Pubblicata dal Ministero dell’Interno, nell’ultima relazione Dia 2023, sono contenute tutte le informazioni ottenute attraverso le indagini effettuate su oltre 200 famiglie di camorra e migliaia di affiliati, in Campania, in Italia e all’estero.
Con un fatturato illecito annuo di centinaia di miliardi di euro, la camorra è considerata la più diffusa e potente organizzazione criminale del mondo. Dalle indagini fatte zona per zona, secondo la Dia a Castellammare di Stabia il gruppo più potente è il clan D’Alessandro.
Camorra: i clan di camorra più potenti di Castellammare di Stabia
Il clan D’Alessandro in collaborazione con il clan Di Martino, è attivo anche in Emilia-Romagna e province di Rimini, Bologna, Ravenna e Parma e soprattutto a Salsomaggiore Terme, dove sarebbe operativo un sottogruppo del clan. Il clan D’Alessandro in alleanza con le ‘ndrine Bellocco e Pesce del comune di Rosarno, nel reggino, costituiscono il maggiore canale di approvvigionamento di stupefacenti dei clan stabiesi e dei clan dei Lattari.
Il clan D’Alessandro, la storia
Il clan D’Alessandro ebbe origine negli anni ’60. Le sue alleanze attraversarono la storia dei Cutolo, dei Bardellino, dei Nuvoletta e dei Gionta. Il clan non fece solo traffico con la droga, ma attraverso il porto di Ravenna, riforní via terra tutte le altre zone della bassa Campania e della Calabria di merci necessarie agli affari. Molti degli introiti vennero fatti con i night club, i ristoranti, i bar e negozi di abbigliamento, soprattutto con gli outlet di intimo, nei quali mettevano a lavorare come commesse alcune delle ragazze fatte arrivare dall’estero.
Le donne dei boss, si occupavano di attività economiche e imprenditoriali, usura, detenzione di armi da guerra ed esplosivi, riciclaggio e omicidi. Responsabili di agguati mortali come quelli ai danni di Luigi Tommasino, il consigliere comunale Pd di Castellamare, ucciso nel 2009, del parcheggiatore abusivo Antonio Scotognella e di Aldo Vuolo. Delitti che chiamavano in causa sempre loro, gli affiliati dei D’Alessandro, i quali dalla provincia di Napoli, soggiornarono a lungo in Romagna, programmando anche gli attentati.
Il Boss
Michele D’Alessandro, morto nel 1999, era un boss carismatico e sarebbe stato indicato da numerosi pentiti come il mandante di decine di omicidi commissionati durante la faida contro il clan capeggiato da Umberto Mario Imparato. Michele D’Alessandro, mai pentito, in merito alla scelta di collaborare con lo Stato di Carmine Alfieri e del suo luogotenente Pasquale Galasso, Michele D’Alessandro, con ironia dichiarò ai giudici:
(…) Quelli sono veri boss, si possono pentire, io avrei poco da dire (…). Parole in codice pronunciate a testimonianza di una scelta di vita mai rinnegata dal boss a differenza di altri esponenti di spicco della camorra che invece si pentirono all’ occorrenza e forse per convenienza. Michele D’Alessandro, dandosi alla latitanza, venne catturato in un covo a Secondigliano, che gli mise a disposizione, secondo gli inquirenti, l’amico e alleato Paolo Di Lauro. La morte di Michele D’Alessandro, avvenuta in carcere in seguito ad un attacco cardiaco, non determinò la fine dello spessore mafioso della famiglia, infatti il comando del clan passò alla moglie Teresa Martone. Luigi D’Alessandro, Fratello del boss Michele, venne scarcerato nel 2018, e secondo gli inquirenti, con il suo ritorno in libertà, si ebbe ancora un riassetto del gruppo nell’area stabiese.
Dopo quasi 30 anni di carcere, “Gigginiello”, cosí noto, cofondatore del clan, poté rivedere il suo rione a Castellammare. Dove tutto ricominciò, dove gli affari illeciti si fecero ancora per conto e nel nome della medesima organizzazione criminale. Di quel clan, del quale venne sempre considerato mente economica ed imprenditoriale. Era il 1993 quando la Polizia di Stato bussò alla porta di un appartamento della cittadina stabiese. In casa insieme a una nipote della coppia c’erano il boss Luigi D’Alessandro e sua moglie Annunziata Napodano. “Gigginiello” era latitante dal maggio del 1992, perché nei suoi confronti pendeva un’ordinanza di custodia cautelare per inosservanza degli obblighi della sorveglianza speciale e di soggiorno a Camerota, nel Cilento.
Il provvedimento era stato emesso nel febbraio dello stesso anno. A Luigi D’Alessandro, secondo quanto fu accertato all’epoca dagli investigatori, era affidata la gestione del clan durante i periodi di detenzione del fratello Michele, anche lui latitante nel 1993. Renato Cavaliere, ex sicario del clan, pentito, non aveva dubbi:
(…) Ho saputo che Luigi D’Alessandro è stato scarcerato. Adesso è lui che ha assunto il dominio del clan e decide tutte le strategie (…)
Teresa Martone, rappresentava la regista di una alleanza criminale ben ramificata a Castellammare e nei comuni limitrofi, una donna intelligente, capace di stringere accordi eccellenti con i cartelli di Secondigliano e in grado di gestire i gruppi di fuoco con estrema “parsimonia”. I killer intervenivano solo quando non se ne poteva fare a meno, per poi sparire nel nulla. Un segnale significativo di come l’intento dei D’Alessandro era quello di controllare la zona senza fare inutile chiasso, ovvero, senza attirare l’attenzione delle Forze dell’Ordine in modo controproducente. Luigino, Pasquale, Vincenzo D’Alessandro, questi i nomi degli eredi del boss, che sarebbero stati magistralmente diretti dalla madre Teresa nelle parentesi storiche più delicate del clan, quando nessuno sembrava avere la capacità di risollevare l’immagine di un casato camorrista fortemente temuto dagli altri gruppi degli altri cartelli.
La relazione Dia
Il clan D’Alessandro, nonostante arresti e feroci faide combattute nel tempo, è riuscito a mantenere la sua posizione dominante. Oggi a Castellammare di Stabia il clan D’Alessandro è il più potente. Mantiene accordi e alleanze con altri clan e con ‘Ndrine calabresi molto forti e conserva i suoi stretti legami con gli altri gruppi nel nord Italia e all’ estero. Le Forze dello Stato ne hanno una mappatura precisa, ma resta una dura battaglia, permane uno dei più complessi e radicati clan di camorra.
L’elenco degli affari illeciti della camorra realizzato dalla Dia oggi
Questi sono solo alcuni dei settori e degli affari dei clan che la Dia ha osservato e sui quali sta indagato:
- Traffico, carichi di cocaina attraverso canali diretti che giungono dal sud America e dalla Spagna, commercio di AK47 Kalashnikov semiautomatici da guerra, lanciarazzi Rpg e diverse altre tipologie di armi da fuoco, pistole e mitra Vz 61 Skorpion, esplosivi e marjuana dall’Albania, hashish dal Marocco e dalla Tunisia.
- Traffici umani soprattutto di minorenni provenienti dall’ est Europa e dalla Nigeria vittime della prostituzione, gestita dai clan D’Alessandro, altri sottogruppi italiani e dalla mafia nigeriana.
- Traffico di sostanze tossiche, via terra e via mare, Espropriazione “forzata” di terreni e cave per il sotterramento illecito delle scorie tossiche.
- Gestione delle attività commerciali come ristoranti, night club, sale da gioco d’azzardo illecite, negozi di abbigliamento giovanile e di alta moda di capi contraffatti, in Italia e all’estero.
- Estorsioni ai commercianti dei mercati rionali soprattutto ai mercanti di pesce e frutta. Infiltrazione nelle amministrazioni pubbliche e negli appalti per i lavori pubblici.
- Creazione di società di credito e imprese per il riciclaggio del denaro illecito in Italia e all’estero.
- Creazione di piazze di spaccio di sostanze stupefacenti H24.
- Infiltrazioni nei Tribunali nei settori immobiliari, dove vengono costretti soggetti ai quali sono stati pignorate le case e altri tipi di immobili e quindi i primi soggetti aventi diritto al riacquisto, con la pretesa a riacquistare gli immobili a prezzi sfavorevoli e a rivenderli a loro volta a prezzi ancora più bassi ai clan, attraverso prestanomi per mezzo di minacce e aggressioni.
- Imposizione dell’acquisto di merci presso rivenditori indicati dai clan, in tutti i settori nei quali operano i gruppi, dalla frutta al calcestruzzo, ai metalli, ai mezzi da lavoro, “all’arruolamento” degli operai, sino agli immobili.
- Rapine a banche e gioiellieri o mezzi di trasporto le quali merci di carico vengono poi rivendute nei mercati di quartiere o nei negozi gestiti dai gruppi. Inoltre, alcuni clan possiedono interi capannoni industriali per la produzione di merce contraffatta di ogni tipo per la vendita all’ estero, merci come gruppi elettrogeni, TV, altri tipi di elettrodomestici di scarsa qualità e altro ancora.