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Cellulari in carcere, dopo Airola anche Nisida

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L'operazione Alcatraz

NAPOLI. Dopo Airola, anche nel carcere minorile di Nisida è allarme telefoni cellulari in cella. Spiega Carmine d’Avanzo, coordinatore nazionale per la Giustizia minorile del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE: “Nella mattinata di ieri, presso l’Istituto penale per odierna, presso l’I.P.M. di Nisida è stato rinvenuto l’ennesimo telefonino cellulare, ancora una volta grazie ad una brillante operazione degli uomini della Polizia Penitenziaria in servizio. Tale personale, da tempo impegnato in una intensa attività d’indagine interna, in tutti gli ambienti frequentati dai detenuti, per stroncare il fenomeno dell’introduzione in Istituto di sostanze stupefacenti e telefonini di ultima generazione, non appena ha udito conversare animatamente in una cella, ha fatto irruzione in maniera fulminea nella stanza, cogliendo di sorpresa un detenuto intento a telefonare. Il SAPPE, alla luce  di quanto avvenuto, non può fare a meno di rivolgere un plauso alle unità Polizia Penitenziaria in servizio,  per l’alta capacità operativa dimostrata, senz’altro meritevole dei dovuti riconoscimenti”.

Carceri, l’allarme del SAPPE

Donato Capece, segretario generale del SAPPE, ricorda i numerosi eventi critici che accadono regolarmente nelle carceri minorili e sollecita urgenti adeguati provvedimenti da parte del Dipartimento della Giustizia Minorile e di Comunità:“Quel che accade ogni giorno nelle carceri minorili del Paese ci preoccupa. La Giustizia minorile in Italia è completamente da rifondare. Negli ultimi vent’anni la popolazione detenuta minorile è completamente cambiata, ma la formazione che viene predisposta per il personale di Polizia Penitenziaria è assolutamente inadeguata, come inadeguate sono le condizioni di sicurezza. I detenuti non sono più quelli di vent’anni fa! Oggi abbiamo minorenni, incastonati in una delinquenza di altissimo livello, mafiosa e camorrista, che sono dentro per reati gravissimi, come omicidi e spaccio di droga. E il Governo, anziché trovare soluzioni concrete a questa criminalità, ha avuto la bella idea di estendere la detenzione nelle carceri minorili di detenuti fino a 25 anni, creando così nelle carceri l’Università del crimine. Scelta sbagliata, folle e pericolosa. Le nostre denunce rimangono senza risposte ed adeguati provvedimenti. Gli Agenti di Polizia Penitenziaria devono andare al lavoro con la garanzia di non essere insultati, offesi o – peggio – aggrediti da una parte di popolazione detenuta che non ha alcun ritegno ad alterare in ogni modo la sicurezza e l’ordine interno. Non dimentichiamo che contiamo ogni giorno gravi eventi critici nelle carceri italiane, episodi che vengono incomprensibilmente sottovalutati dalla Giustizia minorile e dal Ministero della Giustizia”.

Capece “punta il dito” contro il sistema della vigilanza dinamica e del regime penitenziario ‘aperto’ a favore dei detenuti, che fa venire meno i controlli della Polizia Penitenziaria: “Che dire del sistema di ‘vigilanza dinamica’ e del regime penitenziario aperto? Ha senso, è rieducativo, da un senso alla pena detentiva far stare molte ore al giorno i detenuti fuori dalle celle senza però fargli fare assolutamente nulla? Ha senso che persone fino a 25 anni di età stiano in un carcere minorile e non, ad esempio, a Secondigliano o Poggioreale? Il dato oggettivo è che con la vigilanza dinamica e il regime penitenziario aperto gli eventi critici sono aumentati”.

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