maxi-cartello criminale denominato Alleanza di Secondigliano.
Nel 1992 viene arrestato e muore a 38 anni nel carcere di Voghera mercoledì 3 agosto 1994.
Dopo la morte del boss Gennaro la gestione del clan passa interamente ai fratelli Pietro, Vincenzo e soprattutto alla sorella Maria.
Vincenzo Licciardi
Vincenzo Licciardi nasce a Napoli domenica 27 giugno 1965, fratello di Gennaro, anche lui coinvolto in inchieste di camorra ed accusato di essere a capo dell’organizzazione criminale napoletana denominata Alleanza di Secondigliano.
Capo insieme ai fratelli, boss della famiglia Licciardi di Secondigliano, è stato arrestato dalla Squadra Mobile della Questura di Napoli giovedì 7 febbraio 2008 a Pozzuoli in una villa a Cuma, dove si trovava insieme alla moglie. È stato tra i 30 ricercati più pericolosi d’Italia ancora in libertà e ha ricevuto anche un mandato di cattura internazionale. Dopo il suo arresto il comando passa al boss Gennaro Cirelli detto Gerry.
Maria Licciardi
Maria Licciardi nasce a Napoli sabato 24 marzo 1951, è una dei boss del clan di camorra Licciardi ed è stata reggente e capo del potente cartello Alleanza di Secondigliano.
A Piccirella cresce a Secondigliano, quartiere periferico di Napoli, fortezza del clan Licciardi. Tutti i membri della sua famiglia sono affiliati alla camorra. Suo padre è stato un noto boss locale. Uno dei suoi fratelli, Gennaro Licciardi detto “‘a Scigna”, è un boss molto potente, che in seguito raggiunge il vertice del clan e diviene membro fondatore dell’Alleanza di Secondigliano, una coalizione fra potenti clan camorristici che controllano il traffico di droga e il racket delle estorsioni in molti quartieri di Napoli. Gennaro muore mrcoledì 3 agosto 1994 di Sepsi mentre è detenuto nel carcere di Voghera. Anche il marito di Maria, Antonio Teghemié è camorrista.
Maria sale al potere e subentra al comando del clan dopo che i suoi due fratelli Pietro e Vincenzo e suo marito Antonio vengono arrestati. “La Principessa” è la prima donna a ricoprire un ruolo al vertice nel clan Licciardi, e a prendere il comando dell’Alleanza di Secondigliano.
Alla morte di Gennaro Licciardi e come sempre in casi analoghi, il conseguente vuoto di potere persone di riferimento innesca rapidi disordini nella malavita locale, accompagnati da sanguinosi tentativi di occupare le posizioni lasciate senza dominio da parte di più membri di altri clan, ma Maria Licciardi riesce a mantenere salda la posizione di comando della propria famiglia.
Mette insieme una fragile coalizione di venti clan camorristici, con l’obbiettivo di espandere il controllo dei racket più redditizi della città, dal contrabbando di droga e sigarette alla protezione e alla prostituzione. Ha anche un ruolo chiave nell’espansione del mercato del traffico di droga della città. Sotto la sua guida, l’Alleanza di Secondigliano diviene più organizzata, riservata, sofisticata e di conseguenza più potente.
Maria Licciardi introduce diversi cambiamenti all’interno del clan, innanzitutto l’inedita scelta di estendere le attività del clan anche allo sfruttamento della prostituzione, scelta sempre scartata precedentemente.
A Piccirella rompe questo “tabù” della malavita organizzata, che la camorra stringe affari con la mafia albanese al fine di procurarsi ragazze da avviare alla prostituzione, pagandole circa 2.000 euro l’una.
La strategia dei trafficanti albanesi è sempre la stessa, le giovani donne vengono raggirate con la promessa di un lavoro in regola in Italia, che permette loro di riscattarsi dalla schiacciante povertà dei paesi di provenienza. Ma una volta giunte in Italia vengono rapidamente ridotte in schiavitù, consegnate agli uomini di camorra e da questi avviate alla prostituzione. Molte di queste ragazze sono minorenni, spesso spinte al consumo di droga fino alla dipendenza, per renderle dipendenti e per dissuaderle dalla fuga, o dalla tentazione di collaborare con la giustizia in caso di arresto. Quest’ultima violenza incrementa ulteriormente i guadagni dei clan, poiché non di rado le ragazze spendono gran parte degli introiti che gli sfruttatori le concedono per acquistare gli stupefacenti ormai loro “necessari.”
Infine vengono fatte sparire quando troppo “anziane”, o malconce per continuare a prostituirsi.
A differenza di molti uomini di camorra, Maria Licciardi evita di mettersi in mostra e inizialmente le autorità non sospettano nemmeno un suo coinvolgimento negli affari del clan.
Ma il suo personaggio inizia ad attirare l’attenzione e un collaboratore di giustizia la definisce come una donna che irradia un carisma d’acciaio. Secondo fonti della Polizia, è apprezzata per il senso pratico, il fascino e l’eccezionale intelligenza, ma è anche nota per essere spietata almeno quanto i colleghi maschi se non di più. Adotta un approccio freddo e calcolatore nelle sue imprese criminali, ispirandosi a Rosetta Cutolo, sorella di Raffaele Cutolo, il capo della Nuova Camorra Organizzata.
Sotto la sua reggenza, il clan Licciardi non tarda a guadagnarsi una benevolenza tra la popolazione locale, rinnovando l’antico costume dei malavitosi di partecipare in occasioni di beneficenza con sostanziosi contributi per i bisognosi dei quartieri più disagiati. Inoltre, a Secondigliano, dove la previdenza sociale è del tutto insufficiente a fronte di un tasso di disoccupazione elevatissimo, il clan rappresenta per il popoloso quartiere una continua domanda di manovalanza ben retribuita.
Interrogato in tribunale sul ruolo di Maria Licciardi e delle donne nell’Alleanza di Secondigliano, il pentito Gaetano Guida rispose:
(…) Loro sono in prima linea. È sempre stato così nel clan Secondigliano, nel senso che le donne, mogli, sorelle e madri dei dirigenti, hanno sempre avuto un ruolo influente in molte decisioni. Maria Licciardi, sorella di Gennaro, è un classico esempio. Prende gli ordini dal fratello, che continua a comandare dal carcere e impartisce ordini agli uomini, anche quelli di maggiore importanza. In più di un’occasione, fu lei a ricevere e trasmettere gli ordini per omicidi su commissione. Non ricordo i dettagli, ma sappiate che per il nostro clan parlare con Maria Licciardi era come parlare con Gennaro, il boss. Posso aggiungere che le donne di Secondigliano svolgono ogni sorta di mansione per conto dell’alleanza, portano messaggi ai prigionieri, distribuiscono le paghe agli affiliati, e gestiscono le attività dell’organizzazione, in particolare il gioco d’azzardo e il racket delle estorsioni, insomma: costituiscono la spina dorsale dell’organizzazione (…). |
Lucia Licciardi, nessuna parentela con Maria, fu l’unica giornalista ad avere accesso alla sua cerchia più ristretta. In un’intervista, descrive lo stile manageriale di Maria Licciardi come segue: (…) Si comporta proprio come il manager di una multinazionale. Cerca sempre una soluzione che abbia la minor probabilità di attirare l’attenzione della Polizia e di creare divisioni all’interno del clan (…). Sempre a proposito di Maria Licciardi, il giudice Luigi Bobbio afferma che: (…) Nel momento in cui una donna si fa carico dell’organizzazione, paradossalmente assistiamo ad un abbassamento del livello di coinvolgimento emotivo, e ad un migliore svolgimento delle attività del gruppo (…).
Maria Licciardi avvia più iniziative per limitare al massimo le testimonianze di eventuali pentiti, per proteggere il clan. Ad esempio, la Polizia italiana scopre che il collaboratore di giustizia Costantino Saropochi, dopo aver abbandonato il luogo protetto messogli a disposizione dalle autorità, misura prevista per mettere i pentiti al riparo dalle ritorsioni dei clan, incontra Maria Licciardi per chiedere soldi in cambio di una ritrattazione completa delle dichiarazioni sulle attività del clan fatte alla Polizia. L’Alleanza di Secondigliano è divisa, a proposito di questa scomoda e inedita situazione, alcuni vogliono pagarlo e lasciarlo libero, altri vogliono pagarlo per poi attendere che si ricongiunga alla famiglia, la cui ubicazione è ignota e “sterminarli” tutti.
Di fatto, nel gennaio 1998 Maria Licciardi viene fermata in auto a un normale controllo della Polizia Stradale, in compagnia della sorella Assunta e della cognata, in possesso di circa 300 milioni di lire, circa 150.000 euro, che i pm ritengono essere il presunto pagamento previsto per Saropochi. Ma ‘a Piccirella, si rifiuta di rivelare provenienza e destinazione del denaro e si dà alla latitanza non appena i suoi avvocati ne ottengono il rilascio.
Il comando di Maria Licciardi trascorre senza intoppi per molti anni, fino al giorno nel quale un banale disaccordo all’interno dell’Alleanza riguardo una partita di eroina pura, non raffinata, non crea uno scontro fra diversi elementi.
Nella primavera del 1999, infatti, arrivato da Istanbul, in Turchia, un grosso carico di eroina destinato alle piazze di spaccio di Napoli, i Licciardi decretano che il carico, così com’è, non deve essere messo in commercio, poiché si trattava di eroina troppo pura e forte per il consumatore medio, e quindi potenzialmente letale, con il rischio di un grave danno per l’economia dell’alleanza, ogni morto di overdose rappresenta un cliente in meno, nonché un serio problema con le Forze dell’Ordine. Tuttavia, il clan Lo Russo, i cui uomini hanno sempre mal sopportato la sua reggenza, si oppone, confeziona le bustine con le dosi di eroina e la mette in vendita in strada.
I fatti danno ragione ai Licciardi, la partita di eroina grezza provoca un’ecatombe tra i tossicodipendenti in tutta Napoli, undici dei quali muoiono nel solo aprile 1999. L’indignazione pubblica induce la Polizia a massicce repressioni delle attività dei clan camorristici. Molti camorristi vengono arrestati e successivamente condannati.
In seguito a questo grave e imbarazzante passo falso, il clan Lo Russo si ritira dall’alleanza, portando alla destabilizzazione della stessa e a una sanguinosa guerra tra bande, il cui livello di violenza decolla fino a includere l’uso di autobombe e persino bazooka. I clan iniziano a combattere per il territorio con l’intento reciprocamente di sabotare o sottrarre le piazze di spaccio, o i giri estorsivi degli altri clan. Quando quattro membri del Licciardi vengono assassinati nel loro bastione di Secondigliano, il clan si sente costretto a optare per la ritorsione. Mobilita tutti i gruppi di fuoco per un contrattacco a tutto campo.
Le micidiali guerre tra bande che seguono, provocano quasi centoventi morti a Napoli e nelle aree limitrofe. In questo periodo e proprio a causa di questa impressionante escalation di violenze, che gli Investigatori vengono a conoscenza dello spessore criminale di Maria Licciardi.
“La Principessa Licciardi” è stata inserita nella lista dei 30 italiani più ricercati e si è data alla latitanza, grazie a una sofisticata rete di protezione messa in piedi dal suo clan, i Licciardi riescono a sottrarsi alla cattura per due anni e pur avendo cambiato più volte rifugio, non lasciano mai la contrada Masseria Cardone. Seppur “invisibile”, continua la sua attività di capo indiscusso del clan, commissionando sistematicamente l’eliminazione di affiliati a clan rivali. Avvia una faida con il clan Giuliano di Forcella, a sua volta retto da una donna, Erminia Giuliano, la quale ha assunto il comando in seguito alla cattura del fratello Luigi.
Quando il procuratore generale Luigi Bobbio inizia a perseguire e lentamente smantellare con successo il suo clan, Maria Licciardi capisce che il cerchio attorno a lei si sta stringendo. Nel gennaio 2001 fa detonare un ordigno presso l’edificio nel quale si trovano gli uffici di Bobbio, un chiaro avvertimento di stampo mafioso il quale fine è far cessare le indagini sulle attività del suo clan e scoraggiare qualsiasi ulteriore persecuzione degli affiliati.
Bobbio non si piega e prosegue le indagini. Gli è stata assegnata una scorta di agenti di Polizia, e continua imperterrito le sue azioni penali contro la camorra, che portano all’arresto di oltre settanta membri del clan Licciardi. Tutti, nessuno escluso, rifiutano ogni collaborazione con la giustizia e scontano per intero la loro pena detentiva.
Le Forze dell’Ordine compiono innumerevoli inutili tentativi di arrivare alla cattura di Maria Licciardi. Nell’aprile 2000 i Carabinieri arrestano tredici uomini di spicco della camorra mentre sono impegnati in un vertice attorno a un tavolo, in una cascina rurale tra i quartieri di Qualiano e Giugliano. Il gruppo sta discutendo su come reinvestire i fondi dei clan in una catena di negozi di mobili e abbigliamento per bambini. Lady Licciardi, però, non è tra questi.
Il 9 giugno 2001, diverse centinaia di Agenti delle Forze dell’Ordine armati, coadiuvati da una rete di elicotteri, lanciano una massiccia Operazione di ricerca e perlustrazione a Secondigliano e nei dintorni. Sulla base di una soffiata, fanno irruzione in un edificio fatiscente, notoriamente sfruttato come nascondiglio. A Piccirella non c’è, ma la Polizia scopre la presenza di un attico, sorvegliato da telecamere, in cui qualcuno, presumibilmente Licciardi, ha fatto installare pavimenti in marmo, un pianoforte a coda e un’enorme vasca a idromassaggio. I suoi ripetuti successi nell’eludere la cattura da parte della Polizia spingono i giornalisti locali a soprannominarla “La primula rossa d’Italia.”
L’arresto
Giovedì 14 giugno 2001, Maria Licciardi viene infine arrestata dalla Polizia di Napoli mentre viaggia con una coppia, marito e moglie, a bordo di un’auto nei dintorni di Melito, vicino a Napoli. Non oppone alcuna resistenza all’arresto e viene prontamente presa in custodia. Viene tratto in arresto anche l’uomo, con l’accusa di favoreggiamento, mentre la moglie fu rilasciata perché madre di un bambino.
Dopo il suo arresto, gli agenti notano che effettivamente la donna assomiglia alla famosa foto segnaletica diffusa anni prima, la cui attendibilità è dubbia.
A prendere il comando è il fratello Vincenzo Licciardi, a sua volta iscritto nella lista dei latitanti più ricercati in Italia fin dal 2004. Vincenzo Licciardi viene arrestato giovedì 7 febbraio 2008.
Anche dal carcere Maria Licciardi continua a gestire il clan. Secondo Anna Maria Zaccaria, sociologa dell’Università di Napoli Federico II che studia il ruolo delle donne nel malaffare, le carceri italiane non rappresentano in tutto e per tutto una barriera efficace contro la camorra.
Nel 2009 “La Primula Rossa D’Italia” viene rilasciata dopo otto anni di detenzione.
Mercoledì 26 giugno 2019 riesce ancora una volta a sottrarsi a una colossale operazione anti camorra condotta da Inquirenti e Forze dell’Ordine contro l’Alleanza di Secondigliano, diventando nuovamente latitante.
Venerdì 12 luglio 2019 il Tribunale di Napoli annulla il provvedimento di custodia cautelare nei confronti di Maria Licciardi, condividendo le questioni di diritto sollevate dal suo legale, Dario Vannetiello.
Licciardi è dunque da considerarsi una donna libera, nonostante il suo noto ruolo di capo dell’Alleanza di Secondigliano, una delle più potenti organizzazioni criminali della Campania
In seguito a nuove prove raccolte sulla sua ripresa attività di reggente del clan, sabato 7 agosto 2021 i Carabinieri del ROS procedono all’arresto di ‘a Piccirella all’aeroporto romano di Ciampino, dove sta per imbarcarsi su un volo diretto a Malaga. Agli agenti che la prendono in custodia, Maria Licciardi dichiara che l’obiettivo del viaggio è semplicemente quello di recarsi in visita dalla figlia, residente in Spagna, ma gli Inquirenti sospettano che tramite la sua rete di informatori la donna fosse venuta a conoscenza dell’arresto imminente e stesse tentando una fuga all’estero, o in alternativa che si stesse recando a incontrare trafficanti spagnoli al fine di intrecciare nuovi rapporti d’affari tra la Spagna e la Masseria Cardone, rione della periferia settentrionale di Napoli.
Tra i più potenti boss di camorra nella città di Napoli dal 1993 fino al suo primo arresto, nel 2001. In seguito al suo rilascio, riprende l’attività criminale mantenendo un profilo basso, con un ruolo meno definito.
Viene nuovamente arrestata sabato 7 agosto 2021, all’aeroporto di Ciampino.
All’apice della carriera criminale Maria Licciardi era soprannominata La Madrina dai suoi sottoposti. Tra le donne di camorra è rispettosamente chiamata La Principessa, per via della reputazione e posizione raggiunte.
Attualmente si trova detenuta nel carcere di Rebibbia, e sottoposta al regime previsto dall’Articolo 41-bis dell’ordinamento penitenziario italiano.
Estratto relazione Dia
(…) Il clan Licciardi ha però subito un duro colpo con l’arresto di Maria Licciardi, reggente del sodalizio. Di contro, il clan Mazzarella, con una politica di espansione attraverso una rete di alleanze anche nella provincia napoletana contaminerebbe quelle porzioni di territorio rimaste orfane degli storici clan collassati a causa dei numerosi arresti subiti (…).