Quali sono i clan di camorra più potenti della zona di Casavatore? L’organizzazione criminale più potente del mondo è la camorra. A dichiararlo è la Dia, il Reparto di Investigazione di massimo livello, la cui relazione 2023 aggiornata è stata di recente pubblicata dal Ministero dell’Interno. Le indagini svolte su oltre 200 famiglie di camorra hanno permesso di identificare migliaia di affiliati operanti in Campania, in altre regioni italiane e nazioni.
Inoltre, la camorra, presente in diversi continenti, fattura annualmente centinaia di migliaia di milioni di euro. Il resoconto che segue riguarda il più potente clan di Casavatore, il clan Amato-Pagano
Camorra: il clan più potente della zona di Casavatore, il clan Amato-Pagano, la storia
Il clan Amato-Pagano fu fondato da Raffaele Amato e da suo cognato Cesare Pagano nel primo decennio degli anni 2000. Raffaele Amato iniziò la sua “carriera criminale” come Killer per il clan Di Lauro.
In breve tempo raggiunse ruoli sempre più importanti all’interno dell’organizzazione e riuscì a conquistare la fiducia del boss Paolo Di Lauro, detto “Ciruzzo ‘o milionario”. L’operato di Raffaele Amato fu significativo per ottenere l’egemonia sul territorio.
Il passaggio di potere dei Di Lauro e il clan Amato-Pagano
Paolo Di Lauro creò ‘o Sistema, un’organizzazione che riuscí a realizzare nei quartieri di Secondigliano e Scampia, e nei comuni di Melito, Casavatore e Mugnano, le piazze di spaccio a cielo aperto più grandi d’Europa e probabilmente del mondo.
A seguito di diverse vicende giudiziarie e un periodo di latitanza, il superboss del cartello che guadagnava miliardi di euro, fu arrestato.
Lo scettro del comando dell’impero della droga, passò nelle mani dei figli, prevalentemente in quelle di Cosimo Di Lauro, detto “The Designer Don“, (Napoli 8 dicembre 1973 – Opera 13 giugno 2022).
Quest’ultimo, al comando, non si dimostrò all’altezza del padre. Apportò cambiamenti radicali nel Sistema. Cosimo Di Lauro, iniziò a sostituire tutti i fidatissimi uomini legati al padre, Paolo Di Lauro, da accordi convenienti, idee convergenti e rispetto, con soggetti di nuova generazione, di sua fiducia, ma “acerbi”, incauti e vanagloriosi.
Negli anni precedenti ci furono dei contrasti con alcuni gruppi alleati per la gestione delle piazze di spaccio, ma Ciruzzo ‘o milionario, riuscì sempre ad appianare le divergenze.
Gli “storici” affiliati e alleati di Paolo Di Lauro, non presero bene i cambiamenti effettuati da Cosimo Di Lauro. Quest’ultimo non aveva le stesse abilità diplomatiche e di mediazione del padre. Iniziò, così, un periodo di forti tensioni, rotture e scissioni.
Il clan Amato-Pagano, il trasferimento in Spagna: “gli scissionisti di Secondigliano”
Cosimo Di Lauro, preso il comando, mise in giro la voce tra le proprie fila, che gli Amato-Pagano avessero “preso indebitamente”, dagli incassi illeciti comuni, 3 milioni di euro.
La mossa di Cosimo Di Lauro, spinse Raffaele Amato e diversi suoi uomini di fiducia a trasferirsi in Spagna. Raffaele Amato, in Spagna, creò una rete di contatti che andava dal sud America al medio oriente.
Raffaele Amato, dopo aver organizzato gli affari illeciti, soprattutto quelli legati al traffico di enormi quantità di droga da inviare nel napoletano, iniziò a progettare una scissione dal gruppo Di Lauro da mettere in atto insieme ad altri clan contrari ai cambiamenti apportati da Cosimo Di Lauro.
Da quel trasferimento in Spagna, gli uomini del clan Amato-Pagano, furono chiamati, in senso dispregiativo, gli “spagnoli”.
Tra Napoli e altre zone dove c’erano clan concordi ad una scissione, gli Amato-Pagano, avevano un esercito di fedelissimi affiliati e fiancheggiatori, killer professionisti dotati di armi da guerra, esplosivi e personale sulle piazze di spaccio.
Sentinelle, pusher e trasportatori di “rifornimenti” di armi e droga, garantivano un costante afflusso di denaro.
Il clan Amato-Pagano, insieme ad altri clan convergenti, creò un cartello antagonista al clan Di Lauro.
I clan che si staccarono e si contrapposero al gruppo Di Lauro, furono chiamati “gli scissionisti di Secondigliano”.
La prima faida di Scampia
Da una parte il clan Di Lauro, con a capo The Designer Don e dall’altra gli “scissionisti”, con a capo gli Amato-Pagano. Raffaele Amato fece ritorno a Napoli e si scatenò una feroce faida, la “prima faida di Secondigliano”, o anche “faida di Scampia”.
Fu una vera e propria guerra di camorra, combattuta soprattutto nei quartieri di Scampia e Miano.
Il conflitto coinvolse anche altre zone e altri clan, tra i quali gli Abbinante di Marano, i Pariante di Bacoli, i Ferone di Casavatore e le famiglie referenti di Melito di Napoli.
Numerose furono le vittime, quasi 100 e non mancarono errori, scambi di persone e vittime innocenti.
Vittime innocenti
- Dario Scherillo, 26 anni, deceduto lunedì 6 dicembre 2004 – ucciso per errore perché scambiato per un altro
- Antonio Landieri, 25 anni, disabile, deceduto sabato 6 novembre 2004 – ucciso per errore mentre si trovava davanti ad un circoletto nei pressi dei “Sette Palazzi” – nell’agguato furono feriti altri 5 soggetti che erano con lui, tutti erano incensurati
- Attilio Romanò, 29 anni, deceduto lunedì 24 gennaio 2005 – ucciso per errore perché scambiato per un altro
La taglia di 150 mila euro sulla testa di Gennaro Marino
Responsabile della piazza di spaccio delle “Case Celesti”, che fruttava a Ciruzzo ’o milionario almeno 300 milioni di lire a settimana, Gennaro Marino, fu coinvolto nel 1993 nelle indagini su un quadruplice omicidio commesso a Melito nell’ambito del conflitto tra i Di Lauro e il gruppo di Ernesto Flagiello, per la gestione delle aree di commercio delle sostanze stupefacenti nella zona nord di Napoli.
Prosciolto dall’inchiesta, riuscì ad evitare anche il maxiblitz contro il clan Di Lauro, che spinse il boss Paolo Di Lauro alla latitanza e a lasciare l’organizzazione nelle mani dei figli Cosimo, Ciro e Marco Di Lauro.
In seguito a tali cambiamenti, Gennaro Marino, si unì a Raffaele Amato, fu uno dei fautoridella scissione e sicario nella guerra contro i Di Lauro.
Gennaro Marino fu considerato dagli inquirenti della Dda di Napoli uno dei capi militari degli “scissionisti”. Nel corso delle indagini sulla faida, si scoprì che Cosimo Di Lauro aveva messo una taglia di 150 mila euro sulla testa di Gennaro Marino.
Ispirazione per best sellers, film e serie Tv
I fatti che hanno riguardato Paolo Di Lauro, Cosimo Di Lauro, “gli scissionisti di Secondigliano”, gli uomini e le donne affiliati ai clan protagonisti di quel periodo e, delle faide come quella di Scampia, hanno ispirato diverse Opere.
Fatti raccontati a metà tra finzione e realtà, romanzati, ma basati su storie vere.
Sono stati scritti libri di denuncia, diventati best sellers, adattati come film cinematografici e serie Tv molto note. Un esempio è “Gomorra”, opera di Roberto Saviano.
Nato come libro, poi adattato come film e infine come serie Tv di successo internazionale, l’opera “Gomorra”, ha costretto l’autore Roberto Saviano a vivere sotto scorta, a causa di diverse minacce ricevute da esponenti della camorra e di Cosa nostra.
Le regole di Raffaele Amato e le tecnologie di protezione
Venne accertato dalle autorità investigative, che Raffaele Amato acquistò nel corso di una fiera a Londra, aperta ai dirigenti dei servizi segreti di Israele, Germania e Stati Uniti, un dispositivo del costo di 150 mila euro.
Tale dispositivo, veniva utilizzato per annichilire, in un raggio molto ampio, i segnali elettrici provenienti da radio, cellulari e microspie.
Conquistato il potere criminale a Secondigliano, Raffaele Amato, adottò diverse precauzioni. Durante gli incontri con i suoi uomini di fiducia, pretendeva che tutti i cellulari in possesso dei pusher, per un totale di 200, 300 cellulari minimo, venissero presi in custodia.
I responsabili erano direttamente gli stessi capi piazza, che nel caso, dovevano punire di persona i trasgressori di tale ordine. Il boss Raffaele Amato, si preoccupava del fatto che qualcuno potesse parlare “troppo” al telefono e mettere le Forze dell’Ordine sulle sue tracce.
Disposizioni di massima sicurezza riguardavano anche le intercettazioni ambientali. Raffaele Amato si avvaleva dei servizi di due tecnici specializzati, ognuno dei quali ricompensato con 1.500 euro ad operazione.
I tecnici dovevano effettuare “bonifiche” periodiche e verificare la presenza di dispositivi d’intercettazione, sia audio che video, nei covi in cui si riunivano affiliati e responsabili dei turni di spaccio.
Il boss Raffaele Amato, era in possesso anche di un altro dispositivo, in grado di segnalare tutte le telefonate effettuate nel raggio di un chilometro, in grado anch’esso di individuare microspie che trasmettevano i segnali sulla linea telefonica.
Infine, i vertici del gruppo degli “spagnoli” avevano disponibilità di cellulari criptati che rendevano particolarmente ostiche le attività di spionaggio delle conversazioni.
Il clan Amato-Pagano: i traffici internazionali, lo scorpione
Raffaele Amato, importò tonnellate di hashish dalla Spagna in Italia. Riuscí ad instaurare solidi rapporti con i cartelli sudamericani per l’acquisto di colossali partite di cocaina, infine, come capo assoluto di una holding criminale con sede a Secondigliano e ramificazioni in tutta Italia e all’estero, riuscì a realizzare una struttura tentacolare, che monopolizzò il mercato della vendita delle sostanze stupefacenti al dettaglio nella provincia di Napoli.
Raffaele Amato, da molti, fu descritto come un boss carismatico, capace di mediare e dalla grande esperienza criminale. Raffaele Amato, decise di segnare con un proprio simbolo i panetti di hashish da 250 grammi che importava dal Libano e dall’Afghanistan.
Un simbolo, un “brand” commerciale come si sarebbe potuto dire nel campo della pubblicità.L’immagine che scelse Raffaele Amato, fu uno scorpione.
Sotto quel simbolo, il boss diventò il capo incontrastato della holding criminale di Secondigliano. Inoltre, i solidissimi ed esclusivi legami con i grandi trafficanti colombiani, permisero agli Amato-Pagano di entrare nel maxi business della cocaina.
Dalla Spagna inondarono di polvere bianca i ghetti controllati dal clan, che macinava guadagni stratosferici. Raffaele Amato, si muoveva tra Madrid e Barcellona, senza difficoltà, imparò la lingua e le usanze locali.
Il cartello Amato-Pagano, ormai, non aveva rivali sulla piazza partenopea e lo scorpione iniziò a diventare un simbolo, un segnale di appartenenza che gli affiliati più giovani esibivano con orgoglio sui muscoli o sulle targhe delle auto, accanto ai numeri e alle lettere identificative.
L’arresto di Raffaele Amato
Domenica 17 aprile 2009, gli Operatori della Squadra Mobile di Napoli, dopo un inseguimento durato 50 chilometri, braccarono il boss Raffaele Amato a Malaga. L’estradizione del boss Raffaele Amato impegnò 30 agenti di scorta e un elicottero di appoggio, perché c’era il pericolo di un attentato nei suoi confronti.
I magistrati della Dda di Napoli gli contestarono anche alcuni omicidi, risalenti a molti anni prima, che andavano ad inserirsi nella faida di Mugnano, che vide contrapposti il gruppo di Antonio Ruocco e il clan di Ciruzzo ’o milionario, al quale, a quel tempo, Raffaele Amato apparteneva.
Il ruolo di Cesare Pagano
Il cognato di Raffaele Amato, Cesare Pagano,aveva un ruolo strategico. Boss, braccio destro, responsabile “militare” e commerciale dell’organizzazione.
Grazie all’operato di Cesare Pagano, nel 2006, il commercio delle sostanze stupefacenti fece entrare nelle casse del clan Amato-Pagano una cifra stratosferica, tanto che, Cesare Pagano un mese diede una quota di 30 mila euro ai suoi capi piazza e a fine “stagione”, ogni piazza portò ad un guadagno netto di 300 mila euro.
L’arresto di Cesare Pagano e dei luogotenenti
Mercoledì 24 novembre 2004, furono catturati durante un blitz del Commissariato di Scampia, all’interno di un appartamento al tredicesimo piano di un edificio, in via Fratelli Cervi, Cesare Pagano insieme a Gennaro e Raffaele Notturno, Arcangelo Abete e altri affiliati.
Quasi tutti i boss e vari capi finirono in manette con l’accusa di possesso illegale d’armi da fuoco e associazione di tipo camorristica.
Il sospetto degli Investigatori fu che quel “summit” dovesse servire a pianificare l’offensiva finale contro i Di Lauro, per sterminarli con fucili mitragliatori, bombe a mano, altre armi pesanti ed esplosivi.
Relazione Dia
Dai risultati delle indagini svolte sul campo e riportate nella relazione Dia aggiornata al 2023 e pubblicata dal Ministero dell’Interno, si evince che il clan Amato-Pagano, è egemone in un’ampia area compresa tra Scampia e i comuni dell’hinterland a nord di Napoli, come Melito di Napoli, Arzano, Mugnano e Casavatore.
Il gruppo Amato-Pagano, per oltre un decennio, ha effettuato rifornimenti di enormi quantità di droga, attraverso un rapporto privilegiato ed esclusivo con un broker del narcotraffico, di origini napoletane che, possedeva qualificati contatti in sud America.
Il citato narcotrafficante, nel tempo, ha avuto un ruolo di assoluto rilievo nell’importazione di ingenti quantitativi di cocaina e ha permesso la movimentazione, a prezzi competitivi, dei consistenti carichi richiesti dal clan.
Tale broker, sfuggito ad una cattura, era stato inserito nell’elenco dei latitanti più pericolosi d’Italia.
Mercoledì 4 agosto 2021 a Dubai, “Emirati Arabi”, il narcotrafficante in oggetto è stato intercettato dalla Polizia di Stato e dalla Guardia di Finanza e, venerdì 25 marzo 2022, è stato estradato in Italia.
In tale ambito, va inquadrata l’operazione “Tre Croci” conclusa, dalla Guardia di Finanza di Reggio Calabria, giovedì 6 ottobre 2022, con l’arresto di 36 persone accusate di associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, con l’aggravante di aver favorito la ‘ndrangheta.
La Dia, con il progetto “@ON”, ha documentato come il broker in argomento fosse a capo di una rete capace di relazionarsi direttamente con influenti narcotrafficanti colombiani.
Le comunicazioni con i contatti del sud America, per organizzare i carichi di cocaina destinati al mercato europeo, avvenivano mediante l’utilizzo di cellulari criptati, al fine di eludere eventuali intercettazioni.
Inoltre, aveva costituito una base logistica all’interno del porto di Gioia Tauro, dove i carichi di stupefacenti, occultati all’interno di containers, venivano scaricati dalle navi cargo e sdoganati grazie alla complicità di operatori portuali corrotti, fiduciari e affiliati. Una volta all’esterno dell’area portuale, la droga veniva consegnata a diversi committenti provenienti anche da altre Regioni.
Le attività delle Interforze dello Stato,nel loro sviluppo, hanno permesso il sequestro di oltre 4 tonnellate di cocaina e di numerosi beni per un valore di 7 milioni di euro. Le indagini della Dia, hanno accertato che l’organizzazione in questione, oltre ad essere in rapporti di affari con le ‘ndrine della ‘ndrangheta e altri gruppi criminali operanti in diverse aree del mondo, rifornisce tuttora di droga il clan Amato-Pagano.
Quest’ultimo immette la merce nelle piazze di spaccio del Parco Verde di Caivano, di Casavatore e delle aree del vesuviano.
Il clan Amato-Pagano oggi
Nonostante i duri colpi subiti dalle Interforze dello Stato, l’arresto dei capi storici e molti soggetti apicali dell’organizzazione, il clan Amato-Pagano, non si è disarticolato.
In seguito ad un ricambio generazionale e fiancheggiatori fedeli che lo sostengono, il gruppo è ancora molto forte e persiste nel traffico di sostanze stupefacenti grazie ai contatti all’estero, tra Spagna, sud America, paesi del nord Africa e del medio oriente.
Le sostanze stupefacenti trattate sono l’hashish, la marjuana, e soprattutto la cocaina. Impongono il pagamento del “pizzo” ai commercianti nelle zone sotto il loro controllo.
Il clan Amato-Pagano ha creato società di copertura per garantirsi appalti edili e gestione dei rifiuti, con finalità di riciclo di proventi e denaro illecito. Come organizzazione criminale dimostra grandi abilità di infiltrazione e manipolazione delle amministrazioni pubbliche e delle attività bancarie e finanziarie.
Oltre ad avere affiliato nuove e giovani leve, il clan Amato-Pagano, insieme ai gruppi “satellite” del cartello, mantiene il controllo di zone importanti. Nella città di Napoli e nei comuni della provincia, come Casavatore, sono strategicamente dislocati uomini e clan confederati degli Amato-Pagano che gestiscono le piazze di spaccio e gli altri affari illeciti.
Essendo indipendente, possedendo una propria rete di fornitori di armi e droga e confermando il controllo militare sulle proprie aree d’interesse, il clan di camorra più potente di Casavatore è il clan Amato-Pagano.