È ormai nota la notizia della morta di Cosimo Di Lauro, boss della camorra che ha ispirato il personaggio di Gomorra, Genny Savastano. Il boss con il codino era in carcere dal lontano 2005, era figlio di Paolo Di Lauro, capo clan dell’omonima organizzazione camorristica di Secondigliano, e fratello di Marco, anche lui detenuto in regime di carcere duro, in Sardegna. Cosimo, 49 anni, era ritenuto dagli inquirenti della DDA di Napoli colui che diede vita alla prima faida di Scampia che provocò un centinaio di morti.
Chi era Cosimo Di Lauro
Cosimo Di Lauro è nato a Napoli l’8 dicembre del 1973, figlio di uno dei più famosi boss della camorra, Paolo. Grazie alla sua natura sgargiante e alla passione per gli abiti firmati, si guadagnò il soprannome di “The Designer Don”. Di Lauro fu conosciuto dai giornalisti come il “principe reggente”.
Cosimo Di Lauro volle centralizzare lo spaccio di droga che fu gestita come un franchising in cui gli spacciatori pagavano ai Di Lauro una tassa per fare affari e potevano acquistare la droga da qualsiasi fonte disponibile. Fece uccidere i gangster più anziani e li sostituì con giovani teppisti. Un clan noto come gli Scissionisti sfidò i Di Lauro nell’ottobre 2004.
La faida di Scampia
Uno dei più importanti luogotenti del padre, Raffaele Amato, contestò le nuove regole, fuggì in Spagna e organizzò una rivolta contro i suoi ex capi. A Scampia sono conosciuti come gli spagnoli. Gli scissionisti iniziarono la guerra ordinando l’uccisione di due fedelissimi di Cosimo Di Lauro, Fulvio Montanino il suo braccio destro e Claudio Salerno il 28 ottobre 2004. Tre giorni dopo il loro funerale, la polizia arrestò due uomini armati di mitra che stavano progettando una risposta all’ agguato subito dai Di Lauro.
La conseguente guerra tra clan, nota come faida di Scampia, ha provocato oltre 60 omicidi nel 2004 e nel 2005. Le due bande si sono combattute con una brutalità tale che gli inquirenti non si trovavano a fronteggiare dai tempi della guerra degli anni 80 tra l’NCO di Raffaele Cutolo e la Nuova Famiglia di Carmine Alfieri. La faida causò una diffusa repulsione pubblica e una risonanza mediatica internazionale nei confronti della camorra e portò a un’importante repressione da parte delle autorità, con la cattura e l’incarcerazione di figure di alto rango della camorra, incluso suo padre.
L’ergastolo
Lo scorso 29 marzo la seconda sezione della Corte di Assise Di Napoli (presidente Concetta Cristiano) ha condannato all’ergastolo (con isolamento diurno per 18 mesi) Cosimo Di Lauro per gli omicidi di Raffaele Duro e Salvatore Panico, e di Federico Bizzarro, avvenuti prima della sanguinosa faida del 2004 e, quindi, prima della cosiddetta scissione.
Di questi omicidi è stato ritenuto il mandante dai sostituti procuratori della Dda Maurizio De Marco e Immacolata Sica. Tra i sicari che fecero parte dei due raid (tutti ritenuti appartenenti al gruppo di fuoco dei Di Lauro), figurarono anche coloro che di lì a poco provocarono la scissione dal clan.
Gli omicidi di Duro e Panico
Duro e Panico, che avevano 51 e 44 anni quando vennero ammazzati, furono uccisi il 22 gennaio del 2004 a Mugnano, in provincia di Napoli, da una pioggia di colpi d’arma da fuoco (una ventina ne andarono a segno) esplosi da un commando di killer mentre le due vittime erano ferme in auto. Federico Bizzarro, invece, capozona di Melito venne ucciso il 27 aprile 2004 in un hotel di Qualiano mentre era in compagnia dell’amante. I killer entrarono in azione vestiti da poliziotti.
Delitti efferati che confermano la strategia sanguinaria seguita da Di Lauro jr nella gestione del clan fondato dal padre. Cosimo Di Lauro, detenuto al 41bis, ormai da tempo ha quasi del tutto azzerato i rapporti con l’esterno.
Cosimo Di Lauro e Genny Savastano
Cosimo Di Lauro era il volto perfetto che ha dato vita alla serie di Gomorra, che per anni ha imperversato nella periferia nord di Napoli, modellando lo stesso quartiere e trasformando in un set cinematografico quasi continuo. È stato lui, con ogni evidenza, a ispirare i tratti del personaggio di Genny Savastano, interpretato magistralmente da Salvatore Esposito.